Il rinnovo del Patriot Act è stato bloccato in Senato, proprio nel momento in cui si scopre che il governo di Bush, per anni, è andato tranquillamente al di là di quella stessa, famigerata legge (se ne parlerà fra un pochino). Se entro la mezzanotte del 31 dicembre il rinnovo non sarà stato approvato, le norme che per quattro anni hanno limitato la privacy dei cittadini non saranno più in vigore. Questa nuova sconfitta di George Bush – dopo che l’altro ieri è stato costretto a rinunciare «al diritto alla tortura» che lui voleva garantire agli agenti della Cia – nasce da un’iniziativa bipartisan di due senatori, il democratico Russ Geingold e il repubblicano Larry Craig. Focalizzandosi sulle due norme peggiori – quella che consente all’Fbi di ascoltare tutte le telefonate che vuole e quella che obbliga biblioteche, ospedali e banche a riferire segretamente ciò che i loro clienti leggono, le malattie che hanno, le finanze di cui dispongono – Feingold e Craig hanno duramente criticato il fatto che quelle due norme non fossero state stralciate dal «nuovo» Patriot Act e hanno minacciato di bloccare il rinnovo con il loro ostruzionismo. Bill Frist, il leader dei senatori repubblicani, sicuro com’era che il feroce lavoro di lobby che lui e la Casa bianca avevano compiuto nei giorni precedenti in favore del rinnovo della legge avrebbe dato i suoi frutti, ha contestato che «sono i terroristi che minacciano le libertà dei cittadini, non il Patriot Act, dobbiamo avere fiducia nel governo». Ma Feingold, che fu uno dei pochi a votare contro il Patriot Act quattro anni fa, ha replicato che «non voglio più sentire qualcuno in quest’aula pretendere di fidarsi che questo governo sia capace di usare con misura i poteri che noi gli conferiamo» e Patrick Leahy, un altro democratico, ha urlato: «E’ ora di ripristinare un po’ di equilibrio in questo paese». A quel punto Frist – sempre per la certezza che aveva di ottenere i sessanta voti necessari per neutralizzare l’ostruzionismo – ha chiamato la votazione. Ma con sua sorpresa la mozione di Feingold e Craig è passata con una maggioranza di 52 voti (fra i quali, paradossalmente, anche il suo, di Frist, che vista la mala parata ha deciso di schierarsi con i dissidenti per avere la possibilità chiedere un nuovo voto in ogni momento, cosa consentita solo a chi ha votato con la maggioranza).
Che succederà adesso? Sul tavolo c’è una proposta dei democratici di estendere il Patriot Act di tre mesi in modo da avere il tempo di ridiscuterlo per benino, ma accettarla sarebbe imbarazzante dopo che George Bush aveva fatto sapere che non avrebbe mai firmato una cosa del genere. Ma in fondo Bush aveva anche minacciato il veto sulla mozione che vieta la tortura e proprio l’altro ieri è stato costretto ad accettarla. E’ apparendo nell’Ufficio Ovale assieme al proponente di quella mozione, John McCain, e dopo una colluttazione con il proprio pudore per cacciarlo via a pugni ha preso a fingersi felice che «il senatore McCain ed io abbiamo a cuore la stessa cosa: la sicurezza del popolo americano». La previsione prevalente, ieri, era che alla fine anche questo boccone amaro sarebbe stato ingoiato e che si sarebbe arrivati all’estensione di tre mesi. Ma alcuni dei più protervi fra i repubblicani dicevano che in fondo si poteva anche lasciar decadere il Patriot Act e andare alla campagna elettorale del prossimo anno accusando i democratici di avere fatto questo «regalo» ai terroristi. Anche per questo però c’è il problema di Bush che l’altro giorno, raccogliendo tutta la solennità che poteva, aveva detto che «gli Stati Uniti non possono fare a meno del Patriot Act neanche per un secondo».
E poi c’è l’altro bubbone esploso proprio ieri di cui si diceva. Bush, dice la rivelazione, all’inizio del 2002 ha segretamente ordinato alla Nsa, che sta per National Security Agency, una della 14 entità spionistiche americane, a intercettare le telefonate che vengono fatte dagli Stati uniti all’estero e a leggere le e-mail che partono da qui per il resto del mondo. Lui quell’ordine non poteva darlo perché per fare una cosa del genere occorre l’autorizzazione di un giudice, il quale almeno in teoria la concede solo dopo che l’Fbi o chi per esso gli ha mostrato gli indizi su cui poggiano i suoi sospetti su una certa persona. Il New York Times, che ha rivelato la cosa, ha intervistato una montagna di esperti in sicurezza e costituzionalisti per spiegare quanto questo atto di Bush sia contrario alla Costituzione, ma un passo, nel lungo articolo del giornale, lascia a dir poco sconcertati.
Spiega infatti il Times che a un certo punto la Casa bianca, venuta al corrente dell’inchiesta, ha chiesto di non pubblicare l’articolo sostenendo che poteva «mettere in pericolo le indagini in corso». Come ha risposto il Times? «Dopo un incontro con alti rappresentanti dell’amministrazione per sentire le loro preoccupazioni il giornale ha rinviato la pubblicazione per un anno allo scopo di condurre accertamenti aggiuntivi» e solo ora, dopo un anno, ha deciso di pubblicarlo ma «alcune informazioni che secondo l’amministrazione potevano essere utili ai terroristi sono state omesse».