Hosni Mubarak ha ammesso che al referendum popolare di lunedì scorso hanno votato ben pochi egiziani: il 27% per le autorità, appena il 5% per l’opposizione e le organizzazioni per la difesa dei diritti civili. Ciò che invece il presidente egiziano non ha riconosciuto è che i 34 emendamenti, approvati in poche ore, dopo un dibattito inconsistente, dall’Assemblea del Popolo dominata dai deputati del suo partito (Pnd), hanno introdotto nella stessa Costituzione le gravi violazioni dei diritti umani e politici già contenuti nella legge d’emergenza in vigore dal 1981 che il «rais» ora intenderebbe revocare.
Le proteste accese delle opposizioni laica e islamica, che hanno boicottato il voto e, probabilmente, convinto gran parte dell’elettorato a non recarsi alle urne, non hanno però spinto Mubarak a fare un passo indietro. D’altronde ben pochi governi hanno reagito a quanto è avvenuto e il presidente egiziano ancora una volta sente di poter fare ciò che vuole nel suo paese. Il Segretario di stato Usa, Condoleezza Rice, dopo aver timidamente criticato l’approvazione degli emendamenti, si è poi corretta affermando che ogni paese «ha la sua democrazia». Tace anche il governo italiano, preoccupato evidentemente di non turbare le relazioni con un partner economico e commerciale importante come l’Egitto.
Le opposizioni, in testa il movimento «Kifaya», in ogni caso non intendono arrendersi e promettono di proseguire la battaglia politica. Ne abbiamo parlato con Diaa Rashwan, analista indipendente del «Centro studi strategici Al-Ahram» del Cairo ed esponente di un gruppo consistente di intellettuali e studiosi che si battono contro le violazioni dei diritti umani e politici in Egitto.
Il presidente Mubarak è contento di aver vinto il referendum ma ammette che hanno votato in pochi.
Il suo imbarazzo è giustificato perché la partecipazione reale al voto si è aggirata tra il 5 e il 10% e non del 27%, come è stato comunicato ufficialmente dal governo. E’ probabile che l’intento delle autorità fosse quello di dimostrare che anche senza la supervisione dei giudici le operazioni di voto si sono svolte in modo corretto e con una buona affluenza alle urne. Ma così non è avvenuto e l’atteggiamento dell’elettorato rappresenta un giudizio di condanna nei confronti degli emendamenti alla Costituzione approvati dall’Assemblea del Popolo. L’opposizione, a mio avviso, è riuscita a far capire che il referendum si sarebbe svolto del tutto fuori dal controllo dei cittadini e che non avrebbe avuto senso votare. E che andare alle urne avrebbe contribuito ai disegni del governo. In definitiva tutti hanno capito che l’approvazione degli emendamenti è frutto soltanto delle solite attività del Pnd per conto del regime e nulla più.
Mubarak però va avanti, incurante delle critiche e se fino ad oggi le elezioni in Egitto, tranne i referendum, sono state monitorate dai giudici, ora invece con l’emendamento all’articolo 88 della Costituzione il potere giudiziario non avrà più alcun ruolo di supervisione e garanzia. A controllare le elezioni saranno presunti «comitati indipendenti» di nomina governativa. Cosa può fare adesso l’opposizione?
Senza dubbio il regime ha ottenuto, nonostante critiche e condanne, ciò che voleva. L’opposizione da parte sua ha fatto la scelta giusta invitando i cittadini a boicottare il voto e ora non può fare altro che continuare la sua battaglia. E’ evidente che i Fratelli musulmani e le altre forze politiche egiziane laiche e di sinistra devono necessariamente trovare un terreno di lotta politica comune se vogliono avere un peso in questa fase. Queste formazioni politiche non devono dimenticare che alle ultime elezioni parlamentari (2005), gli islamisti sono stati votati da un milione e 300mila cittadini (contano 88 deputati nell’Assemblea del Popolo, ndr) che uniti ai voti ottenuti dagli altri gruppi dell’opposizione fanno circa 2 milioni. Sono tanti in un paese dove pochi vanno a votare e i risultati elettorali sono manipolati. Quindi devono agire subito, perché il tempo a disposizione è poco. In due settimane il Parlamento è in grado di completare le nuove leggi sulla base degli emendamenti. L’opposizione deve continuare a boicottare in ogni modo il processo avviato dal regime e pensare alla organizzazione di altre forme di protesta.
Se le nuove leggi in materia di elezioni, sistema politico interno e di sicurezza nazionale verranno approvate, si attende un aumento della repressione?
Non è facile fare previsioni in questa fase. Quello che le autorità vogliono ora è garantirsi il controllo totale del paese con l’aiuto della Costituzione e delle leggi. Forse non spingeranno subito sull’acceleratore ma presto le cose potrebbero peggiorare e gli egiziani dovranno decidere da che parte stare.