Premette che i suoi «sono ragionamenti molto malinconici». Alberto Asor Rosa, intellettuale “storico” della sinistra comunista, era a Chianciano, sabato scorso, e ha ascoltato l’intervento di Fausto Bertinotti. In un clima – racconta – «pessimo». E per lui ancor più doloroso perché, come nei flashback cinematografici, ha visto scorrere di fronte agli occhi scene già vissute nel passato e che si spera di non dover rivivivere mai più: «Le contrapposizioni, come è accaduto in altre esperienze storiche del movimento operaio, si sono trasferite anche nella sfera dei sentimenti e dei risentimenti, determinando un clima poco piacevole anche per uno spettatore esterno come me».
La politica sembrava sopraffatta dal conflitto emozionale e personale… È quel che sempre accade quando un piccolo partito discute della propria esistenza. Ho sentito risuonare echi della frantumazione del Psiup, non a caso uscito anche quello da una sconfitta elettorale che l’aveva messo al di fuori del parlamento. Oppure la discussione nei gruppi minoritari, negli anni 60 e 70.
Il successo finale di Ferrero?
Ha prevalso la componente “comunista” che ritiene che il messaggio comunista sia ancora all’ordine del giorno nel Ventunesimo secolo. E – cosa che mi ha colpito, perché a questa discussione, anni fa, avevo partecipato anch’io – rifiuta il rifiuto del 900. Il lavoro, la classe operaia. No, loro sono in linea con quella storia.
Dunque?
È una strada senza via d’uscita. Che prelude ad altre spaccature interne. Per formare questa maggioranza, i nostalgici – di cui ha parlato positivamente Mantovani – si sono coalizzati, indipendentemente poi dalle linee di fuga di cui ognuno di loro è portatore. Gli altri – tra contraddizioni, errori – hanno abbozzato molto timidamente una prospettiva di rinnovamento. Ma l’errore è proprio in questa timidezza.
Nello sbattersi in faccia accuse e risentimenti, si è perfino avvertita una polemica dagli accenti vagamenti “leghisti”: prima del congresso sui presunti brogli in Calabria, poi in certi discorsi congressuali… Io non ho nessun motivo per pensare che ci siano stati brogli come la maggioranza uscita vincente dal congresso aveva denunciato. Certo, è un dato strano che le tre regioni in cui un partito che si chiama Rifondazione comunista è più forte siano Calabria, Campania e Puglia. C’è qualcosa che non funziona alla radice. L’equazione classe operaia-movimento comunista avrebbe dovuto apportare a maggior forza in centri operai del nord, dove invece Rifondazione non esiste più. Questa contrapposizione rivela un ulteriore elemento strutturale di debolezza.
L’altro punto polemico è la ripetizione del solito vecchio schema dei duri e puri contro i complici del sistema…
Questo mi è sembrato secondario rispetto alla spaccatura più rilevante. Quella rappresentata dalle prospettive politiche del partito: se rinchiudersi su se stesso e rafforzarsi nel sociale, oppure aprirsi a una politica di confronti e alleanze che arriva al sociale passando attraverso il politico. Certo, c’è stata anche una virulenta contrapposizione alle gerarchie e si sono sentiti interventi critici sull’eccesso di esposizione televisiva, sulla frequentazione dei salotti piuttosto che delle fabbriche… Il problema è che queste critiche, anche se portano in una direzione sbagliata, non sono del tutto infondate. Una “borghesizzazione” del gruppo dirigente in effetti c’è stata.
Come uscire, ora, dalla crisi?
Penso che siano due partiti. I cui sviluppi futuri non riesco a intravedere. Il livello di comunicabilità è bassissimo. Dal punto di vista delle strategie, delle prospettive, delle alleanze, sono due corpi che, se non rinunciano a portare avanti ognuno il proprio discorso, vanno in due direzioni neppure parallele ma opposte.
Da una scissione potrebbe derivarne una nuova aggregazione con la sinistra di Claudio Fava, con i verdi ecc. È possibile. Il povero Nichi è stato costretto ad attenuare al massimo la parola d’ordine della costituente di sinistra perché questo gli avrebbe procurato ulteriori fastidi. È chiaro che, se non è l’arroccamento ferreriano, l’unica prospettiva è quella della costituente di sinistra, non so con quale successo, a questo punto. Ma è una strada pressoché obbligata.
Per farlo, ci vuole un leader.
Perché vuoi essere così crudele con la parte in causa?
E l’intervento di Bertinotti?
Pessimo. Almeno una volta nella vita ognuno di noi dovrebbe sentire il dovere, sentirsi coinvolto nell’autocritica. Lui è angelico, il peccato non lo tocca. E dà la linea. Capito?
Eppure ha riscosso un’ovazione…
È stata un’ovazione altrettanto organizzata del Bandiera rossa in onore di Ferrero.
Era però anche il saluto a un leader.
Non va dimenticato che Rifondazione, con Bertinotti, è stato un partito tipicamente leaderistico.
E adesso?
Bisogna che ne trovino un altro. Se non ne trovano un altro, sono finiti, su tutti e due i versanti.