Bush striglia i democratici

«Siamo in guerra. È irresponsabile da parte dei democratici del Congresso ritardare per mesi i fondi necessari alle nostre truppe per completare con successo la loro missione in Iraq». Quello che è stato presentato dalla Casa Bianca come «l’invito» di Bush ai democratici a discutere dei fondi aggiuntivi per le guerre in Iraq e Afghanistan è stato pronunciato dal comandante in capo davanti a una platea amica – un gruppo di veterani in Virginia – ma ha avuto toni da ultimatum più che da dialogo.
Gli strateghi della comunicazione della Casa Bianca hanno fatto coincidere il discorso del Presidente con la riapertura del Senato dopo la pausa per le ferie pasquali. Anzitutto il presidente ha messo le mani avanti: il dialogo con il Congresso, previsto per la settimana prossima, «non rappresenta una trattativa» sulla data del ritiro delle truppe statunitensi dalla Mesopotamia, ha chiarito la portavoce della Casa Bianca Dana Perino.
Poi Bush ha ribadito la propria intenzione di fermare con il veto qualunque legge di spesa straordinaria che stabilisca una data per il ritiro delle truppe americane dall’Iraq. Sia la Camera dei rappresentanti che il Senato hanno approvato infatti nelle scorse settimane dei testi che legano lo stanziamento di nuovi fondi per le guerre in Iraq e Afghanistan al ritiro delle forze da combattimento rispettivamente entro settembre e entro marzo del 2008. Norme che l’opposizione (maggioranza sia alla Camera che al Senato) ha varato per fare pressione su Bush più che per arrivare a un ritiro dei 140mila soldati statunitensi in Mesopotamia e alle quali il Presidente può opporre il veto.
«Durante il colloquio i leader del Congresso potranno informarmi dei progressi fatti nell’iter della legge (che prevede uno stanziamento di circa 100miliardi di dollari per il conflitto iracheno, ndr) verso la mia scrivania – ha spiegato ieri Bush – discuteremo come arrivare ad una legge pulita, che non contenga scadenze artificiali per il ritiro delle truppe e che non metta le manette ai nostri generali impegnati in prima linea».
La risposta democratica non si è fatta attendere. «Il presidente Bush ha messo le nostre truppe nel mezzo di una guerra civile – ha detto il leader democratico del senato Harry Reid – Dobbiamo cambiare direzione: dobbiamo riprendere la guerra ad Al Qaida e la guerra in Iraq è diventata solo una distrazione da questo traguardo». Il senatore Reid ha citato, per criticare Bush, le parole di Benedetto XVI durante il messaggio Urbi et Orbi di Pasqua. «Nulla di positivo viene dall’Iraq, insanguinato da continue stragi, mentre fuggono le popolazioni civili». «Un massacro è in corso in Iraq – ha detto Reid – Il Papa ha osservato che niente di buono sta venendo da quel paese. Il presidente Bush deve capire questo». Il senatore Reid ha inoltre sottolineato che Bush non ha mantenuto la sua promessa di costringere gli iracheni a diventare sempre più autonomi nell’assicurare la loro sicurezza.
Il Pentagono sta considerando la possibilità di estendere di quattro mesi la permanenza in Iraq di 15 mila soldati che avrebbero dovuto essere rimpatriati nei prossimi mesi in modo da mantenere un livello di venti brigate dell’esercito. Il ministero della difesa ha chiesto a 13 mila membri della Guardia Nazionale di tenersi pronti ad essere mobilitati per essere posti in servizio attivo. Il presidente Bush non ha precisato la durata dell’incremento temporaneo di forze Usa in Iraq, cardine della sua nuova strategia annunciata all’inizio dell’anno, ma i generali in Iraq prevedono che fino all’autunno sia impensabile diminuire le truppe.