“Cancellare l’habeas corpus non renderà l’America più sicura”

L’intervista con Michael Ratner, presidente del Center for Constitutional Rights, è appena cominciata quando un collaboratore bussa alla porta dell’ufficio di Manhattan. Ratner dà un’occhiata alla cartella di documenti e me la passa. Nelle prime nove pagine c’è solo una lunga lista di nomi e numeri: Habib v. Bush, Anam v. Bush e cosi via. Segue la stringata notifica del “Military Commissions Act”, la legge firmata da Bush lo scorso 17 ottobre che emenda il General Federal Habeas Corpus Statute. In sostanza, dice che nessuna corte americana ha competenza sul ricorso all’habeas corpus avanzato da prigionieri classificati come ”nemici combattenti“, ovvero gli uomini rinchiusi a Guantanamo, Bagram e nelle prigioni segreti della Cia.
Per l’organizzazione di Ratner, che presta assistenza legale a oltre la metà dei prigionieri nella base cubana, è un duro colpo.

Ratner, che cosa farete?

Abbiamo già presentato una denuncia di inconstituzionalità alla corte d’appello. Qualche giorno prima dell’approvazione della legge abbiamo aperto una causa per il diritto all’habeas corpus per Majid Khan, uno dei 14 detenuti fantasma che Bush ha recentemente trasferito a Guantanamo. Khan è stato in una prigione segreta della Cia per tre anni e mezzo e soggetto a ”metodi di interrogatorio alternativi“ che arrivano alla tortura. Non è mai stato formalmente accusato di nessun crimine o dichiarato nemico combattente.

Bush ha detto che la nuova legge «salverà molte vite americane».

Credo invece che provocherà la rabbia della gente, in particolare dei musulmani, per il modo in cui trattiamo gli esseri umani. Questo di certo non ci renderà più sicuri. Il Congresso ha approvato una legge che autorizza varie forme di tortura usate a Guantanamo, Bagram, Abu Ghraib. Secondo il Military Commissions Act tutti coloro che vivono negli Usa senza cittadinanza possono essere dichiarati ”nemici combattenti“ e non hanno diritto di far ricorso alla giustizia. Non è la prima volta nella storia degli Stati Uniti che l’habeas corpus, cioè il diritto di ognuno di conoscere le cause della detenzione, viene sospeso.

Quando è successo in passato?

L’ultima volta è successo sotto la presidenza di Lincoln, durante la guerra civile. La Costituzione americana autorizza la sospensione dell’habeas corpus solo in caso di una ribellione o di invasione. La nuova legge non stabilisce una sospensione ma l’abolizione dell’habeas corpus per i nemici combattenti. E’ un provvedimento permanente. La cosa sconvolgente è che l’amministrazione Bush ha provato per cinque anni ad ottenere questo risultato. Per due volte la Corte Suprema ha affermato che è anticostituzionale. Spero che succederà una terza volta ma intanto ci sono centinaia di persone mai processate, tra cui tanti innocenti, che rimaranno chiuse a Guantanamo per chissà quanto tempo. Per loro è frustrante. Pochissimi, scelti dall’amministrazione, saranno giudicati dai tribunali speciali istituiti del Military Commissions Act.

Quanto tempo servirà per portare la legge davanti alla Corte Suprema?

Nel migliore dei casi passerà un anno.

Spieghi in che modo la legge coinvolge i cittadini americani.

D’ora in poi anche gli americani potranno essere dichiarati nemici combattenti ma conserveranno il diritto all’habeas corpus, potranno cioè andare in tribunale. In passato, l’amministrazione aveva provato a dichiarare nemico combattente Jose Padilla, un cittadino statunitense. Quando hanno capito che la Corte Suprema non l’avrebbe permesso si sono limitati ad imputarlo di crimini regolari. Con il voto del Congresso diventa un atto legittimo e quando due rami delle istituzioni concordano su una legge per la Corte è tutto più difficile.

Però la società civile americana non ha reagito contro la nuova legge. Perché?

Ce lo chiediamo anche noi. Ci sono state reazioni da parte di molti avvocati e della stampa ma per il resto è accaduto ben poco. Il ”Washington Post“ ha pubblicato una vignetta con un uomo impiccato ad un albero mentre Bush firma la nuova legge sul suo stomaco. Certo, questo non sarà un punto di forza in termini elettorali. Dodici Democratici hanno votato la legge temendo di essere considerati deboli verso i terroristi. Credo che nessuno di loro consideri il provvedimento costituzionale ma anche chi non l’ha votata non ha fatto ostruzione parlamentare.

Neppure i musulmani americani si mobilitano…
Non è facile per loro. Nei primi due giorni dopo l’11 settembre circa 3000 musulmani sono stati arrestati. La maggior parte dei quali non aveva i documenti in regola ma erano del tutto innocente. Anche quelli che hanno la cittadinanza hanno paura, l’Fbi ha indimidito la comunità.

Nella vostra campagna contro la legge avete sottolineato un altro aspetto del Military Commissions Act: l’immunità retroattiva ai militari americani che hanno commesso abusi sui detenuti…
Dopo l’11 settembre l’amministrazione ha deciso di violare le Convenzioni di Ginevra e commettere crimini di guerra. La Cia ha rifiutato di farlo senza la promessa di immunità. La nuova legge garantisce di fatto un’amnistia per crimini commessi dal 1997. Gli atti dell’amministrazione sono illegali secondo la legge internazionale. Vedremo cosa succederà in Germania dove il Center for Constitutional Rights ha fatto causa a Rumsfeld.

In un articolo pubblicato da “The Nation”, lei ha parlato degli Stati Uniti come uno stato di polizia.

Certamente lo è per i musulmani e per chi vive qui senza cittadinanza. Uno stato di polizia è uno Stato senza check and balances, senza freni sul presidente o il monarca. Cheney l’ha riconosciuto: vogliono invertire quello che è successo in questo paese alla fine della guerra in Vietnam. Dopo il 1966 sono passate diverse leggi che hanno ristretto le ambizioni degli Stati Uniti, dalla War Power Resolution (la risoluzione del 1973 che limita il potere del presidente di dichiarare guerra senza l’approvazione del Congresso ndr), alle norme contro la sorveglianza della Cia e l’Fbi su cittadini americani. Dalla presidenza Reagan ad oggi è in corso un tentativo di restaurazione dei poteri del presidente.