Una lettera di cordoglio per spiegare «in modo definitivo» che gli Stati uniti non intendono collaborare all’inchiesta sull’omicidio di Nicola Calipari. Le uniche informazioni che potevano essere fornite, ha scritto il dipartimento di giustizia in una lettera inviata a Roma il 24 aprile scorso, sono quelle «contenute nel rapporto del Multi national corp Iraq, già trasmesso al governo italiano». Ovvero quelle, costellate di omissis, così come erano quando la prima relazione della commissione di inchiesta americana – guidata dal generale Usa Peter M. Vanjel – fu messa nero su bianco. Persino i nomi saltati fuori da quegli omissis, e in particolare quello del soldato che aprì il fuoco, Mario Lozano, sono «abusivi».
La lettera resa pubblica solo ieri dal ministro Castelli in se dice poco. Quel che conta sarà la valutazione del documento che sarà fatta nei prossimi giorni. Sebbene dimissionari, da via Arenula spiegano che la decisione sarà presa: «Dallo stesso ministero e dai magistrati della procura di Roma, in accordo tra loro». Dalla procura ribattono: «La valutazione spetta a noi e a nessun altro». Di certo è qui in Italia e non a Washington che si decideranno le sorti dell’inchiesta sulla morte del dirigente del Sismi che ha riportato a casa Giuliana Sgrena.
Le strade sono due. Ministro e magistrati potrebbero valutare la lettera come una risposta a tutte le richieste inviate oltre oceano dall’Italia, da quella sui nomi della pattuglia che aprì il fuoco, all’ultima che chiede di notificare la conclusione del processo al soldato Lozano. L’ultima è la più importante: senza la garanzia che il soldato abbia ricevuto gli atti e sia stato messo in condizione di difendersi il processo non si può fare a meno che non possa essere considerato «irreperibile». Ma se la lettera Usa è un «abbiamo ricevuto tutto, ma non consegneremo nulla a Lozano» qualcuno potrebbe sostenere di non poter più parlare di irreperibilità. Il ministero della giustizia agli sgoccioli punta tutto su questa lettura: la pratica è una sola e questa lettera risponde a tutto. L’aria amareggiata del ministro Castelli («Il ministero ha fatto di tutto, e anche di più, per avere una risposta diversa. Questo mi lascia con l’amaro in bocca») è la giustificazione perfetta a questa lettura, di certo la più vicina a quello che gli Stati uniti vorrebbero da Roma. Ma è pur vero che l’era Castelli ha le ore contate.
Dalle stanze della procura di Roma in serata fanno sapere che la lettura di quella lettera potrebbe essere diversa. E prescindere dalla porta in faccia americana. Il nome di Mario Lozano ai magistrati è noto da tempo: se non da quando un hacker bolognese cancellò gli omissis Usa, di certo dal momento in cui, a febbraio scorso, un rapporto del Ros ha identificato il latinos newyorkese basandosi su una indagine indipendente. In quelle carte c’era anche la prova di come gli Stati uniti, nelle prime ore seguite alla sparatoria abbiano cambiato più volte versione dei fatti mettendo incrociando e aggiustando i tempi della sparatoria e quelli dei presunti segnali di allarme «a braccia» del soldato Lozano. Grazie a quella relazione da allora Lozano è iscritto al registro degli indagati per omicidio volontario di Nicola Calipari e tentato omicidio nei confronti di Giuliana Sgrena e dell’agente del Sismi Andrea Carpani. E la richiesta di notifica? I magistrati starebbero soppesando due interpretazioni. Quella che considera il documento americano come una risposta «complessiva» e quella che tende a considerarlo solo come una risposta alle richieste di informazioni. Sulla notifica, gli americani, dovrebbero inviare un documento specifico. Ma se anche la lettura fosse la prima, la lettera americana potrebbe essere comunque giuridicamente cestinata: «Hanno detto chiaramente che non consegneranno quei documenti a Lozano – dice un magistrato – e dunque il soldato per noi potrebbe essere a maggior ragione irreperibile». La valutazione dicono anche da qui sarà fatta nelle prossime ore. Se gli inquirenti sceglieranno di firmare un decreto di irreperibilità, seguirà la richiesta di rinvio a giudizio e una prima udienza preliminare che potrebbe arrivare almeno ad impostare un processo che non potrà che essere in contumacia.
I tempi ormai sono strettissimi: in un mese al massimo ognuno degli attori in campo dovrà decidere come schierarsi. Compresa la nuova maggioranza di centrosinistra che ieri s’è guardata bene dal prendere parola sulla vicenda.