Bulgarelli: “Abolire il segreto sui documenti di Stato”

CAMERA DEI DEPUTATI N. 6100

PROPOSTA DI LEGGE d’iniziativa del deputato BULGARELLI

Disposizioni in materia di desecretazione e accesso ai documenti di Stato

Presentata il 27 settembre 2005

Onorevoli colleghi! – il problema della trasparenza degli atti amministrativi e di governo è da tempo al centro del dibattito politico e istituzionale, in Italia come in altri paesi del mondo. Nel nostro paese, tuttavia, poco o nulla si è fatto per garantire che i cittadini potessero avere accesso reale alle informazioni, in particolare a quelle che riguardano i rapporti e i patti di collaborazione stipulati negli anni dal governo italiano con altre nazioni o organismi sovranazionali e a quelle inerenti le attività dei servizi di sicurezza. La nostra storia recente dimostra che, proprio a riguardo di questi ultimi due temi, l’apposizione sistematica del segreto di stato ha inciso negativamente sia sui rapporti tra l’opinione pubblica e l’esecutivo –si veda, in particolare, la crescente ostilità di quelle popolazioni costrette a convivere sul proprio territorio con basi militari straniere di cui sono ignoti allo stesso parlamento gli atti che all’indomani del secondo conflitto mondiale portarono al loro insediamento –, sia sull’accertamento della verità riguardo a una serie di tragici avvenimenti che sconvolsero la vita del paese negli anni settanta e ottanta del secolo scorso, durante il periodo della cosiddetta “strategia della tensione”, e di cui ancora nulla si conosce per quanto concerne le responsabilità e i ruoli ricoperti da apparati dello stato in seno alle trame eversive che segnarono quegli anni. Eppure sussistono tutti i motivi per rendere finalmente di pubblico dominio la documentazione fin qui secretata: da una parte, il contesto storico e geopolitico che portò all’insediamento delle basi Usa e Nato sul territorio italiano è radicalmente mutato con la fine della “guerra fredda” e della contrapposizione tra i blocchi e, dall’altra, vi è tuttora la necessità di fare piena luce su una serie di orribili stragi rimaste impunite e di rispondere alla sete di verità e giustizia dei familiari di coloro che ne rimasero vittime. Rendere pubblici tutti quei materiali fin qui tenuti segreti sarebbe dunque un dovere morale, prima che istituzionale, storico e giudiziario. In molti paesi, queste stesse motivazioni hanno portato all’emanazione di specifiche normative. Negli Stati uniti la legge che regola la declassificazione dei documenti – il Freedom of Information Act (FOIA), o 5 U.S.C. § 552 – è stata introdotta nel lontano 1966. Essa stabilisce che qualunque cittadino, americano o straniero, possa richiedere la declassificazione di documenti che per motivi di vario genere non siano ancora consultabili. L’amministrazione interessata è obbligata a fornire una risposta che, nel 70% dei casi, è positiva. In caso di risposta negativa, d’altra parte, è possibile ricorrere in appello presso la stessa amministrazione, e spesso l’appello ribalta il primo giudizio. Qualora l’amministrazione si rifiuti, anche dopo il ricorso in appello, di declassificare un determinato documento, è prevista la possibilità di citarla in giudizio. In questo caso il richiedente deve sostenere le spese di una causa giudiziaria il cui esito, però, può essergli favorevole: recentemente un istituto di ricerca privato, il National Security Archive, ha ottenuto in questo modo il rilascio da parte del Dipartimento di Stato di un’importantissima collezione di documenti relativi alla crisi cubana del 1962 che i legali del Dipartimento si erano rifiutati di rilasciare attraverso la normale procedura prevista dal Freedom Information Act.
Alla fine del secolo scorso, le pressioni esercitate dalla comunità degli storici e la fine della guerra fredda, spinsero il Congresso Usa ad approvare una nuova legge, la Public Law 102-138 del 28 ottobre 1991, che ampliava il numero dei documenti suscettibili di desecretazione e, successivamente, nell’aprile del 1995, il Presidente Clinton emanò un Executive Order (E.O. 12958) che incentivava ulteriormente la declassificazione dei documenti da parte delle varie agenzie federali.
La nuova legge stabiliva, infatti, che, a meno che un documento non appartenesse a una delle nove categorie specificamente elencate – piani militari ancora validi riguardanti la sicurezza nazionale del paese, informazioni concernenti i ruoli ricoperti da singole persone all’interno dei servizi di intelligence, segreti aziendali, commerciali e finanziari ottenuti in via confidenziale, dati sensibili sulla situazione sanitaria dei cittadini o che comunque ne potessero ledere la privacy, ecc. – ogni ente governativo fosse tenuto a declassificare automaticamente entro l’aprile del 2000 (cioè entro cinque anni dall’entrata in vigore dell’E.O.) tutta la sua documentazione più vecchia di venticinque anni; inoltre ogni anno ciascun dipartimento, o agenzia governativa, era tenuto a declassificare una quota specifica dei suoi documenti ancora classificati.
