Brescia, il trauma scuote anche Rifondazione

«Ho sempre lavorato per l’unità della sinistra sindacale, con «Essere sindacato», con Lavoro e società e, più in generale, nell’esperienza della Camera del lavoro di Brescia. L’esito dell’operazione che ha portato all’elezione del successore di Dino Greco, con la sinistra divisa su due candidati, è che altri hanno incassato il risultato. Ne prendo atto con rammarico politico e personale e ne traggo le conseguenze». Le conseguenze di Graziano Fracassi, segreteria uscente della Cdl, sono le dimissioni prima ancora della scadenza naturale del mandato, a ottobre: «Ho la fortuna di avere un posto di lavoro all’Inps dove riprenderò servizio. Ho sempre inteso il mio impegno nel sindacato come una scelta politica e non per occupare un posto di lavoro. Vorrei che i compagni che hanno fatto insieme il percorso di questi anni alla Camera del lavoro continuasse, il mio messaggio non è certo “tutti a casa” ma un normale gesto di coerenza». Anche il segretario uscente Dino Greco, pur con l’amarezza che accompagna una sconfitta non scritta nei numeri, manda ai suoi compagni lo stesso messaggio: l’impegno continua, pur dentro un paradosso: le «due sinistre» bresciane, che al congresso della Cgil avevano avuto la maggioranza dei voti degli iscritti, hanno consegnato la Cdl alla destra, minoritaria nei numeri congressuali. 52 voti su 117 a Fenaroli, come abbiamo scritto ieri, 36 a Fracassi e 18 al candidato della Fiom Galletti che ha rifiutato qualsivoglia accordo con Fracassi e persino i voti della sinistra della Cdl.
Il trauma bresciano ha forti risvolti politici. Il primo è che il nascente Partito democratico ha occupato una casella importantissima nel puzzle della Cgil, grazie all’aiuto volontario o involontario di chi si colloca o dice di collocarsi alla sua sinistra. Per segnare una netta discontinuità nella gestione della Camera del lavoro ha lavorato innanzitutto la segretaria della Cgil Lombardia, Susanna Camusso (origini socialiste, schierata con Sinistra democratica al congresso Ds).
Ma anche Rifondazione ha svolto un ruolo, anzi più ruoli, nel ribaltamento dei risultati congressuali. Tanto per dirne una, il segretario del Prc bresciano Osvaldo Squassina (ex segretario della Fiom) si è dimesso proprio per le polemiche legate alla successione a Dino Greco. Nicola Nicolosi, coordinatore nazionale della componente programmatica Lavoro e società, ha un suo punto di vista preciso. In realtà un’accusa pesante nei confronti di Maurizio Zipponi, l’ex sindacalista bresciano diventato dirigente nazionale del Prc nonché responsabile per il lavoro. «Do un giudizio nettamente negativo sulla rottura nella sinistra sindacale bresciana che ha riconsegnato la Camera del lavoro di Brescia alla destra, interrompendo una storia iniziata nel ’91. Nel ’99 Lavoro e società era entrata in una maggioranza programmatica con una posizione netta sul 23 luglio, la legge Dini sulle pensioni, il pacchetto Treu e Greco fu eletto segretario. Questo cammino s’è interrotto per responsabilità soggettive. In particolare, Maurizio Zipponi si è comportato anche in questa vicenda come un ras di provincia, governa a distanza ma finge di non entrarci, ha favorito la presentazione dei un candidato civetta della Fiom. E inaccettabile che per divisioni familiari e conflitti personali si sia gettata alle ortiche un’importante esperienza di sinistra. Colpisce poi che chi da sindacalista si batteva per l’autonomia del sindacato, da dirigente politico riscopra la consunta cinghia di trasmissione. A questo esito ha contribuito l’atteggiamento spregiudicato della segretaria regionale Camusso».
Oggi a Roma lo scontro precipiterà nel Comitato politico di Rifondazione comunista, di cui tanto Nicolosi quanto Zipponi fanno parte.