Brutta guerra intestina in Rifondazbne, cronache dal mondo dei vinti

Il mondo dei vinti è un mondo dove ciò che era rancore sotterraneo è esploso, dove la scarsa comunicabilità è diventata totale incomunicabilità, dove le parole hanno un peso diverso che nelle normali situazioni. Rifondazione comunista è l’esatta rappresentazione di ciò che resta in un mondo di vinti. La sciagura non affratella, diciamo, anzi fa spuntare i coltelli (politici), spinge alle accuse tenute in serbo per anni e anni. Fausto Bertinotti, il leader a lungo vantato come carismatico – e anche gli avversari interni lo hanno a lungo sostenuto; “Non mi piace, ma è l’unico che può fare il segretario” – nei corridoi del partito è ora oggetto feroci di battutine. Giusto qualche militante ancora invia calorosi messaggi di saluto all’ex presidente della Camera. (“Il Partito comunista non può finire così. Non andartene. Non ci puoi lasciare in mano a questi cialtroni e a quegli illusi”), ma tutti i dirigenti, anche i bertinottiani più accesi, sanno che una storia si è chiusa – e se dovesse andar male anche la storia di tutto il partito. Nel mondo dei vinti, il sospetto ha già da tempo ceduto il passo all’accusa. Esemplare, quello che nelle ultime ore è avvenuto sulle pagine di Liberazione tra Ramon Mantovani e Franco Giordano, a riprova di ciò che a metà marzo prevedeva il quotidiano diretto da Piero Sansonetti: “E’ cominciata la resa dei conti”. Ha accusato Mantovani in un’intervista: “Durante la campagna elettorale Giordano, Vendola, Migliore e con loro altri dirigenti hanno proposto il superamento di Rifondazione”. Gente che “si apprestava a compiere altri atti irreversibili senza aprire alcuna discussione nel partito”, il giorno dopo, la replica secca, feroce, dell’ex-segretario. “Sono francamente allibito per il livello in cui è scaduto il dibattito all’interno del nostro partito”, fa sapere Giordano. Che accusa il compagno Mantovani di dire “bugie”, anzi: “Condurre la lotta politica cercando di demolire gli avversari a colpi di calunnie è un metodo antico nella storia dei partiti comunisti”. Poi l’accusa più perfida: “Non mi stupisce che a simili armi faccia ricorso un qualsiasi Marco Rizzo, ma credevo che Rifondazione avesse superato, nel corso di un lungo e sofferto percorso, questo stadio”. Certe cose accadono nel mondo dei vinti. Dove i residui seguaci del leader contestano l’elezione di un portavoce (di che? dicono) nella persona di Maurizio Acerbo, dove i dispetti si sommano alle accuse, dove quelli dell’Ernesto definiscono “demenziale” l’idea di un altro leader carismatico. E tutto ciò pare solo l’inizio. Un vecchio
“saggio” del Prc come Sandro Curzi, consigliere di amministrazione della Rai, vista la piega del dibattito ha mandato una lettera a viale del Policlinico per informare che non avrebbe partecipato alla riunione del Comitato politico. “Ormai la situazione all’interno è drammatica – confida – le lacerazioni impressionanti. Scontri non di linea politica, ma adesso scontri personali”. Sospira, Curzi: “Non riesco a capire l’odio che c’è tra le persone. E’ chiaro che non c’è più un colloquio, un lungo tratto di tragitto in comune…”. Per molti, nel partito, lo scontro tra Mantovani e Giordano è il segno di una situazione che rischia di diventare, anche nei rapporti umani, difficilissima da gestire. Raccontano: “Il problema è che qui da noi il personale e il politico sono rimasti gli stessi. Raramente nella vita due che militano in correnti diverse diventano amici. E’ difficile da immaginare, per dire, a cena insieme Mantovani e Migliore… Non è vero, come sosteneva Bertinotti, che le diversità di opinioni arricchivano Rifondazione: ne hanno minato l’azione…”. E’ un tempo difficile, c’è un’aria strana nel partito. Che su Liberazione, poeticamente, Frida Nacinovich sintetizza: “Come il polline di primavera, anche qui, nel quartier generale di Rifondazione comunista a viale del Policlinico, c’è qualcosa che gira nell’aria…”. Sorride il direttore del giornale. “Sul piano dei rapporti personali, non ho avvertito nessun cambiamento. Ho avvertito più ostilità quando abbiamo criticato Cuba”. Ma lì, un partito comunista c’è ancora.