Bush all’Onu difende il disastro

Tre anni e mezzo fa il presidente degli Stati uniti d’America voltava le spalle alla Comunità internazionale e dichiarava guerra all’Iraq in maniera unilaterale. Ieri mattina George W. Bush ha inaugurato la 61esima sessione dell’Assemblea generale difendendo le sue scelte in Medio Oriente ma smorzando i toni, come a voler cercare, per le tante crisi irrisolte, l’appoggio di quella stessa Onu che la sua amministrazione aveva definito «irrilevante». Bush ha continuato a difendere le sue scelte nella cosiddetta «guerra al terrorismo» ma l’ha fatto con toni pacati, a tratti suadenti, gli unici utili per cercare l’appoggio per del mondo dopo le invasioni dell’Iraq e Afghanistan e la politica della briglia sciolta all’esercito israeliano nei confronti dei palestinesi.
Da Baghdad proprio ieri il generale John Abizaid ha fatto sapere che non c’è da aspettarsi alcuna riduzione delle truppe Usa (147.000 soldati) che occupano la Mesopotamia, almeno fino alla primavera del 2007. «Abbiamo impegnate un livello prudente di forze» ha dichiarato alla Reuters il capo del Comando centrale (Centcom), senza escludere la possibilità di un aumento del numero di soldati. Bush ha parlato di progressi in Iraq, nonostante i tentativi da parte di «minoranze di estremisti» (la guerriglia irachena, ndr) di peggiorare il livello di vita degli iracheni. Molto meno ottimista il Segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, che pur sottolineando i progressi istituzionali compiuti in Iraq, poco prima che parlasse Bush aveva dichiarato che «che se persisteranno il livello attuale di alienazione e violenza, c’è il rischio che lo stato iracheno collassi, accompagnato da una guerra civile di ampia portata». Bush ha elogiato anche il presidente Hamid Karzai e i «progressi verso la democrazia» fatti da Kabul. Nel suo discorso non c’è traccia delle offensive e degli attacchi suicidi dei taliban che ormai arrivano indisturbati nella capitale e nella parte occidentale del paese (aree finora considerate tranquille). L’inquilino della Casa bianca le ha definite «minoranze di estremisti» ormai costrette sulla difensiva. Discorso più duro nei confronti dell’Iran, ma anche in questo caso il comandante in capo ha auspicato uno sbocco diplomatico per la crisi sul nucleare di Tehran. Anche sulla Palestina Bush è stato più «tenero» che in passato: nessuna bocciatura preventiva per il governo in gestazione nei Territori occupati, che dovrebbe avere tanti ministri di Hamas. Gli islamisti però devono «rinunciare alla violenza, riconoscere Israele e rispettare la road map», ma possono governare assieme al Fatah del presidente Abu Mazen. Ai siriani, Bush ha spiegato che «il vostro governo deve porre un termine al suo appoggio al terrorismo per permettervi di vivere in pace con i vostri vicini, aprendo la via ad una vita migliore per voi e le vostre famiglie».
Bush ha detto di voler lanciare questo messaggio ai popoli del Medio Oriente: «Il mio paese vuole la pace, ma tra di voi ci sono degli estremisti che diffondono una propaganda secondo la quale l’occidente è impegnato in una guerra contro l’islam. Questa propaganda è falsa. Noi rispettiamo l’Islam, ma proteggeremo la nostra gente da chi stravolge l’islam per cercare morte e distruzione».
Quello che alcuni commentatori ieri hanno giudicato come un tentativo da parte di Bush di ritornare al multilateralismo, dopo quattro anni di sfoggio di muscoli, per il presidente iraniano Mahmoud Ahmadi-Nejad è qualcosa di diverso: «Gli Stati uniti stanno trasformando il Consiglio di sicurezza in uno strumento per imporre le proprie politiche».
Annan, nel discorso che ha segnato di fatto il suo addio all’Assemblea dell’Organizzazione di cui è segretario generale, ha messo al centro il Medio Oriente. Secondo il diplomatico ghanese «finché i palestinesi vivranno sotto l’occupazione, esposti a frustrazioni quotidiane e a umiliazioni e finché gli israeliani saranno fatti esplodere in autobus e discoteche, le passioni, ovunque nel mondo verranno infiammate». Annan ha detto che in Medio Oriente l’Onu si gioca il suo futuro: «Fintanto che il Consiglio di Sicurezza non riuscirà por fine a questo conflitto e all’occupazione militare che risale a quaranta anni fa, il rispetto delle Nazioni Unite continuerà a diminuire. La nostra imparzialità verrà messa in dubbio. I nostri migliori sforzi di por fine ad altri conflitti, tra questi in Iraq e in Afghanistan, incontreranno resistenza».