Bologna, quegli affitti in nero nel regno della “legalità”

Su alcuni terreni scivolosi occorre muoversi con prudenza, oppure, se si vuole indagare a fondo, tirare fuori dei numeri, bisogna garantire l’anonimato: è il caso degli affitti universitari, una nebulosa che avvolge con contorni opachi e inquietanti un pezzo consistente dell’economia delle nostre città, assicurando un imponente volume di affari spesso ai limiti dell’illecito.
A Bologna la situazione è fuori controllo. Proprio ieri la Cisl ha chiesto l’istituzione di una task-force per contrastare il mercato clandestino degli affitti: 70.000 famiglie “in nero”, 22.000 immobili sfitti che fanno schizzare in aria i prezzi e alimentano le speculazioni. Ma è il bacino universitario quello dove si lucra di più, e dove è più difficile dimensionare il problema. Ci ha provato un’inchiesta condotta dagli studenti della scuola di giornalismo, da cui emerge che i “malvagi”, nella città della legalità, della lotta senza quartiere agli abusi inaugurata dal sindaco Cofferati, per una volta non sono i rom o chi beve fuori orario, ma i miti (e furbissimi) padroni di casa. E qui non c’è ruspa o sgombero che tenga, perché stare in nero conviene a tutti.

E proprio sotto le due Torri, nel cuore della fabbrica del rigore, salta fuori che la metà degli affitti non è in regola. Dei 350 “fuorisede” che hanno risposto ad un questionario anonimo distribuito in zona universitaria solo 180 hanno dichiarato di aver firmato un contratto registrato; 83 hanno sottoscritto un impegno senza valore legale, mentre 87 hanno confessato di non aver siglato alcun accordo. Sommando queste due ultime voci, che configurano entrambe situazioni di irregolarità, si arriva al 49%. » la metà oscura degli affitti universitari, quella che tutti segretamente conoscono, magari, e tutti tollerano: zona franca del mercato nero dei posti letto, ulteriore ferita di una città che domina a stento le proprie contraddizioni, tra circoli opulenti e disagio estremo, rentiers con seconde e terze case, galline dalle uova d’oro, e una massa di “occupanti” senza diritti e senza nome.

A dividersi le responsabilità sono sia i locatori che gli studenti, i quali ricorrono al subaffitto per far dimagrire le spese per l’alloggio. Il tutto dietro il silenzio complice dei padroni di casa. A confermare l’alto tasso di illegalità c’è anche la voce relativa alle modalità di pagamento: alla fine del mese un terzo degli affittuari consegna denaro contante senza avere indietro alcuna ricevuta. E gli intervistati puntano il dito contro i proprietari degli alloggi, perché in più della metà dei casi è proprio loro l’iniziativa di agire in nero. E anche quando la decisione è concordata, sono i padroni a trarne maggior profitto, intascando i soldi sottobanco ed eludendo il fisco. Talvolta commettendo delle ingenuità: in oltre la metà degli appartamenti le bollette per luce, gas e telefono sono intestate agli studenti, anche a quelli che non hanno formalmente alcun titolo ad occupare l’alloggio. Basterebbe una verifica incrociata tra le utenze e i contratti di locazione registrati (quelli, cioè, sui cui si pagano le imposte) per fare uscire allo scoperto le situazioni di irregolarità. Il fatto è che inquilini e padroni di casa si sentono relativamente al sicuro, perché i controlli della autorità sono complessi e farraginosi, e non proprio frequenti.

«Il motivo per cui molti proprietari non siglano contratti regolari è perché non trovano sufficientemente appetibili i vantaggi fiscali del contratto concordato per studenti» dicono dal Sunia.

Allo stato, l’unico modo per fare emergere l’illecito è la denuncia da parte dello studente: cosa che avviene di rado perché quasi mai un fuorisede è disposto ad affrontare battaglie legali, non avendo tempo, interesse e possibilità.

E poi c’è la nota dolente dei prezzi e della sistemazione in alloggi talora fatiscenti. Meno della metà degli studenti può permettersi il lusso di occupare una stanza tutta per sé, con cifre che arrivano anche a 500 euro. Due terzi dei fuorisede abitano in una casa con almeno quattro persone; di questi, una porzione rilevante (il 24%) ha ammesso di sopportare condizioni da caserma pur di pagare un pò meno, convivendo con più di cinque inquilini. Case che talvolta si trasformano in veri e propri dormitori: in qualche caso sette, otto persone. Colpa del mercato nero dei posti letto e della prassi incontrollata del subaffitto – confermano i sindacati degli inquilini – ma anche della connivenza dei proprietari di casa che chiudono un occhio pur di avere entrate assicurate e un ricambio “autogestito” da parte degli studenti.

Chissà che dopo la prova muscolare contro la potentissima lobby dei lavavetri, il Comune non trovi il tempo di occuparsi anche di questo.