Bye bye Europa

Assisitiamo all’eclisse della politica europea. Se guardiamo i giornali di questi giorni, ci chiediamo se esiste ancora un’ Europa che possa pretendere di chiamarsi «unione». Un’unione di Stati solidali tra loro, guidati da una politica unitaria verso l’esterno e da sostanziali convergenze di politica interna (in tema di sicurezza dei cittadini ad esempio). No, questa Europa non si vede. E pensare che ancora l’altro ieri c’erano grandi aspettative, alimentate dalla prospettiva di una possibile Costituzione europea. Oggi gli stessi protagonisti politici di questo dibattito si preoccupano d’altro. Si stanno impegnando in iniziative particolari di carattere nazionale. Sono iniziative lodevolissime, intraprese naturalmente in nome dell’Europa. Ma l’Europa è soltanto la copertura retorica del rilancio di robuste azioni di autopromozione di alcune robuste nazioni europee.

Il caso della Germania é particolarmente interessante, nella sostanza e nella forma. I tedeschi sono diventati bravi a non sollevare troppo rumore pubblicitario per non irritare i partner europei. Mirano al sodo. Infatti é appena rientrato a Berlino il ministro degli esteri Joschka Fischer dopo un lungo giro nelle aree calde tra Pakistan, Paesi arabi e Israele. Il cancelliere Schroeder ha intrapreso ora un viaggio nella stessa direzione con meta finale la Cina. Facendo tappa ad Islamabad ha assicurato sostegno politico e finanziario non solo per il Pakistan ma per l’intera zona dopo la pacificazione dell’Afganistan. Parole scontate – si dirà. Ma in bocca al cancelliere tedesco non sono formule di circostanza. Come non è elusiva la disponibilità del governo tedesco ad inviare reparti speciali in Afganistan per combattere sul terreno i talebani.

Tutto questo dispiegamento di iniziativa politica ha anche obiettivi di politica interna, evidentemente. Ma questo non è un motivo di critica. Anzi. Oggi come non mai i cittadini tedeschi (come tutti i cittadini europei) vanno rassicurati nel loro valori fondamentali. Nella loro identita’, potremmo dire. I cittadini d’Europa cioe’ devono poter tenere insieme valori che sono di natura e di peso differenti eppure tutti indipensabili: la solidarietà verso l’America, la ricerca della sicurezza interna ed esterna ma insieme l’apertura e il dialogo verso tutte le culture, in particolare quella islamica. E quindi dotarsi di una lungimirante politica di immigrazione. Questo nodo di problemi è presente con accenti diversi in ogni paese europeo.

Quello che manca è una risposta comune, guidata dalle comuni istituzioni dell’ Europa, che si stanno rivelando incapaci di assumere il ruolo che da esse ci si attendeva. Non sanno fare politica e quindi non sono neppure in grado di svolgere compiti formativi di identità. Ecco allora il ritorno dei governi e degli Stati nazionali. E, per restare in Germania, lo straordinario impegno e successo degli uomini di governo per rilegittimare la loro politica statale: per giustificare l’uso della forza armata, per garantire la sicurezza per i cittadini. Tutto questo è politica nel senso più qualificante del termine. Oggi la stanno facendo gli Stati nazionali: chi bene, chi meno bene, chi con professionalità, chi con dilettantismo. L’unica latitante è l’Europa come istituzione unitaria. L’ Unione europea non è uno Stato. Ce n’eravamo dimenticati.