«Tre mesi sono trascorsi dall’attuazione dell’ormai tristemente nota “Operazione Arcadia”, e dunque, dall’arresto di nove militanti di “A manca pro s’Indipendentzia”. Chiediamo a tutti coloro che fino ad ora hanno taciuto di fronte a questo sopruso, di prendere posizione».
Con questo appello stampato in centinaia di volantini l’organizzazione politica sarda “A manca” è tornata in piazza mercoledì a Cagliari, sotto i portici del Consiglio regionale. Per i comunisti-indipendentisti quei 10 arresti dell’11 luglio scorso che hanno riguardato ben nove aderenti all’organizzazione, sono basati su accuse inconsistenti. La Direzione distrettuale antiterrorismo di Cagliari che coordina l’inchiesta cominciata a marzo dell’anno scorso, oltre ad aver chiesto 10 ordini di custodia cautelare, ha effettuato anche 44 perquisizioni. Secondo gli inquirenti gli indagati appartenenti alla galassia dell’indipendentismo sardo sarebbero stati coinvolti in una serie di attentati non andati a buon fine organizzati a partire dal 2002. Per questo sono accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo. “A manca” risponde dichiarandosi totalmente estranea ai fatti imputati e ribadisce la debolezza delle accuse. Tra le ragioni che portano i militanti a fare queste considerazione si è aggiunta nel frattempo la scarcerazione di quattro dei dieci detenuti. A tre di loro, Stefania Bonu, Massimo Nappi e Alessandro Sconamilla, sono stati concessi gli arresti domiciliari per ragioni di salute e perché si è valutato avessero un ruolo marginale nelle vicenda. Il quarto, Bruno Bellomonte, è stato liberato invece perché l’unico indizio a suo carico, il contenuto di una intercettazione ambientale risalente al 26 agosto 2003, era da considerarsi nullo. L’imputato ha dimostrato, con timbri di frontiera alla mano, che nel periodo in cui sono state svolte le intercettazioni si trovava in Tunisia e dunque che la voce registrata dalla Digos non poteva esser la sua.
Altro fattore centrale che secondo la difesa farebbe vacillare l’apparato accusatorio e potrebbe pregiudicare i diritti degli indagati, riguarda la mancata acquisizione da parte degli avvocati delle registrazioni ambientali e telefoniche sulle quali si fondano quasi tutti gli indizi. Gianfranco Sollai, legale di due degli arrestati, spiega la vicenda: «Partendo dal presupposto che tutti gli indagati negano di aver svolto le conversazioni intercettate dalla polizia e che tali registrazioni sono l’asse portante dell’inchiesta, la difesa ha presentato al Gip un’istanza per ottenerne la trascrizione o la trasposizione. Nonostante il giudice abbia concesso il nulla osta per la trasposizione, il Pubblico ministero ha invece rigettato la nostra richiesta basandosi su un provvedimento emanato dallo stesso giudice per le indagini preliminari che avrebbe autorizzato il ritardato deposito degli atti». Sollai spiega però che di questo provvedimento non c’è traccia e che la versione del Pm entra in contraddizione con il nulla osta alla trasposizione concesso dal Gip. L’anomalia viene a galla ancora una volta quando, in seguito all’ulteriore richiesta di Sollai e degli altri avvocati di ottenere solo copia degli atti depositati, «il giudice rigetta facendo sapere che il Pm non ha ancora depositato nulla». A questo punto tutti gli avvocati si chiedono perché non vengono messe a disposizione quantomeno le audizioni delle intercettazioni dato che non sussiste al momento nemmeno un rischio di inquinamento delle prove. Gli indagati sono stati sottoposti a custodia cautelare soltanto perché si teme possano ripetere il reato. Sulla questione è stata presentata anche un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia a firma del senatore Mauro Bulgarelli. L’esponente dei “Verdi insieme con l’Unione” chiede «se il ministro non ritenga che i diritti della difesa siano pregiudicati dall’impossibilità di avere pieno accesso alle intercettazioni e se sia nelle sue prerogative sollecitare il rilascio delle stesse da parte del Pm». Erricu Madau, portavoce di “A manca”: «Ribadiamo l’appello dell’11 luglio nei confronti della classe politica: non si deve tacere. Al momento noi abbiamo avuto solo prese di posizione individuali». Alla manifestazione di mercoledì hanno partecipato Antonello Giuntini e Claudia Zuncheddu del Partito sardo d’Azione, Maria Grazia Caligaris, consigliere regionale della Rosa del Pugno e ha aderito con striscioni e militanti, Sardigna Natzione. Giuntini, della direzione nazionale del Psd’Az, pur confidando nella magistratura, invoca il garantismo, «soprattutto nei confronti di chi, come questi ragazzi, si dichiara lontano anni luce dalla follia terrorista».