Bolkestein, via libera dalla Commissione

Arriverà oggi al parlamento europeo, di scena a Strasburgo, il memorandum della Commissione europea sulla direttiva Bolkestein. Atteso per tutto il mese di marzo, il testo arriva preceduto da una serie di messaggi fra i parlamentari e i commissari dell’Unione europea, i primi desiderosi che il compromesso uscito dalla plenaria del 16 febbraio scorso non fosse stravolto, i secondi in bilico fra quella versione e l’originaria uscita proprio dalla Commissione ai tempi di Prodi. Alla fine, sembrerebbe che la Bolkestein a firma popolare e socialista abbia tenuto salvo piccole, ma non insignificanti, variazioni.
La mano più pesante dell’esecutivo comunitario si è abbattuta sulle libere professioni, fino adesso escluse dal campo d’applicazione della direttiva sui servizi: «L’esclusione dei servizi legali è accettata solo nella misura in cui essi sono governati da altri strumenti comunitari» recita invece il memorandum della Commissione. Una modifica che interesserà anche i notai, specificatamente salvati dall’europarlamento ma non dalla Commissione che fissa il principio secondo cui «la deroga riguarda soltanto le specifiche attività che coinvolgono una specifica e diretta partecipazione all’esercizio dell’autorità pubblica e non l’intera professione in quanto tale». Una modifica che certamente farà piacere a tutti coloro che, Gue in testa, chiedevano la liberalizzazione delle professioni piuttosto che dei servizi. Ma la Bolkestein è nata proprio per aprire il mercato europeo dei servizi e su questo punto nulla, o quasi, cambia dal voto di Strasburgo. L’articolo 16, quello all’origine delle proteste e delle manifestazioni di sindacati e lavoratori di tutto il continente non subisce modifiche e così la formula del “principio del paese d’origine” non rientra dalla finestra come alcuni temevano. Resta quindi la formula blindata dal compromesso fra popolari e socialisti, la «libera circolazione dei servizi» giro di parole fumoso che poco aiuta a capire. Gli stati membri continueranno perciò ad avere l’ultima parola di fronte ai prestatori di servizi stranieri, ma potranno spenderla solo in presenza di ragioni «necessarie, proporzionate e non discriminatorie».

Cambia qualcosa nel campo d’applicazione con l’introduzione dei servizi di interesse economico generale, dato che, scrive il commissario al mercato interno Charlie McCreevy «la direttiva non dispone la liberalizzazione di tali servizi o la privatizzazione degli enti che li forniscono, né si occupa del loro finanziamento o degli aiuti di Stato». Per il resto, tutto come prima con i servizi di interesse generale di natura non economica che si sono salvati, così come quelli sociali e sanitari. Rimangono in attesa di novità le agenzie di lavoro interinale e i servizi privati di sicurezza che hanno fatto, e stanno facendo, non poca pressione per entrare nel campo d’applicazione della direttiva.

Oggi il memorandum esplicativo arriverà ai parlamentari che non saranno chiamati a votarlo di nuovo ma che sicuramente non avranno molto da ridire su quanto scritto dalla Commissione. Già un minuto dopo le votazioni di Strasburgo infatti era nato una sorta di feeling fra assemblea ed esecutivo, con il presidente Barroso e McCreevy che si affrettavano ad assicurare il recepimento delle modifiche del Parlamento. Nei giorni successivi in realtà qualche dubbio era sorto tanto che la relatrice, la socialista tedesca Evelyne Gebhardt, si era sentita in dovere di scrivere a Barroso per ricordargli le promesse. Il presidente dell’esecutivo si è trovato così stretto fra due fuochi, con l’Unice (la Confindustria europea) che gli stava tirando la giacca dalla parte opposta per impedire che la nuova Bolkestein vedesse la luce. Alla fine la sconfitta sembra riservata agli industriali, anche se è veramente difficile capire chi trarrà vantaggi da questa Bolkestein pasticciata.