Boom grandi opere

Porti, aeroporti, strade, ferrovie, elettricità e acquedotti. Il grande business del futuro è nelle infrastrutture. Secondo uno studio della Banca mondiale, l’economia globale è destinata a crescere con una media del 2,7% all’anno fino al 2010. E di pari passo aumenterà il fabbisogno infrastrutturale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo asiatici e dell’Europa orientale, che non potrà essere coperto da bilanci nazionali in passivo. La soluzione? Fondi d’investimento privati. Nello specifico, la Banca mondiale stima che nei prossimi quattro anni la spesa privata in infrastrutture raggiungerà i 1.362 miliardi di dollari. Quattrini che fanno gola a molti, soprattutto alle grandi banche d’affari internazionali. La prima a costituire un fondo chiuso specializzato in infrastrutture è stata l’australiana Macquarie Bank. E il suo esempio è stato seguito da Goldman Sachs, Ubs, Deutsche Bank e Caisse de dèpots. In Italia, ci ha pensato il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, il quale ha ideato il Fondo italiano per le infrastrutture, il primo fondo chiuso d’investimento italiano che ha come scopo prioritario il finanziamento delle infrastrutture.

I pionieri australiani
Nel settore delle infrastrutture la Macquarie Bank è un vero e proprio pioniere. L’istituto di credito ha maturato una significativa esperienza in virtù di una prassi consolidata in Australia, dove il governo predilige rivolgersi al capitale privato per finanziare le opere pubbliche. Si tratti di autostrade o di aeroporti, di ponti o di dighe. Secondo Jim Craig, presidente della filiale europea della Macquarie, le infrastrutture rappresentano un’area di investimenti in grado di assicurare una buona redditività ai propri investitori, grazie a imprese che possono contare su profitti stabili nel tempo. Non è un caso che nel mondo siano stati già investiti ben 20 miliardi di euro in 90 progetti differenti, attraverso fondi accessibili anche ai piccoli risparmiatori con un investimento minimo iniziale di 20mila euro.
Craig si dice convinto che presto questo sistema di finanziamento si estenderà in modo massiccio anche in Europa. Per questo motivo l’istituto di credito australiano ha lanciato di recente sulla borsa di Amsterdam (listino Euronext), dopo i successi raccolti in America e in Asia, un fondo che investe in infrastrutture. Ma non solo: dietro l’acquisto della Baa, la società di gestione degli scali aeroportuali inglesi, operato dagli spagnoli della Ferrovial c’è la consulenza della banca australiana, la quale, proprio in Inghilterra, è riuscita a mettere le mani sulla Thames Water, la società che distribuisce l’acqua all’intera città di Londra.

L’indice Infrax
Non esistono, comunque, solo fondi d’investimento dedicati al settore delle infrastrutture. Goldman Sachs e Ubs hanno addirittura creato degli indici di borsa ad hoc. La banca d’affari americana ha introdotto sul mercato, insieme alla Berenberg Private Capital, l’indice azionario Infrax, costituito dalle principali società del mondo attive nel settore delle infrastrutture, dove i trasporti pesano per il 40%, l’energia per il 30, le costruzioni per il 20 e l’acqua per il 10. E, insieme all’indice, la Goldman Sachs ha lanciato anche un Etf (Exchange Trade Fund) che ne replica l’andamento.
L’equilibrio interno è stato derivato dalle previsioni della Banca mondiale per il periodo che va dal 2005 al 2010. Per essere annoverati nell’Infrax, le imprese (al momento sono cinquanta) devono vantare una capitalizzazione di borsa di almeno 1 miliardo di dollari, e negli ultimi 4-12 mesi una media di scambi giornaliera di 10 milioni di dollari. L’indice azionario di Ubs risale allo scorso luglio. Il gigante del credito svizzero ha lanciato l’Ubs Infrastructure Indec, che nell’ultimo semestre del 2006 ha realizzato una performance di oltre il 22%.

Il Fondo italiano
Insomma, il settore è maturo e promette guadagni. Quale occasione migliore per rilanciare le grandi opere in Italia? Nelle scorse settimane il governo Prodi ha presentato il Fondo italiano per le infrastrutture (in sigla: F2i). I suoi azionisti sono la Cassa depositi e prestiti, Banca Intesa-San Paolo, Unicredit e Lehman Brothers, con quote del 14,3% ciascuno, le Fondazioni Cariplo, Mps e Crt con quote del 5,7%, le Fondazioni di Bologna, Cuneo, Forlì, Padova e Rovigo con l’1,45 ciascuna e la Cassa geometri con il 2,9%. I mezzi finanziari messi a disposizione da queste istituzioni sono all’incirca 1 miliardo di euro. E una somma simile dovrebbe arrivare attraverso Citibank, la banca incaricata della raccolta. Altri 8-10 miliardi di euro, infine, dovrebbero provenire dal mercato del credito. E’ già pronta la Sgr (società di gestione del risparmio) che gestirà il patrimonio del fondo, il quale opererà prevalentemente nelle infrastrutture nazionali, attraverso l’acquisizione di quote o l’acquisto di partecipazioni. Il via è previsto entro l’estate, dopo che sarà arrivato l’ok di Bankitalia.
Ma l’attivismo del governo non si ferma all’Italia. Il tema delle infrastrutture è stato al centro della recente missine governativa e confindustriale in India. Per le infrastrutture, ha detto il ministro del Commercio estero Emma Bonino, il Governo di Delhi prevede 320 miliardi di investimenti nei prossimi sei anni, diretti ai grandi lavori per il tessuto urbano e alle opere che favoriscono il turismo. Una ricca torta, pronta a scatenare forti appetiti.