LONDRA
Ad attenderli, all’ingresso del prestigioso Hilton Park Lane dove si è aperta la Conferenza mondiale sul caffè, i leader dell’industria della tazzina più amata hanno trovato decine di uomini e donne che distribuivano volantini contro il caffè geneticamente modificato e chiedevano di prendere in considerazione le conseguenze che l’introduzione del caffè transgenico avrà su milioni di famiglie di piccoli agricoltori che producono il 70% del caffè mondiale. Il boicottaggio del genetically modified coffee è stato lanciato ufficialmente ieri dalla ong Action Aid.
Grazie ad una nuova tecnica di ingegneria genetica, sperimentata alle Hawaii, i semi di caffè matureranno contemporaneamente, rendendo più facili le operazioni e i tempi del raccolto nelle grandi piantagioni. Ciò significherà il disastro economico per almeno sette milioni di persone già povere, le famiglie dei piccoli agricoltori la cui vita dipende interamente dalla produzione del caffè. La nuova scoperta hawaiana rimpiazzerà nei fatti la manodopera con una agricoltura meccanizzata.
Nell’invito alla Conferenza mondiale del caffè, gli organizzatori sottolineano che scopo principale dell’incontro è quello di “riunire produttori, compratori, venditori di caffè in un’atmosfera produttiva di amicizia e affari. Si tratta di un’occasione per stare insieme e riunire persone che altrimenti si incontrerebbero raramente se non addirittura mai”. Ma quel che è certo, sottolinea Action Aid, è che alla 3 giorni londinese non saranno rappresentati i milioni di piccoli coltivatori poco amichevolmente ridotti alla povertà proprio dalle politiche dei compratori e distributori di caffè.
Nei giorni scorsi Oxfam, l’organizzazione britannica di cooperazione internazionale per lo sviluppo, aveva pubblicato un rapporto nel quale si rileva che il prezzo del caffè grezzo è crollato del 60% negli ultimi tre anni. Questo significa che anche la differenza tra il reddito dei coltivatori di caffè e quello delle aziende che lo lavorano e lo vendono è aumentata, creando una situazione in cui c’è chi guadagna cifre record in questa crisi dell’oro nero e chi invece versa in condizioni di povertà estrema. Ieri alla conferenza, sponsorizzata tra gli altri dalla Nestlè, non si è ovviamente parlato di questi problemi. Il commento al rapporto Oxfam è stato affidato alla British Coffee Association, che ha accusato l’organizzazione di “aver realizzato un rapporto che analizza l’andamento del mercato del caffè a brevissimo termine”.
Alla prova del grano modificato
L’apertura della Conferenza mondiale sul caffè ha coinciso anche con l’acuirsi di una nuova polemica sui campi “prova” di grano geneticamente modificato in Gran Bretagna. In particolare, ieri le organizzazioni di produttori di cibi biologici hanno nuovamente chiesto al governo di intervenire per impedire che vengano coltivati con grano geneticamente modificato terreni di una fattoria situata a soli tre chilometri da uno dei centri di produzione di grano biologico britannico più importanti, il Ryton Organic Gardens.
Il timore è che possa verificarsi una impollinazione incrociata che finisca con il danneggiare le coltivazioni biologiche. Se ciò avvenisse i produttori del Ryton Organic Gardens perderebbero la licenza per produrre grano biologico. Il sottosegretario all’ambiente, Michael Meacher, ha fatto sapere che il governo non ha voce in capitolo su questa questione.
Ma i produttori di cibi biologici ricordano che il governo Blair in più di un’occasione si è dimostrato quantomeno superficiale nel suo approccio alla questione. L’ultima polemica scoppiata in casa new Labour riguardava il voluto e consapevole silenzio del governo sull’esatta allocazione dei terreni pilota coltivati con prodotti transgenici. Nonostante la legge prevedesse che venisse resa nota l’esatta ubicazione dei terreni scelti (o che si erano offerti volontariamente), il governo aveva pubblicato soltanto in parte la lista dei terreni e delle fattorie scelte. In alcuni casi, come in quello al centro della polemica di questi giorni, i campi a coltivazione biologica sono direttamente minacciati da quelli a coltivazione modificata geneticamente.
*********
SCHEDA: CONFERENZA DEL CAFFE’
Si è aperta ieri a Londra, alla presenza dei rappresentanti delle industrie del caffé e dei commercianti dei paesi produttori.
IL CROLLO DEI PREZZI
Secondo il rapporto diffuso mercoledì da Oxfam, l’organizzazione britannica di cooperazione internazionale (cfr. la rubrica “Terraterra” di ieri), il crollo del prezzo del caffé ha avuto conseguenze devastanti per i milioni di contadini-produttori. Gli industriali e i distributori dei paesi ricchi, al contrario, ci avrebbero guadagnato enormemente: la sola Nestlé ha raggiunto nell’arco del 2000 profitti oltre il 20%, mentre la catena Starbucks ha dichiarato profitti del 41% solo nei primi quattro mesi dell’anno. La ragione del divario tra produttori “poveri” e produttori-distributori “ricchi” sta nel fatto che il prezzo del caffé grezzo conta per meno del 7% del prezzo al consumo nei paesi ricchi. Il resto, e cioé oltre il 90%, finisce all’industria di trasformazione e alle distribuzione
LA SOVRAPPRODUZIONE
Il crollo dei prezzi è dovuto alla sovrapproduzione di caffé, che ha aumentato l’offerta mentre il consumo è stagnante. L’Acpc (l’associazione dei paesi produttori di caffé) un anno fa aveva concordato di non mettere sul mercato il 20% della produzione (10 milioni di sacchi da 60 chili) per far salire il prezzo. Ma a distanza di un anno ha dovuto constatare che il piano ha funzionato solo al 70%, essendo stati tolti dal mercato 7 e non 10 milioni di sacchi. Oxfam propone di distruggere 15 milioni di sacchi di caffé di qualità più bassa.