Federico, quinta elementare, e i suoi compagni di una scuola di Roma hanno un problema: da qualche tempo vengono parcheggiati, per due ore a settimana, da una parte all’altra della scuola. La loro maestra è in allattamento ma, probabilmente, non ci sono più soldi per pagare una supplenza. La preside dice di avere le mani legate. Se Sonia, la mamma di Federico, potesse incontrare il ministro Fioroni cosa domanderebbe? «Chiederei più tutela per i bambini perché è su di loro che si scaricano i problemi della macchina dell’istruzione. Perché un diritto sacrosanto di una madre lavoratrice deve entrare in conflitto col diritto allo studio e alla dignità dei bambini?».
Inizia con la domanda di Sonia la raccolta di interrogazioni che Liberazione girerà al ministro della Pubblica istruzione, a quasi un anno dall’insediamento e con uno sciopero, il 30 marzo, alle spalle e altri due nell’immediato futuro: maestri, professori e non docenti aspettano, invano, da 16 mesi il nuovo contratto. Tra quello che era stato designato come “popolo della scuola pubblica” serpeggia un senso di malessere, se non proprio di inquietudine per le aspettative che erano state accese dal cambio in Viale Trastevere, sede del ministero.
Dalla provincia abruzzese, Francesca Romana Martini, maestra in un grosso centro dell’aquilano, dice a Liberazione che vorrebbe chiedere al titolare della pubblica istruzione il ritorno al modulo. «La “riforma” Moratti ha introdotto forzosamente una figura di maestra “prevalente”, quella che sarebbe dovuta diventare tutor, figura unica a relazionarsi con i genitori. Poi il tutor, che faceva a pugni con il contratto collettivo nazionale, fu bloccato da un’ondata di scioperi. Resta che la controriforma ha interrotto la collegialità. Ora c’è una maestra che fa molte materie e una collega che fa materie percepite come minori, la conseguenza è la mortificazione di alcune discipline fondamentali, come storia e geografia, gli ambiti, e la corsa dei genitori ad accaparrarsi la maestra considerata migliore. Viviamo, così, una competizione e una gerarchizzazione fuori luogo. Invece, gli ambiti, ci danno la possibilità di aggiornarci e conseguire competenza».
«Il disagio è generale, il sistema è provato dalle gestioni Berlinguer-Moratti-Fioroni ed è subordinato alle risorse che ci sono – esordisce Marcello Vigli, figura storica dell’Associazione per la scuola della Repubblica – ecco il “tesoretto”, chiederei questo. Per restituire dignità al sistema scolastico e dargli funzionalità rispetto alle trasformazioni sociali, chiederei al ministro se non ha pensato di puntare i piedi per quel “tesoretto”».
«Intanto si parta dal tempo pieno, serve una norma certa e gli organici per applicarla», dice Gianluca Gabrielli, triestino, del coordinamento Tempo pieno, quello da cui scaturirono le grandi mobilitazioni anti-Moratti (e il 21 aprile, a Bologna, si ritroveranno tutti sull’emergenza supplenze): «Oggi il tempo pieno, come modello pedagogico, non è garantito e sotto l’attacco dei tagli viene snaturato diventando solo un lungo doposcuola. Ma in molti casi non viene concesso nemmeno quello nonostante le richieste».
Il catalogo del “cahier de doléances”, da richieste piccole e definite, si dilata fino ai robusti desideri di cambiamento che avevano dato vita a tante aspettative. «Che dia palesemente la sensazione anche ai genitori che le cose stanno cambiando – chiederebbe Angela Nava, presidente del Cgd, il coordinamento dei genitori democratici – che non vengano più chiesti alle famiglie contributi sempre più onerosi per far campare la scuola pubblica, che – anzi – ridiventi gratuita almeno nella sfera dell’obbligo, che sia scuola dell’accoglienza con mense e tempo pieno, che non si debba lottare quotidianamente per la ricerca di un supplente. I genitori si sentono rifiutati dalla scuola, vorremmo avere il senso che le cose stiano cambiando,
c’è stata una grande promessa e una grande aspettativa. Questo popolo è fiducioso e aspetta. Sì, ma per quanto ancora?
Il 16 aprile incroceranno le braccia i confederali. Quello che direbbe al ministro, Enrico Panini, segretario della Flc-Cgil, l’ha messo nero su bianco nella piattaforma: «Vogliamo un contratto con tutte le risorse, per le quali il governo s’è impegnato, e un tavolo a Palazzo Vidoni dove si condividano le priorità: basta precariato, basta tagli». Il leader dl maggior sindacato del comparto punta l’indice sull’insicurezza e la frustrazione di un«mondo che ha votato Unione all’80%, deluso, arrabbiato. Chiedo che si dia il senso che il programma dell’Unione è una priorità e non invece un elenco di obiettivi consegnati alla memoria prima del voto». Sul fronte sindacale, le piattaforme quasi si sovrappongono con le richieste della società civile. Parlano di taglio degli organici, di diritto allo studio leso per la mancata chiamata dei supplenti, di tempo pieno, di un tavolo «semiclandestino» sull’obbligo scolastico. «Non è tempo né di cacciavite né di mastice, adesso la politica deve rispondere, proprio perché penso che non ci sia alternativa a questo governo, pretendo di più», dice ancora Panini al ministro che aveva promesso di «usare il cacciavite per smontare la Moratti». «Che invece resta invariata nel suo impianto – ribatte Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas della scuola che sciopereranno l’11 maggio i programmi delle elementari che riducono il tempo-scuola, la scheda di valutazione che delinea l’individualizzazione dei percorsi fin dai primi anni, la biforcazione scuola-avviamento professionale. Prosegue l’attacco agli organi collegiali con lo strapotere dei presidi-manager: così l’autonomia è solo aziendalizzazione. L’unico aumento vero di fondi è andato alla a scuola privata, ossia cattolica e per noi resta drammatico il problema della democrazia, ci negano il diritto d’assemblea». Potesse incontrare Fioroni, Bernocchi chederebbe conto anche del taglio repressivo, «senza aspettare nemmeno che si pronunci la magistratura», di certi interventi del ministro dopo alcuni fatti di cronaca «sconcertanti» (la maestra d’asilo che avrebbe ferito con le forbici un bambino vivace, la supplente che avrebbe molestato i suoi allievi delle medie).