A Bologna la cosiddetta “questione giovanile”, è stata molte volte -in questi ultimi anni- al centro del dibattito politico cittadino, senza però che contemporaneamente e concretamente venissero realizzate efficaci politiche risolutive dei diversi problemi presenti sul territorio in merito a tale questione. E’ ovvio che parlare di questione giovanile a livello politico, spesso è fuorviante e retorico, soprattutto perché gli interventi da praticare devono essere riferiti a determinati ambiti (studenti, precari, lavoratori, migranti,etc.), ma è fuor di dubbio che quando discutiamo di giovani e lo facciamo a Bologna, ci troviamo di fronte ad una fetta di popolazione che soffre pesantemente dell’assenza di politiche specifiche e mirate.
I tanti che avevano scommesso sulla giunta Cofferati sono rimasti presto delusi, per gli atteggiamenti di chiusura ed ostilità nei confronti degli spazi sociali autogestiti e liberi dalle logiche del mercato e del profitto, degli eventi e dei momenti in cui il protagonismo giovanile (agito prevalentemente da studenti e precari) si palesava. Si è cominciato con le ordinanze anti-bivacco in piazza Verdi, poi si è passati alle ordinanze anti-alcol, nonché alla repressione di manifestazioni ed iniziative pubbliche in zona universitaria, fino ad arrivare alla chiusura di tanti luoghi di aggregazione che potevano rappresentare per i giovani importanti strutture di socializzazione alternative al degrado, all’abbandono, al “fare branco”. Infatti, oltre ai campi Rom abbattuti con le ruspe, sono state interrotte importanti esperienze che si stavano costruendo attraverso percorsi di autogestione e di riappropriazione di spazi culturali e sociali, restituiti temporaneamente alla città: Livello 57 e Metrolab sono solo alcuni esempi di questi luoghi chiusi con la forza, ma anche significative tappe che hanno portato all’ultimo sgombero dello scorso agosto, quello del Laboratorio occupato Crash.
Tutto ciò avviene in una città nella quale sono praticamente inesistenti gli spazi di socialità non a pagamento (ad esempio sale prova per fare musica, palestre, centri sportivi, scuole di ballo, cinema, teatri, etc… gratuiti o quantomeno a prezzi popolari) ed i centri giovanili dei quartieri non esistono più. Se poi aggiungiamo che, puntualmente, da parte dell’amministrazione comunale non vengono mai stanziati fondi sufficienti per sostenere le politiche giovanili, ci rendiamo conto di quanto la situazione sia complessa. Occorre dunque interrompere al più presto la spirale “legalità – repressione” soprattutto per quanto riguarda il modo di affrontare le politiche giovanili. I problemi relativi al degrado ed al disordine urbano (spaccio, traffico, inquinamento acustico, etc…) non si possono automaticamente associare ai giovani studenti fuorisede, ai precari ed ai migranti. I soggetti in questione devono essere considerati ed inclusi a pieno titolo nella vita sociale, culturale e politica di Bologna, una città che conta decine di migliaia di studenti e lavoratori fuorisede (in gran parte precari) e che non possono più essere considerati una dimensione estranea e sommersa, da tenere nascosta e da spremere soltanto economicamente (si pensi al caro-affitti…). Allo stesso modo non è più possibile avallare la logica perversa che vede contrapposti gli interessi ed i bisogni dei cittadini residenti contro le esigenze e le istanze dei fuori-sede. Non si risolvono i problemi chiudendo i luoghi della socialità ed impedendo aggregazione. In questo modo si ottiene soltanto una militarizzazione della quotidianità di migliaia di giovani ragazze e ragazzi.
Il Prc ed i Gc a Bologna stanno ponendo queste istanze al sindaco ed alla città, una città che vogliamo diversa e che speriamo si mobiliti nei prossimi giorni in maniera efficace contro l’autoritarismo e la repressione, a difesa dei diritti e degli spazi sociali.