Bolivia, parla il vice di Morales Garcia Linera «Pagheremo le riforme con il gas»

“Nazionalizzeremo il gas. Lo faremo per gradi. Abbiamo bisogno dei profitti dell’industria degli idrocarburi per rivoluzionare questo Paese». Alvaro Garcia Linera parla con il tono del capo.
La Bolivia ha eletto il primo presidente indigeno della sua storia: Evo Morales, indio aymara, sindacalista dei coltivatori di coca e leader del Movimento al socialismo, simbolo del movimento indigeno. Ma sarà il sociologo ex guerrigliero Alvaro Garcia Linera, dalla vicepresidenza, a decidere la regia del governo. E’ lui che ha gestito l’intera campagna elettorale, è lui che ha garantito i voti della classe media bianca di La Paz ed è lui che temono le imprese internazionali che commercializzano il gas estratto dai giacimenti boliviani (la seconda riserva latinoamericana dopo quella venezuelana). Bianco, quaranta anni, studi in Messico, cinque anni passati in carcere come dirigente della guerriglia Tupak Atari, Linera si definisce «un marxista puro». Promette «una rivoluzione con guanto di velluto». Con quali soldi pensa di finanziarla? Con la vendita del gas. Negozieremo nuove condizioni con le imprese straniere degli idrocarburi. Da lì otterremo le risorse per investire nel sociale. Un primo piano d’emergenza è pronto: provvedimenti economici di impatto immediato che riguardano le banche e l’occupazione. Per questo i soldi già ci sono. Le politiche di lungo periodo le finanzieremo cambiando i contratti con le imprese di idrocarburi: dovranno essere semplici contratti di servizio. E se le compagnie non accettassero di rinegoziare contratti già firmati? Noi offriamo regole chiare. Tutela degli investimenti e dei profitti. Questo garantiamo alle imprese straniere, ma nulla di più. Nessuna intromissione nelle leggi dello Stato sarà tollerata, nessuna possibilità di interferenza. La sovranità è nostra. Non escludo misure dure nel caso in cui non cooperino. Potrebbero denunciare la Bolivia, chiedere un arbitrato internazionale. Vi esponete a questo rischio?
Sì, non è conveniente per loro denunciare la Bolivia. Lo Stato è il proprietario degli idrocarburi e non ha mai esercitato un controllo reale sullo sfruttamento del gas. La regole al momento sono fittizie, esistono solo sulla carta. Non escludo interventi diretti contro due imprese straniere che hanno compiuto reati nelle Stato boliviano, è probabile che sarà necessario occupare le loro installazioni. Le imprese straniere non sono proprietarie delle risorse naturali che utilizzano. Lo Stato le paga per i loro servizi. Il gas è un bene pubblico. Questo principio è innegoziabile. Le imprese straniere presenti in Bolivia dovranno comprenderlo, senza eccezioni.
E Petrobras? Sono dell’impresa pubblica brasilana del petrolio i maggiori investimenti stranieri in Bolivia. Avete intenzione di trattarla come Repsol e Total?
Personalmente penso che la presenza di Petrobras in Bolivia sia eccessiva. Ha in mano una ricchezza equivalente al 20% del Pil. Ovviamente ci manterremo flessibili per non rimanere strozzati internazionalmente. Non metteremo mai in forse la somministrazione di gas al Brasile, né i profitti di Petrobras.
In campagna elettorale avete promesso inclusione sociale. Come pensate di realizzarla?
Molti hanno votato il Mas solo grazie a un processo di identificazione con il suo candidato presidente. Lo so. Il movimento indigeno ha una antica avversione alla sinistra classica in Bolivia perché giustamente la ritiene ostile al nazionalismo indigeno. Ha votato il Mas perché chiede un cambiamento radicale dello stile di gestione del potere e del modello economico. Noi costruiremo uno Stato multiculturale. Garantisco la presenza di indigeni nei ministeri e forme di autogoverno delle comunità indigene. Garantisco un crescente utilizzo delle lingue indigene negli atti ufficiali.
Per i cambiamenti strutturali si deve passare attraverso una costituente. Sarà convocata entro sei mesi.
Come affronterete la questione la richiesta di autonomia avanzata dalla ricca regione di Santa Cruz? Santa Cruz avrà l’autonomia.
Uno Stato davvero multiculturale è basato sull’autogoverno regionale con base territoriale e con base culturale etnica dei popoli indigeni. E’ l’importazione del modello belga. Vogliamo la combinazione delle due forme di autogoverno».
Santa Cruz non chiede autonomia sul piano culturale: vuole gestirsi autonomamente le risorse di gas del suo territorio.Cosa rispondete?
Avrà autogoverno e decentramento amministrativo. Quello che mai accetteremo, qualsiasi cosa succeda e a qualsiasi costo, è che sia messa in discussione la proprietà pubblica delle risorse naturali. Utilizzeremo tutta la forza dello Stato e tutta la capacità di mobilitazione di cui disponiamo»
Che fine farà il Trattato di libero commercio in discussione con gli Stati Uniti?
Lo rinegozieremo. Non lo rifiutiamo apertamente. Lo rinegozieremo al fine di garantire l’esportazione dei nostri prodotti tessili, ma a patto che sia garantita anche l’attività economica dei contadini e degli artigiani che potrebbe essere duramente colpita dal Tlc. Proteggeremo la piccola impresa e il lavoro familiare.
Come intende intervenire nel conflitto in corso con l’impresa Agua de Intillimani per la fornitura dei servizi idrici?
L’ideale è che alla lunga se ne vada. Sostituita da una impresa pubblica. Un’impresa, però, non una gestione comunitaria. Quello che la gente chiede è che l’acqua sia garantita e sia a basso costo. Non favole di autogestione.
Non teme le aspettative generate nella popolazione indigena?
Non crede che la cultura politica insurrezionale così diffusa in Bolivia possa travolgere il governo de Mas come ha travolto i due precedenti?
Non mi spaventa la spinta popolare al cambiamento. Sapremo conquistare il radicalismo indigeno con la convocazione dell’assemblea costituente e con la nazionalizzazione degli idrocarburi. In Bolivia avverrà un ricambio delle elite dirigenti. E questo processo va governato perché non avvenga attraverso processi violenti.