E’ importante sottolineare che queste normative si applicavano alla stessa Cia (Central Intelligence Agency), della quale negli ultimi anni è stata resa pubblica una mole enorme di documenti dell’OSS ancora classificati, molti dei quali di straordinario valore storico e politico. La Cia può rifiutarsi di divulgare documenti che contengano materiale relativo alla sicurezza nazionale o alle fonti e agli strumenti per la collezione dell’intelligence, ma è comunque tenuta a rispondere alle domande rivoltele in base al Freedom of Information Act.
L’E.O. 12958, proprio in relazione alle esigenze di tutela della sicurezza nazionale, lasciava alle varie amministrazioni ampia discrezionalità nella valutare l’opportunità di divulgare un determinato documento ma introduceva un principio fondamentale: la desecretazione automatica, dopo 25 anni dalla loro emanazione, di tutti i documenti da esse prodotti, a eccezione di quelli concernenti le nove categorie sopra menzionate. Un lasso di tempo più che ragionevole per far sì che tale divulgazione non pregiudicasse proprio le esigenze correnti di sicurezza. Appare superfluo sottolineare l’opportunità e i vantaggi che un simile criterio apporterebbe in sede storica e di trasparenza istituzionale qualora fosse adottato anche nel nostro paese. Sempre l’ E.O. 12958 introduceva una vera e propria “rivoluzione” nelle procedure di divulgazione dei documenti, predisponendo con gli “Electronic Freedom of Information Act Amendments” del 2 ottobre1996, voluti dal presidente Bill Clinton e raccolti nella Public Law No. 104-231, 110 Stat. 3048, la digitalizzazione e la messa in rete di tutti i documenti suscettibili di desecretazione automatica.
Sempre più paesi nel mondo stanno adottando il Foia. Il 1 gennaio 2005 è entrato in vigore in Gran Bretagna il Freedom of Information Act 2000, che stabilisce nel Regno Unito il diritto dei cittadini a richiedere e visionare i documenti conservati dagli uffici pubblici, come quelli dei dipartimenti governativi, delle scuole, del servizio sanitario, delle forze dell’ordine e delle autorità locali.
Anche in questo caso, ogni singolo cittadino privato, di qualsiasi nazionalità e da qualsiasi Paese, potrà accedere a tutta una serie di dati relativi ad esempio alle modalità con cui si sono fatte certe scelte pubbliche o a come sono stati spesi alcuni fondi statali semplicemente attraverso una richiesta scritta cui l’ufficio destinatario darà risposta entro 20 giorni lavorativi.
Tra la documentazione che sarà oggetto di diffusione pubblica potranno figurare atti istituzionali, attestati sulle prestazioni ospedaliere e mediche, contratti pubblici, studi e ricerche in base ai quali si sono operate delle scelte che hanno avuto peso nella vita dei cittadini, le procedure di pagamento dei funzionari pubblici, in definitiva tutto ciò che potrà avere un interesse pubblico.
Nel caso in cui non si potesse procedere alla pubblicazione dell’oggetto della richiesta il rifiuto sarà debitamente motivato, dimostrando che è maggiore l’interesse temporaneo a tenere riservata l’informazione e a monitorare l’equità e la legittimità di questo processo sarà l’ufficio dell’Information Commissioner che opererà di volta in volta una specifica valutazione.
Per quanto riguarda la Germania, in questi mesi il Parlamento tedesco ha completato l’esame in prima lettura della proposta di legge del 17 dicembre 2004 Freedom of Information, che dispone il diritto di accesso pubblico ai documenti ufficiali della pubblica amministrazione, senza dover dimostrare un interesse particolare all’acquisizione dell’informazione.
La proposta di legge, che stabilisce altresì l’obbligo per gli uffici pubblici a rendere pubblicamente disponibili on line una serie di atti e documenti, prevede che le richieste vengano soddisfatte in modo risoluto e veloce; solo in caso di procedure complesse si pone un tempo limite di 2 mesi.
D’altra parte, su tutto il territorio europeo soltanto Cipro, Malta e Lussemburgo non dispongono ancora di una legislazione sull’informazione.
In Italia, la situazione è confusa e, per certi versi, paradossale. La legge dal titolo “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” (legge 7 agosto 1990, n. 241), aveva innovato profondamente le regole sul procedimento amministrativo e aveva introdotto il principio della trasparenza e del diritto di accesso dei cittadini alle informazioni che li riguardano. Essa è stata modificata molte volte e, da ultimo, dalla Legge 11 Febbraio 2005 , n. 15 (“Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”).
La legge 241, all’articolo 22, primo comma, recita: “ Al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge”.

