Bush: una «burla» e una «macchia»

Inseguito dall’ombra irridente (e dai petro-dollari pesanti) di Hugo Chavez, il viaggio in America latina di George Bush, che ieri era in Guatemala e oggi giunge alla sua tappa finale messicana, mostra, oltre al tradizionale e sempre più forte ripudio di massa, il vuoto di idee (e di aiuti che non siano rachitici e grettamente funzionali agli interessi Usa) con cui l’ha cominciato giovedì scorso in Brasile e lo finirà domani in Messico. Bush non ha nulla da dire né da offrire a un’America latina che si muove, non tutta allo stesso modo e alla stessa velocità, in direzione opposta (o comunque non convergente) al neo-liberismo e al neo-imperialismo propri degli Stati uniti di Bush. L’unico messaggio che Bush ha portato nel Brasile di Lula, nell’Uruguay di Vazquez, nella Colombia di Uribe, nel Guatemala di Berger e nel Messico di Calderon è stata la solita litania: democrazia elettorale e libero commercio come panacea di tutti i mali, povertà e diseguaglianze, emigrazione e disoccupazione.
In realtà Bush si è presentato ai suoi interlocutori a mani vuote. Solo con Lula ha lanciato «l’accordo strategico» sull’etanolo – un business miliardario spacciato sotto una mano di pittura verde-ambientalista. A Vazquez e Berger non offerto niente di concreto o di nuovo, neanche a Uribe – «amico e alleato strategico», l’unico nel Cono sud -, eccetto il sostanzioso aiuto militare previsto dal Plan Colombia per la «guerra al narco-traffico» (leggi alle Farc). La tappa di 24 ore in Guatemala è servita solo a dimostrare le buone relazioni fra i due paesi e il ringraziamento di Bush verso Berger per esseresi prestato, nell’ottobre scorso, a presentare la sua candidatura al Consiglio di sicurezza in chiave anti-Chavez. Sul commercio non ci sono problemi in quanto il Guatemala ha firmato e ratificato il Cafta, l’accordo di libero scambio Usa-Centramerica. Sull’immigrazione i problemi sono tanti – un milione di guatemaltechi negli Usa, il 60% illegali più di 18 mila rispediti a casa solo 2006 – ma le cose non cambieranno. Ieri il programma prevedeva che Bush a bordo dell’elicottero Marine One visitasse un team medico militare Usa, una cooperativa agricola di lavoratori indigeni finanziata dagli americani che fornisce prodotti orto-frutticoli alla catena Wal Mart, la visita alle rovine maya di Iximché. Anche in Guatemala Bush è stato accompagnato da forti manifestazioni di ripudio. Clamorosa quella del presidente della Conferenza episcopale, il vescovo Alvaro Ramazzini: l’arrivo di Bush è «una burla perché si presenta come amico ma reprime i guatemaltechi negli Usa». Il Congresso ha votato una risoluzione in cui «esige» da Berger di chiedere al suo illustre ospite «la cessazione immediata della persecuzione e deportazione» dei migranti. Il Consiglio de organizaciones populares y indigenas ha espresso il ripudio «per il responsabile diretto del terribile genocidio» in Iraq e Afghanistan, il Bloque antimperialista ha chiamato è sceso in strada contro la politica migratoria di Bush che «penalizza e criminalizza l’immigrazione dei poveri del mondo», la Coordinadora indigena y campesina de Guatemala ha definito la visita di Bush alle rovine di Iximché «una macchia all’onore di questo posto» e ha annunciato una cerimonia dei sacerdoti maya «per pulire e purificare il posto in cui ha messo piede questo signore». Intanto il presidente venezuelano Hugo Chavez, l’ombra che ossessiona Bush, prosegue nel suo contro-viaggio, firmando accordi concreti e lasciando sostanziosi aiuti dovunque passi: con Kirchner in Argentina venerdì, con Morales in Bolivia domenica, in Nicaragua, Jamaica e Haiti nei prossimi giorni.