Bush toglie ai poveri per dare ai militari

Il presidente Usa annuncia una politica di bilancio più austera per i prossimi anni, ma solo per le classi deboli: tagli diffusi al welfare e più risorse per il Pentagono e la sicurezza interna

Il sogno del presidente americano George Bush di fare degli Stati Uniti una «società di proprietari» (ovvero una società in cui tutto è privato e il welfare è ridotto all’osso) comincia ad assumere connotati più nitidi. La Casa Bianca ha infatti ieri presentato il progetto di budget per i prossimi anni, in cui spiccano tagli generalizzati ai vari programmi assistenziali pubblici. Alcune voci di spesa del bilancio federale invece non vedono una diminuzione, anzi ne escono «ingrassate»: si tratta dei fondi destinati alla difesa e alla sicurezza interna. Insomma, più soldi per armi e forze armate e meno sussidi per i più poveri, per l’ambiente e l’educazione. Il documento contiene le previsioni sulla dinamica del deficit di bilancio nei prossimi anni. Si stima che il disavanzo raggiunga i 427 miliardi di dollari quest’anno, per poi gradualmente declinare a 390 miliardi nel 2006, 233 nel 2009 e 207 nel 2010. In pratica, verrebbe quasi dimezzato nel giro cinque anni; un obiettivo più volte definito fondamentale dall’amministrazione americana.

Il budget plan contiene anche nel dettaglio le misure tramite le quali raggiungere l’obiettivo. Sostanzialmente mediante la riduzione del welfare state. Saranno diminuiti i fondi destinati al Medicaid, il programma di assistenza sanitaria per le famiglie povere, e quelli per i veterani di guerra: in totale, risparmi per 137 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Ma non solo. Quasi un terzo dei programmi che verranno tagliati riguarda l’educazione e, in particolare, quelli deputati al sostegno delle scuole localizzate in «aree difficili». Anche l’ambiente soffrirà delle cesoiate di Bush. L’Environmental Protection Agency vedrà decurtati i trasferimenti a suo favore del 6%, circa 450 milioni di dollari in meno rispetto a quest’anno. Infine, sarà il settore agricolo ad annoverare una buona massa di scontenti: gli agricoltori vedranno infatti diminuire i sussidi statali per 5,7 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni.

A festeggiare delle linee programmatiche della Casa Bianca invece soprattutto militari e forze di polizia. Il Pentagono infatti vedrà una crescita delle risorse a disposizione per 18,2 miliardi di dollari il prossimo anno, il 4,8% rispetto al 2005. Complessivamente, dal 2001 in poi il budget per la difesa è cresciuto del 41%. Anche la spesa per la sicurezza interna schizza in alto: ad esempio, le forze dell’ordine addette alla protezione delle coste saranno potenziate con 600 milioni di dollari aggiuntivi il prossimo anno.

Il progetto di budget complessivamente prevede una riduzione di spesa del governo federale dello 0,7%; e sarebbe il bilancio più austero per gli Stati Uniti dall’epoca Reagan. Le decisioni di Bush, tuttavia, sono coerenti con i propositi della sua agenda economica per i prossimi quattro anni: coniugare il fatto di rendere permanenti i tagli fiscali del primo mandato con l’esigenza di diminuire il peso del disavanzo di bilancio. Ciò significa che le minori entrate fiscali derivanti dalla riforma tributaria dovranno essere coperte dalla riduzione della spesa discrezionale dell’amministrazione. E siccome gli stanziamenti per la difesa e la sicurezza interna sono previsti in aumento, al presidente non resta che tagliare pesantemente il welfare state. D’altronde se la coperta è corta e la si tira da un lato, si rimane necessariamente scoperti dall’altro.

Il progetto di Bush è stato fortemente criticato dai democratici, che anzi lo hanno definito senza mezzi termini «un imbroglio». E l’imbroglio starebbe nel fatto che nel documento non verrebbero conteggiate due voci di spesa destinate a fare la voce grossa nei prossimi anni: quella per le guerre in Iraq e Afghanistan e quella per la riforma della Social Security. Le spese di guerra solo quest’anno hanno inciso per 105 miliardi di dollari; anche una (ottimistica) riduzione per i prossimi anni graverebbe comunque notevolmente sulle casse federali. Stessa cosa per la riforma della Social Security, che complessivamente dovrebbe costare 200 miliardi di dollari per entrare a regime. Due vere e proprie mine vaganti che potrebbero rendere vani la politica di tagli allo stato sociale annunciati dal presidente americano.