BRASILE: L’ETANOLO MINACCIA LA FRONTIERA AMAZZONICA

L’Amazzonia è minacciata dall’etanolo. Il biocarburante del futuro, estratto dalla canna da zucchero, vive un boom straordinario nel Brasile del presidente Lula, indicato nel mondo come «l’Arabia Saudita verde». Ma il moltiplicarsi a dismisura delle piantagioni di canna ha già raggiunto la più grande foresta del pianeta. La produzione brasiliana di etanolo dall’alcool di canna da zucchero è la maggiore del mondo. Originarie degli stati di San Paolo, Minas Gerais e del Nord-Est (Bahia, Pernambuco), le piantagioni di canna si sono estese a macchia d’olio alla regione centrale brasiliana (Goias e Mato Grosso do Sul), e spingono adesso i loro tentacoli dal Mato Grosso verso il cuore dell’Amazzonia. L’etanolo è di gran moda: il Brasile per primo ha mostrato che il suo parco macchine può andare con motori «flex» che usano indifferentemente benzina o alcool di canna da zucchero come carburante. Tutte le piantagioni di caffè, di arance, di caucciù, che diversificavano il paesaggio dell’interno di San Paolo sono scomparse: la canna è diventata una monocoltura immensa che si sviluppa sempre più in ogni angolo del gigante sudamericano. E ha già superato la «frontiera agricola» disegnata a difesa del mare verde amazzonico. Nell’Acre, ai confini con la Bolivia e il Perù, sono sorti dal nulla a spese della foresta dei «canaviais» (piantagioni di canna) che produrranno l’anno prossimo tre milioni di tonnellate di canna da zucchero. Roraima, regione amazzonica ai confini col Venezuela, ha in progetto di sfruttare le sue zone naturali di savana con piantagioni di canna. La canna mista alla soia sta invadendo il Parà verso Belem, il porto sull’estuario del Rio delle Amazzoni. A Presidente Figueiredo, città 100 chilometri a nord di Manaus, capitale dell’Amazzonia brasiliana, la «Jayoro» è già la maggiore agroindustria amazzonica. La ditta ha accordi con la Coca-Cola dal 1996 e sta aumentando la sua produzione di ‘guaranà, un frutto amazzonico da cui si produce una delle bibite più gettonate in Brasile. Ma per produrre etanolo sta per estendere gli oltre 4 mila ettari destinati finora alla canna per lo zucchero delle bibite nella fabbrica della Coca-Cola a Manaus. Quest’anno produrrà già 7 milioni di litri di biocarburante. È braccio di ferro fra il ministro dell’agricoltura, Reinhold Stephanes, e il ministro dell’ambiente, la figlia di ‘seringueiros’ (raccoglitori di caucciù, di gomma naturale) dell’Acre, Marina Silva. Il primo ammette la produzione di canna nella foresta amazzonica: la Silva invece non ne vuole sapere. Si deciderà qualcosa di definitivo dopo la prima metà dell’anno prossimo, ma ci sono indicazioni che il governo del presidente Luiz Inacio Lula da Silva è intenzionato a liberare progetti agroindustriali in aree dell’Amazzonia. A trattenere ancora la diffusione della canna nella più grande selva pluviale del pianeta c’è il fatto che mentre ogni ettaro produce a San Paolo 110 tonnellate di canna da zucchero, un ettaro strappato alla foresta amazzonica ne produce solo 80. E ogni tonnellata in Amazzonia rende al massimo 90 chili di zucchero, mentre nelle altre regioni più temperate la resa arriva anche a 135 chili per tonnellata. Ma non importa: la corsa all’etanolo e l’ossessione di coltivare canna ovunque sia possibile, coinvolge tutti i produttori del Brasile, Amazzonia inclusa.