Bush contro Baker: “Più truppe in Iraq”

La Casa Bianca sta valutando il possibile invio a Baghdad di almeno 20 mila soldati per rafforzare l’attuale dispositivo militare mentre il Segretario di Stato, Condoleezza Rice, esclude «premi a Teheran e Damasco in cambio della cooperazione sull’Iraq»: le mosse dell’amministrazione lasciano intendere che la «svolta strategica» andrà in direzione opposta ai suggerimenti della commissione Baker-Hamilton, favorevole al ritiro del grosso delle truppe combattenti entro marzo 2008 e ad un’apertura diplomatica verso la Siria e l’Iran.
Ad alzare il velo sulle intenzioni del presidente americano George W. Bush è stato il «Wall Street Journal» rivelando che i consigli finora ricevuti lo stanno spingendo ad immaginare non una riduzione bensì un rafforzamento delle truppe in Iraq, con un contingente compreso fra 15 mila e 30 mila uomini. A spingere in questa direzione sono i comandi militari del Pentagono a cui finora Donald Rumsfeld aveva opposto un drastico rifiuto, ritenendo sufficienti i 140 mila uomini in campo. Ma ieri è stato l’ultimo giorno di Rumsfeld al Pentagono, dove lunedì giurerà il successore Rober Casey, ed i vertici di Us Army, Us Navy, Us Air Force e Marines avrebbero detto con chiarezza al presidente che servono decisioni energiche: più truppe in campo, più mezzi militari agli iracheni e più blitz contro le milizie sciite di Moqtada al Sadr.
Prima di pronunciare in gennaio il discorso sulla «svolta strategica» Bush aspetterà l’opinione di Gates ma se dovesse andare nella stessa direzione potrebbe comportare la sostituzione del capo degli Stati Maggiori Congiunti, Peter Pace, contrario come Rumsfeld a rafforzamenti del contingente. Ad opporsi a tale scenario è anche il premier iracheno, Nuri al Maliki, con cui l’amministrazione continua ad avere attriti. Non a caso da Baghdad rimbalzano voci su un sostegno di Bush ad ipotesi di rimpasto che vedrebbero emergere politicamente Abdul Aziz al Hakim, leader del principale partito sciita nonché avversario tanto di al Maliki che di al Sadr.
Se la Casa Bianca tende a fare proprie le obiezioni dei generali anti-Rumsfeld – sostenuti dal senatore dell’Arizona John McCain, candidato alle presidenziali 2008 – dal Dipartimento di Stato è la Rice a fare liquidare i suggerimenti su Siria e Iran della commissione guidata da James Baker e Lee Hamilton. «Il prezzo che questi due Paesi ci chiederebbero per collaborare sull’Iraq sarebbero troppo alti – ha detto il Segretario di Stato al «Washington Post» – perché Damasco chiederebbe mano libera nelle strade del Libano e Teheran farebbe altrettanto sulla corsa all’atomica».
Anziché patteggiare con due Stati «contrari al rafforzamento delle giovani democrazie in Medio Oriente» la Rice rovescia l’approccio Baker ed afferma: «Sono loro che per cooperare con noi devono prima rinunciare a sostenere il terrorismo e, nel caso dell’Iran, l’arricchimento dell’uranio». Parole chiare che, sommate all’ipotesi di nuove truppe in Iraq, sembrano confermare l’intenzione della Casa Bianca di seppellire in tempo record la Realpolitik di Baker-Hamilton. Si spiega anche così l’irritazione dell’amministrazione per la scelta di quattro senatori – i democratici Bill Nelson, John Kerry e Chris Dodd e il repubblicano Arlen Specter – di recarsi a Damasco per incontrare il presidente Bashar Assad.
La scelta di liquidare i più rilevanti suggerimenti di Baker è tuttavia destinata a porre a Bush il problema di come rispondere ad una crescente richiesta popolare di «cambio di marcia in Iraq» avvalorata dagli stessi sondaggi che danno la sua popolarità al 34 per cento e i favorevoli ad un «inizio immediato del ritiro» al 35 per cento.