Anche oggi in Italia per qualcuno il lavoro è stato sinonimo di morte. Non è più una notizia. Ma fa particolarmente rabbia che a morire sia stato oggi a Napoli un anziano operaio edile di 74 anni. Ci indigna che la classe dirigente di questo Paese si conceda il lusso di straparlare di fannulloni e di scarsa produttività del lavoro, senza preoccuparsi del fatto che ogni giorno per tre o quattro lavoratori andare al lavoro sia come andare in guerra: si esce di casa per non farvi più ritorno. A quanti discorrono di riforma delle pensioni e di innalzamento dell’età pensionabile questa tragica notizia dovrebbe suggerire qualche riflessione. Si chiedano perché tanti anziani debbono continuare a lavorare in nero, per imprese che violano sistematicamente le più elementari norme della sicurezza. Se le pensioni bastassero a sopravvivere questo non succederebbe. C’è in Italia una gigantesca questione sociale che riguarda i diritti del lavoro. Dopo vent’anni di continui soprusi, di drastici tagli a retribuzioni e pensioni, di smantellamento delle garanzie contrattuali, di violazione delle norme di tutela della sicurezza e della salute, di peggioramento delle condizioni lavorative e di precarizzazione del rapporto di lavoro, il governo di centrosinistra ha un dovere prioritario: risarcire i lavoratori e restituire al lavoro i diritti, la sicurezza e la centralità che la Costituzione gli riconosce. Altrimenti diventerà sempre più difficile convincere la nostra gente che la politica può servire davvero a rispondere ai suoi bisogni e a difenderla contro l’attacco di un padronato rapace e senza scrupoli. Noi ad ogni modo la nostra parte la faremo, cominciando con il chiedere al governo di rivedere il ddl-delega sulla sicurezza sul lavoro, che è un primo passo nella giusta direzione, ma che è ancora insufficiente soprattutto per quanto concerne le prerogative e i poteri degli rls, i vincoli sulle ditte appaltatrici e le tutele dei lavoratori e delle loro famiglie in sede giudiziaria.