Caro Piero,
a proposito delle contestazioni a Giuliano Ferrara nelle piazze delle città dove si reca a propagandare i suoi messianici e provocatori appelli alla vita (in particolare a Bologna) non mi pare propio il caso di tirare in ballo la non-violenza. Che è una categoria teorica e politica molto seria, sulla quale in Rifondazione Comunista si era aperto un dibattito importante soprattutto su proposta di noi femministe e pacifiste ben prima del congresso di Venezia. E’ verissimo che Giuliano Ferrara cerca le contestazioni e gli scontri per far notizia, ed è altrettanto vero, come ben dice Gaia Giuliani su “Liberazione” di oggi 4 aprile, che senza le contestazioni sarebbe rimasto in piazza con dieci persone, come è vero che la scelta della Rete delle donne di Bologna di astenersi dalla piazza è sicuramente una scelta politica comprensibile e per certi versi saggia; ma altrettanto penso che le contestazioni dei centri sociali e dei collettivi femministi hanno reso visibile la protesta e il dissenso verso lo squallore della iniziativa di Ferrara. E’ davvero triste rendersi conto che una parte delle tasse che paghiamo vada a finanziare gli straordinari per i reparti anti-sommossa che, inviati a proteggere Ferrara nelle piazze italiane, si lasciano andare a manganellare le ragazze. Io penso che le contestazioni siano del tutto legittime, quando non diventano aggressioni fisiche, e che marchiarle come violenza appartiene alle ideologie securitarie che si vanno diffondendo anche a sinistra; perciò tirare in ballo la non-violenza mi sembra un fuor d’opera. Contestare Giuliano Ferrara è ben diverso dal gridare “Una, cento, mille Nassyria”, siamo seri. Anche contestare Benedetto XVI alla Sapienza è stata una scelta saggia.