In questi momento, tutti i pretesti sono buoni per seminare il terrore fra la maggioranza sciita nel Bahrein. Mentre l’élite espressa dalla minoranza sunnita gestisce il paese sotto la tutela degli Stati Uniti ed ha represso violentemente con l’aiuto dei Sauditi l’insurrezione popolare del febbraio scorso, accusata di essere manipolata dall’Iran, i deputati della fazione sunnita salafita Al-Asalah chiedono al governo di incriminare i loro colleghi sciiti del partito al-Wefaq per alto tradimento… Ma il tradimento che attribuiscono ad al-Wefach non è collegato all’Iran. Costoro accusano i deputati di questo partito di avere incontrato i diplomatici americani durante la rivoluzione. In tal modo, ciò consente di stigmatizzare gli eletti sciiti sia come filo-iraniani che come filo-americani e di chiedere l’interdizione del loro partito.
Le testimonianze sulla brutalità della repressione nel Bahrein sono estremamente circostanziate.
Soprattutto le atrocità commesse negli ospedali dove venivano curati i feriti, e le torture inflitte al personale medico dell’ospedale Salmanyia rappresentano un particolare che i media occidentali hanno passato sotto silenzio. In un dispaccio di un’agenzia francese, una dottoressa sciita racconta di essere stata interrogata dalla polizia e poi torturata: “Bendata e ammanettata, la dottoressa che dichiara di essere sempre stato apolitica, si è dichiarata sconvolta per il fatto di avere ricevuto scariche elettriche alla testa. La donna è stata in seguito gettata sul pavimento, gambe all’aria, e severamente picchiata sui piedi con quello che le è sembrato un cavo elettrico o un tubo”. Sotto la minaccia di essere violentata, ha infine accettato di firmare una confessione, in cui riconosceva di avere voluto il rovesciamento del regime e ha dovuto subire un’incarcerazione di 20 giorni. Altri medici donne hanno subito le stesse umiliazioni. Mentre gli uomini arrestati sono ancora in prigione senza sapere quale trattamento gli sarà riservato.
Anche numerosi deputati e avvocati sciiti, e responsabili di ONG sono stati arrestati e incarcerati in condizioni estremamente brutali. Il deputato Jawad Fairooz ha visto trenta uomini mascherati e armati di fucili mitragliatori fare irruzione a casa sua nella sera del 2 maggio, ed è stato incarcerato. Mattar Ebrahim Mattar, un altro deputato dimissionario, è stato prelevato e torturato. Anche il deputato sunnita moderato Waad Ebrahim Sharif è stato arrestato da un commando di quaranta uomini e violentemente picchiato in prigione. Peraltro tutti sono partigiani della monarchia costituzionale, a differenza del repubblicano Hassan Mushaima del partito Haq, rientrato dal suo esilio a Londra malgrado il suo trattamento contro il cancro, e che è stato pure arrestato e incarcerato in condizioni inumane.
L’editorialista del grande quotidiano indipendente Alwasat Mansoor Al-Jamri e due suoi colleghi che avevano rivolto un appello per negoziati tra il monarca e i manifestanti sono stati anch’essi arrestati. In totale centinaia di persone sono già dietro le sbarre (su una popolazione di meno di 700.000 abitanti). Gli studenti hanno dovuto firmare un impegno “a non organizzare né a partecipare a eventi e attività che nuocciano alla reputazione del Bahrein a livello nazionale e internazionale”. Chi rifiutasse di firmare verrebbe escluso dall’università.
I media e le organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo in Occidente non si sono mobilitati per le vittime della repressione a Manama. I governi restano inerti. Il presidente Obama ha criticato verbalmente la repressione e in particolare la distruzione di una ventina di moschee sciite, dichiarando: “I cristiani copti devono avere il diritto di praticare liberamente la loro religione al Cairo, esattamente come gli Sciiti non devono vedere le loro moschee distrutte nel Bahrein”. Ma nessuna sanzione è stata prevista. A Londra, il primo ministro James Cameron si è anche offerto il lusso di una stretta di mano davanti al 10 di Downing Street con il principale responsabile della repressione, lo sceicco Salman ben Hamad al-Khalifa in visita ufficiale. Sul Bahrein vige la legge del silenzio.