Canfora, censura russo-tedesca

Il Canfora censurato. Sì, di censura bella e buona si è trattato, nel caso del volume La democrazia di Luciano Canfora. Rifiutato dall’editore tedesco Beck, in spregio agli accordi con Laterza e dopo che a una prima lettura il volume era stato «approvato». Infatti, come prendere per buoni gli argomenti di Beck? Ovvero le «mancanze clamorose» su Stalin, e i giudizi «inaccettabili» su Adenauer che recupera pezzi dell’estabilishment nazi? Quelli sono a tutti gli effetti giudizi «storiografici». Opinabili oppure no. Manchevoli oppure esaustivi. Ma in ogni caso giudizi. Di cui porta la responsabilità l’autore, e nell’ambito di un discorso che parte da Pericle e arriva alla globalizzazione. Non certo apologie di reato o incitazioni all’odio. E nemmeno svarioni filologici tali da compromettere l’immagine dell’editrice. La verità è un’altra: ha agito in quel caso una particolare correctness ideologica. Di destra. Infastidita dai richiami alla continuità tedesca col passato al tempo di Adenauer. Punto. Ed ora un post-scriptum. Sul dibattito che s’è svolto sul Corsera a riguardo. Eccolo. Ebbene ci rallegra che Pierluigi Battista abbia difeso il diritto leso di Canfora a venir pubblicato. E che lo abbia fatto contro l’intolleranza di Viktor Zavslavski. Evviva! Finalmente anche lì al Corsera si sono accorti che il bravo Zaslavsky – della premiata coppia con Aga Rossi – è per così dire un tantino intollerante e inquisitorio. Non propriamente sereno ed equo insomma. Talché, quando ha a che fare con Pci e comunisti, perde la trebisonda. E subito decreta «stalinismi», doppiezze, finte «svolte di Salerno», oppure debolezze sul Gulag della cultura di sinistra e quant’altro. Fino ad applaudire la censura su Canfora. Peccato. Perché Zaslavsky è studioso di valore. E noi che su l’Unità lo intervistammo e recensimmo fra i primi in Italia – quando pochi lo conoscevano – ne abbiamo anche apprezzato la vena satirica. Suo infatti è un delizioso volume di racconti Sellerio di sapore gogoliano: Il dottor Petrov parapsicologo. Dove si mettono in burla scienziati, burocrati e censori di quell’Urss da cui lo studioso dovette emigrare e di cui in un bel saggio del Mulino previde il disfacimento. Morale: è un po’ come se il destino si fosse vendicato. E trascorsi gli anni il censurato, emigrato da Leningrado in Canada e poi in Italia, è divenuto inquisitore. Quasi al modo di una sorta di «homo sovieticus» interiore, da cui non riesce a liberarsi. Un consiglio a Zaslavsky: si rilegga il suo Dottor Petrov. Si calmi e si faccia due risate.