Call center, Damiano riduce la precarietà. Ma solo a metà

La firma in calce è quella di Cesare Damiano. Ma l’autore “morale” della nuova circolare nata per regolamentare l’uso del lavoro a progetto nei call center, è l’ex ministro Maroni, artefice della legge 30 e del Ddl 276/2003 a cui il testo fa costante riferimento. Dalla sua mano si attendeva già nello scorso aprile una “circolare fantasma”, utile a dare precise indicazioni agli ispettori sull’uso delle collaborazioni. Allora il leghista preferì non emanarla, lasciando nell’incertezza circa un milione di collaboratori. Oggi, solo per i call center, il vuoto viene colmato. Ma nella circolare, salutata positivamente da sindacati e associazioni di categoria, sono troppi, e molto grandi, i passaggi dubbi. L’unica certezza, come afferma il responsabile lavoro del Prc Ugo Boghetta, è che «la prima uscita del ministro non va certo verso il superamento della legge 30».
La circolare dice chiaramente che non sarà possibile utilizzare contratti di collaborazione a progetto nei call center impegnati nell’ inbound, dove i telefonisti «si limitano a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie psicofisiche per un dato periodo di tempo». Diverso il discorso per i call center in outbound, nei quali i lavoratori possono, secondo la circolare, «gestire autonomamente il progetto in funzione del risultato». Per il ministro Damiano è questo il caso di un lavoro «genuinamente autonomo»(?): qui i ”Lap” saranno consentiti, senza alcuna limitazione.

Ma la distinzione tra i due casi, come afferma la stessa Assocontact (l’associazione dei contact center) non è chiara. Cosa accadrà, ad esempio, agli 800 lavoratori della cosmed di Palermo che svolgno ambedue le attività per conto di Sky? Assocontact chiede «elasticità» e «tempo per adeguarci alle nuove regole». Dimenticando che una circolare del 8 gennaio del 2004 (a firma ancora di Maroni) stabiliva regole del tutto identiche a quelle dell’ultimo provvedimento. I sindacati, al contrario, chiedono che la ”tregua armata“ stabilita dalla circolare dopo le indiscrezioni sul lavoro degli ispettori in Atesia non si prolunghi all’infinito. E che la circolare venga realmente applicata, iniziando al più presto i controlli. Quanto durerà, dunque, la “fase di opportuna informazione” che il ministro ha concesso ai proprietari dei contact center per adeguarsi alla circolare?

Molti dubbi riguardano anche la capacità degli Uffici del lavoro, cronicamente carenti di risorse, di dar vita ad un’ampia campagna ispettiva, come richiedono a gran voce tutti i sindacati.

Tutt’altro che chiaro, per finire, il passaggio in cui si afferma che «i progetti (…) pur potendo essere connessi all’attività principale o accessoria dell’impresa, non possono totalmente coincidere con la stessa o ad essa sovrapporsi». I call center specializzati nell’outboud, a quanto pare, potranno continuare ad assumere tutti i propri lavoratori con contratti parasubordinati, anche nei casi in cui la vendita di servizi telefonici affidata ai “Lap” sia l’unica attività dell’impresa. Si sarebbe potuto fare altrimenti: stabilire cioè dei limiti all’uso delle collaborazioni anche nei contact center in outbound, dove, come afferma sempre Boghetta, «non c’è nessuna caratteristica propria del lavoro autonomo». Molti call center, infatti, assumono committenze con regolarità. Si può, in questo caso, parlare di “lavoro genuinamente autonomo”?

Rimane del tutto aperta anche la vertenza Atesia. Secondo Emilio Miceli dell’SLC l’ultima circolare invalida del tutto la firma che la stessa Cgil appose all’accordo dell’11 aprile scorso, contestato dai lavoratori e da molte voci interne al sindacato. Nei prossimi giorni il ministro dovrebbe tornare sulla vicenda, con un tavolo dedicato proprio al grande contact center romano, nel quale due terzi dei lavoratori è impiegato in servizi inbound. Poco chiaro anche il destino di 1100 contratti di apprendistato previsti nell’ultimo accordo come deroga alla legge 30 (che prevede parità numerica tra gli apprendisti e i lavoratori a tempo indeterminato). Secondo voci interne al call-center per risolvere il problema l’imprenditore Tripi potrebbe trasferire in Atesia i lavoratori subordinati della Cos di Roma, in maniera da alzare il numero dei contratti di apprendistato consentiti, coprendo così il ”buco“ causato nell’inbound dalla circolare del ministro.