Botto in fabbrica, è strage

Decine di persone, familiari, parenti e amici, sono accasciate ai bordi di una piccola stradina di campagna che ripida e stretta si inerpica sulla montagna. Uomini rannicchiati che piangono come bambini tenendosi la faccia tra le mani perché quassù a Gragnano, a pochi passi da Castellammare di Stabia, si conoscono tutti. La fabbrica era poco lontano, quel che resta dei poveri corpi di Aniello e Alfonso Novellino, e di Alberto Tartaglione, è sparso tutt’attorno, nel raggio di qualche centinaio di metri. Nella macabra ricerca dei resti del titolare dello stabilimento, di suo nipote e di un operaio, un piede carbonizzato è stato ritrovato in un campo. Solo uno dei tre è stato ritrovato carbonizzato, irriconoscibile, ma intero. A «proteggerlo» sarebbe stato un muro divisorio. Probabilmente si trattava di Aniello Novellino, il nipote del proprietario, riconosciuto solo grazie a una catenina d’oro.
Il fitto cordone della polizia impedisce a chiunque di avvicinarsi al luogo dell’esplosione. Attorno all’edificio raso al suolo ci sarebbero ancora botti inesplosi, troppo pericoloso avvicinarsi. Tra gli alberi sono impigliati migliaia di frammenti di quella che fino a poco prima era una fabbrica e che danno l’idea dell’entità dell’esplosione. Sembrano palloncini colorati, sono invece tanti pezzi del puzzle che componeva i tre opifici. Al posto della fabbrica ora c’è una voragine. Sembra Baghdad, è invece Gragnano, Italia. A pochi passi, la penisola sorrentina, di là dai monti quella amalfitana.
Il botto, tremendo, udito a km di distanza e che a molti ha fatto pensare a un’eruzione del Vesuvio, è avvenuto attorno alle 17. Ma a tarda sera i medici ancora non erano riusciti a ricomporre i corpi degli altri due morti.
«Una scena terrificante», dicono i vigili del fuoco che scendono dalla collina anch’essi con le lacrime agli occhi. Il tronco di uno dei due uomini – potrebbe essere Antonio Tartaglione – è stato ritrovato su un albero. Del terzo, Alfonso Novellino, non si riescono a recuperare parti del corpo abbastanza grandi da poterlo identificare. I soccorritori raccontano di aver ritrovato resti di cadavere nella campagna a più di 200 metri di distanza dal luogo del disastro. Sono cinque i feriti, non gravi. Uno di loro si è salvato solo grazie alla buona sorte: si era infatti allontanato per prendere un caffè. Nessuno dei testimoni ha voglia di raccontare quanto ha visto e sentito. L’odore dei materiali bruciati è acre, ma nella campagna è calato un silenzio innaturale rotto solo dalle sirene dei vigili del fuoco e dalle camionette degli artificieri che per salire fino in cima devono prendere la rincorsa evitando di travolgere le persone accalcate.
Tutti aspettano notizie con l’ansia di poter avere qualche brutta sorpresa. Diego Marmo,il procuratore di Castellammare, esclude che ci possano essere altre vittime, ma mette le mani avanti e usa il condizionale: «Ci sono grosse difficoltà nei soccorsi. A quanto mi riferiscono la fabbrica era a norma, aveva da pochi giorni ottenuto le autorizzazioni, ma devo ancora controllare».
«Ci lavoravo anch’io tanti anni fa – racconta uno dei tanti accorsi dopo l’esplosione – era una famiglia che faceva questo da anni, campavano con quello che guadagnavano». «Siamo stati allertati da decine di telefonate – raccontano i medici del 118 – siamo arrivati dopo 7-8 minuti dalla prima fortissima esplosione. Nella fabbrica c’erano fuoco e fiamme e decine di scoppi minori che si susseguivano».
«Una tragedia che ritorna nella famiglia Novellino – racconta Carmine Perino della Flai-Cgil – vent’anni fa c’era stato un altro scoppio con un morto, cinque anni dopo persero la vita in due e ora una nuova tragedia. Nel vesuviano i fuochi d’artificio li producono in vere e proprie fabbriche con una dimensione d’impresa. Da noi, invece, sono ancora un’attività familiare. Ma maneggiare polvere pirica è molto pericoloso, ci vorrebbero norme più severe».
La fabbrica era rimasta a lungo chiusa perché non a norma. Poi, pochi giorni fa, era arrivata l’autorizzazione della prefettura per ricominciare a lavorare con una nuova ragione sociale. Siamo a ridosso dei festeggiamenti per il mese mariano e la produzione procedeva a ritmi forzati. Tantissimo il materiale accumulato, al punto da risultare difficile che possa essere stato accatastato in così poco tempo. «Non so come la prefettura possa aver dato il via libera – prosegue l’assessore regionale al Lavoro Corrado Gabriele (Prc) – Siamo in cima a una viuzza stretta vicino a delle case, dove non è possibile prestare soccorso in modo adeguato. Il parlamento deve approvare la nuova normativa sul lavoro ma, soprattutto, ci vogliono più controlli».