Tante cose si possono dire sul cessate-il-fuoco ordinato dieci giorni fa alle Nazioni unite meno una: che il fuoco sia cessato effettivamente. Mine inesplose piantate da Tsahal per fermare Hezbollah lungo la linea del confine hanno fatto saltare in aria ieri tre soldati dell’esercito libanese e un soldato israeliano mentre altri tre sono rimasti feriti. Inoltre, secondo la televisione Al-Arabya, un soldato israeliano sarebbe stato colpito alla testa durante un’operazione nel villaggio di Taibeh e due fratelli, residenti a Rub Thalatheen, sarebbero stati rapiti nella notte dall’esercito israeliano, anche se per ora è solo un sospetto il fatto che fossero legati a Hezbollah.
Disordini si sono verificati anche al confine con la Siria: l’esercito israeliano ha aperto un fuoco di artiglieria per tre ore intorno alla zona delle contestate fattorie di Sheba. Secondo Tel Aviv si tratterebbe di colpi sparati all’interno del suo territorio e «come deterrente», secondo il governo libanese è stato attraversato il confine colpendo vicino alle postazioni militari dell’esercito libanese, nella zona per la prima volta dopo decenni. Le relazioni con la Siria si complicano anche sul fronte diplomatico. Alla richiesta Onu di rinunciare al blocco aereo e marittimo sul Libano, il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha posto come condizione il dispiegamento di una forza internazionale al confine tra Libano e Siria e nell’aeroporto di Beirut. La dichiarazione di Olmert è giunta quasi in contemporanea alle affermazioni del ministro degli esteri francese Philippe Douste-Blazy secondo il quale il compito principale dell’Unifil sarebbe quello di controllare che Hezbollah non venga rifornita di armi alla frontiera, mentre il presidente siriano Bashar al-Assad annunciava la sua contrarietà all’operazione, definita un atto ostile. In un colloquio con il ministro degli esteri della Finlandia, paese che ha la presidenza di turno dell’Ue, Assad ha minacciato di chiudere il confine con il Libano in caso di arrivo di una forza multinazionale di controllo. Motivo per cui forse Kofi Annan ha deciso di integrare con una tappa siriana e una iraniana il suo ritorno dal vertice dei ministri degli esteri dell’Ue previsto per venerdì. Il segretario generale delle Nazioni unite ha anche promesso di fare visita all’Autorità palestinese, fermandosi inoltre in Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Giordania e Turchia. Quest’ultima ha invece detto che la sua decisione di partecipare a una missione internazionale verrebbe complicata molto nel caso di una nuova risoluzione con più forti poteri ai caschi blu, come richiesto di recente dagli Stati Uniti.