Brucia anche l’Algeria!

Rivolta del pane e lavoro, brucia Tunisia e Algeria. Il malessere e’ soprattutto dei giovani senza lavoro e potrebbe estendersi anche all’Egitto dove cresce il fermento per la mancanza di democrazia e la crisi economica

Che la cosa sia grave lo testimonia l’annullamento di tutte le partite del campionato di calcio in programma per ieri e oggi. Dall’inizio dell’anno in Algeria si registrano scontri dovuti al forte rincaro dei prezzi dei generi di prima necessità e ai problemi legati alla mancanza e precarietà di case, ma anche a più generali rimostranze di tipo politico e sociale – come l’alto tasso di disoccupazione, ufficialmente all’11% ma intorno al 25% -, che covano sotto la cenere. Gli incidenti sporadici di prima si sono andati intensificando a partire da mercoledì scorso e ieri si sono ripetuti, come ci si aspettava, dopo la preghiera del venerdì nonostante un forte dispiegamento di forze anti-sommossa di fonte alle mochee. Gente comune, giovani e giovanissimi di 10-12 anni (in Algeria il 75% degli abitanti ha meno di 30 anni) sono scesi in strada attaccando i negozi e bruciando copertoni e cassonetti dell’immondiazia, lanciando pietre contro i poliziotti che hanno risposto con i gas lagrimogeni.

Scontri e incidenti sono segnalati a Costantina, Orano, Bejaja, Annaba, Tizi Ouzou (capoluogo dell’indocile Cabilia berbera), Tipaza, Djelfa, Ouargla, Blida, Tabessa (al confine con la Tunisia), oltre che in diversi quartieri di Algeri , fra cui anche quello emblematico e popolare di Bab el-Oued, l’epicentro del movimento di protesta del 1988 – «la guerra del cous cous» – che poi sfociò nella micidiale e sanguinosa insorgenza islamista degli anni ‘90. Scene di rivolta e di guerriglia urbana. Il governo non ha fornito dati ufficiali, ma arresti e feriti sono molti.

Il governo del presidente Bouteflika e dell’Fln – la cui politica autocratica d’élite è uno degli obiettivi della frustrazione e della rabbia popolari – sta cercando di contenere l’ondata di protesta e ha convocato un consiglio dei ministri per oggi nel tentativo di correre ai ripari e frenare il forte aumento dei prezzi di principali prodotti alimentari. Dall’inizio dell’anno i prezzi di zucchero, olio, farina e cereali sono aumentati fra il 20 e il 30%. Il ministro del commercio, Mustafa Benbada, ha annunciato che abolirà la tassa introdotta su quei generi alimentari nella speranza di riportare i prezzi ai livelli precedenti. Il ministro della gioventù Hachemi Djiar, ha lanciato un appello ai giovani «a dialogare in modo pacifico» e a resistere ai «tentativi di manipolazione». Incombe lo spettro dell’insurrezione islamista degli anni ‘90 e del radicamento del ramo maghrebino di al Qaeda, come pure delle recenti rivolte nella vicina Tunisia dell’immarcescibile presidente a vita Zine al Abidine Ben Alì (un idolo dell’occidente e degli organismi finanziari).

Un sintomo è l’arresto del n.2 del disciolto «Fronte islamico per la salvezza» (Fis), Ali Benhadj. Secondo i media algerini, Benhadj, avrebbe avvicinato i giovani manifestanti tentando di cavalcare la protesta come avvenne nelle rivolte popolari dell’ottobre ‘88. Il leader islamico, noto alla fine degli anni ‘80 per le sue prediche infuocate nelle moschee, era stato arrestato nel 1992, dopo lo scioglimento del Fis, e aveva scontato 12 anni prima e poi un altro anno. Graziato dal presidente Abdelaziz Bouteflika, ha il divieto di rilasciare dichiarazioni politiche e partecipare a manifestazioni pubbliche. Il figlio, Abdelkader, si è arruolato in al Qaeda per il Maghreb islamico e, secondo alcune voci, sarebbe stato ucciso durante l’ultima operazione anti-terrorismo in dicembre nella Cabilia.

Nel Maghreb l’incendio si sta estendendo dalla Tunisia all’Algeria. A Tunisi il 17 dicembre sono cominciati gli incidenti e almeno 3 persone sono state uccise, giovedì è stato arrestato un popolare rapper, Hamada Ben-Amor, autore di una canzone critica con Ben Alì, e sono segnalati cyber-attacchi a sostegno della protesta. In Tunisia fra l’83 e l’84 scoppiò «la guerra del pane» che portò alla caduta del vecchio Bourghiba e aprì la strada al golpe di palazzo di Ben Alì nell’87. Dopo più di 20 anni di «pace sociale» (leggi repressione) e di «forte dinamismo economico», anche in Tunisia sembra che la rivolta cominci a divampare.