Nulla di paragonabile al diritto di accesso imposto dal Freedom of Information Act Usa, ma comunque un primo passo nella direzione della pubblicità degli atti di governo. La norma, tuttavia, è stata sistematicamente disapplicata da molte amministrazioni, anche col pretesto della poi sopravvenuta normativa sulla tutela dei dati personali.
Ma è l’articolo 24 che vanifica, di fatto, la reale utilità di un simile provvedimento, quando, al comma 1, recita: “ Il diritto di accesso è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, per quelli relativi ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall’ordinamento”.
Al fine di adeguare la nostra legislazione a gran parte di quelle europee e internazionali, il presente progetto di legge propone di rimuovere il segreto di stato gravante su tutti i documenti prodotti dalle amministrazioni, dagli organi dello stato e dagli apparati di sicurezza e di intelligence, una volta che dalla loro emanazione siano trascorsi 25 anni, adottando un automatismo simile a quello previsto dal Freedom Informaton Act Usa.

TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE

Articolo 1
(Principi)

1. Al fine di promuovere la massima trasparenza nell’attività degli organi dello stato e dei suoi apparati di intelligence e di sicurezza nazionale e a integrazione di quanto disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche, si prevede il diritto d’accesso, per qualunque cittadino italiano o straniero che ne faccia richiesta, a tutti i documenti fin qui coperti da segreto di Stato ai sensi dell’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, per quelli relativi ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni, dalla cui redazione siano trascorsi almeno 25 anni.
2. Rimangono coperti da segreto di stato esclusivamente quei documenti la cui divulgazione possa arrecare attuale pregiudizio alla sicurezza nazionale o possa ledere il diritto alla privacy di singole persone.

Articolo 2
( Responsabile del procedimento)

1. E’ istituita un’apposita unità organizzativa, denominata Commissione per la desecretazione degli atti di stato, responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale.
2. La commissione è presieduta da un funzionario dello stato ed è composta da due senatori e due deputati designati dai Presidenti delle rispettive Camere, quattro funzionari pubblici, quattro docenti universitari di ruolo in materie storiche e giuridico-amministrative, quattro esponenti della società civile con funzioni di controllo e garanzia. La Commissione è nominata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri.

Articolo 3
( Istruzione e modalità del procedimento)

1. E’ riconosciuto a chiunque vi abbia interesse l’accesso a qualsiasi documento prodotto da amministrazioni pubbliche, enti e organi di sicurezza dello stato, la cui emanazione risalga ad almeno 25 anni prima, senza che la sua richiesta debba essere motivata.
2. È considerato documento ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche a uso interno, formati dai soggetti menzionati al comma 1.
3. L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.
4. La commissione è tenuta in ogni caso, entro il termine di 30 giorni, a esprimere un parere sulla richiesta presentata, anche nel caso intenda ad essa opporre un rifiuto, che deve essere motivato e circostanziato.
5. Il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini.
6. In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti.
7. La commissione procede, a prescindere dalle richieste presso di essa inoltrate, alla desecretazione d’ufficio di tutti i documenti la cui estensione risalga ad almeno 25 anni.
8. La commissione è tenuta a pubblicare con scadenza semestrale una relazione sull’attività svolta, a darne massima diffusione nonché a predisporre tutte le iniziative dirette a rendere effettivo il diritto d’accesso.
9. La commissione è tenuta a disporre tutti i necessari procedimenti organizzativi per la digitalizzazione dei documenti desecretati e per la loro pubblicazione in internet.
10. La commissione è rinnovata ogni tre anni