Bush, primo patto a est

L’«Accordo per l’accesso», firmato martedì a Bucarest dalla segretaria di stato Condoleezza Rice e dal ministro degli esteri rumeno Mihai Ungureanu, viene definito «storico»: è il primo patto che permette ufficialmente agli Stati uniti di dislocare proprie basi militari in una paese dell’ex Patto di Varsavia. La principale installazione messa a disposizione degli Usa è la base aerea Mihail Kogalniceanu vicino al porto di Costanza sul Mar Nero, che verrà anch’esso usato dal Pentagono. Si aggiungono a queste la base terrestre di Babadag sul delta del Danubio, dove saranno dislocate e addestrate truppe, e un’altra vicino a Fetesti tra Costanza e Bucarest, più diverse altre installazioni. Questi siti, spiega la radio rumena, sono «i migliori che la Romania poteva offrire agli Usa da un punto di vista strategico, per fornire loro un rapido accesso a regioni instabili come il Caucaso, l’Asia centrale e il Medio Oriente». Appunto per questo sono state scelte: la base aerea Mihail Kogalniceanu, sottolineava più di un anno fa un funzionario del Pentagono, «è situata al crocevia tra Europa e Asia, a una distanza che permette di colpire in Iraq, Afghanistan e altri luoghi caldi» (The New York Times, 12-10-2004). Questa base, usata per inviare truppe e armamenti in Iraq al momento dell’invasione nel 2003, ha avuto anche un’altra funzione: quella di prigione segreta dalla Cia dove – denuncia Human Rights Watch – sono stati tradotti prigionieri afghani, iracheni e altri. Per questo, dagli inizi del 2004, è stata chiusa ai giornalisti.

Collegando queste basi in Romania al porto e all’aeroporto di Burgas in Bulgaria e al vicino Camp Sarafovo, il Pentagono può «costruire una forte presenza militare statunitense nell’Europa orientale». Qui saranno trasferiti 60-70mila militari soprattutto dalle basi in Germania, nel quadro della ridislocazione delle forze statunitensi dall’Europa settentrionale e centrale a quella meridionale e orientale.

Nella stessa strategia rientra l’espansione della Nato a Est. Ai tre paesi dell’ex Patto di Varsavia entrati nella Nato nel 1999 (Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca) se ne sono aggiunti nel 2004 altri sette: Romania, Bulgaria, Slovacchia (anch’essi già membri del Patto); Slovenia (già parte della Repubblica Iugoslava); Estonia, Lettonia, Lituania (già parte dell’Urss). Entrando nella Nato, i paesi dell’Europa orientale sono stati legati, più che all’Unione europea, agli Stati uniti che mantengono nell’Alleanza una posizione predominante. Non solo: poiché Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia e Slovenia sono entrate nella Ue nel 2004 e Romania e Bulgaria vi entreranno nel 2007, Washington si assicura in tal modo notevoli strumenti di pressione all’interno della stessa Unione europea per orientare le sue scelte politiche e strategiche. Non a caso il segretario alla difesa Rumsfeld contrappone apertamente la «nuova Europa», formata dai governi dell’Est schierati con Washington nella «guerra globale al terrorismo», alla «vecchia Europa», rappresentata da governi come quello francese e tedesco che invece hanno preso le distanze dalla guerra contro l’Iraq (anche se il cambio di governo sembra aver reso la Germania più malleabile).

Nonostante che la Nato sia ancora saldamente sotto la leadership statunitense, Washington ha fatto in modo che l’accesso alle basi rumene fosse dato non alla Nato ma direttamente agli Stati uniti in modo da usare tali basi, così come altre nell’Europa orientale, senza alcun condizionamento da parte degli alleati occidentali. Ciò conferma che il disegno perseguito da Washington è ridisegnare la carta geopolitica e geostrategica dell’intera regione europea, orientando i processi che avvengono al suo interno secondo gli interessi statunitensi. Le nuove basi in Romania permetteranno agli Stati uniti di condurre operazioni militari non solo in Medio Oriente, ma anche in Caucaso e Asia centrale nel nuovo «grande gioco» attorno a una posta di enorme importanza strategica: il controllo dell’ex Unione sovietica e, in particolare, delle sue ricchezze energetiche. Ciò susciterà sicuramente reazioni a Mosca e Pechino, dove si avverte il carattere minaccioso dello spostamento a est delle basi militari statunitensi. L’Europa, trasformata in trampolino di lancio della «proiezione di potenza» statunitense, viene così trascinata in una situazione non meno pericolosa di quella della guerra fredda.