Bobby Sands, un patriota irlandese

Non ci potrà mai essere pace in Irlanda fino a quando l’oppressiva, potenza straniera britannica non sarà rimossa lasciando tutto il popolo irlandese come un un’unità che controlla i propri affari e determina il proprio destino come un popolo sovrano, libero nella mente e nel corpo, separato e distinto fisicamente, culturalmente ed economicamente

(Bobby Sands, 1954 – 1981)

Questo 5 maggio ricorre il trentesimo anniversario della tragica morte di Bobby Sands, patriota irlandese, avvenuta dopo 66 giorni di sciopero della fame nel carcere di Long Kesh nell’Irlanda del Nord.
Robert Gerard “Bobby” Sands nacque il 9 marzo 1954 ad Abbott Cross, nel distretto di Newtownabbey, alla periferia settentrionale di Belfast. L’Irlanda del Nord dove crebbe il giovane Bobby era segnata da una profonda discriminazione, da parte delle istituzioni, nei confronti della componente cattolica della società irlandese. Nel 1951 il governo di Sua Maestà Re Giorgio VI d’Inghilterra con il Pubblic Order Bill, proibì qualsiasi manifestazione che non fosse orangista, ovvero sostenitrice del protestantesimo e dell’unione con la Gran Bretagna. Tre anni dopo il Parlamento nordirlandese approvò anche il Flags and Emblems Act, provvedimento che mise fuori legge il tricolore irlandese facendo divenire reato la semplice esposizione del vessillo durante le manifestazioni o all’esterno degli uffici pubblici. La trasgressione di tale disposizione poteva comportare la condanna sino ai cinque anni di carcere. Questo provvedimento rimase in vigore per oltre trent’anni, fino al 1987. Nel 1922 venne abolito il sistema elettorale proporzionale per sostituirlo con uno legato alla proprietà e al reddito. Gli industriali e i proprietari immobiliari ottennero un voto plurimo proporzionale ai loro guadagni e al numero di case e terreni posseduti, mentre alle classi meno abbienti o ai nullatenenti, che nella maggior parte dei casi erano cattolici, venne negato anche il diritto di partecipare alle elezioni. Le prime elezioni locali a suffragio universale nei 26 distretti dell’Irlanda del Nord si svolgeranno solamente il 30 maggio del 1973. Il sistema di potere istaurato dal governo unionista nell’Ulster non era dissimile da quello dell’apartheid sudafricano. Non a caso il ministro della giustizia del Sudafrica razzista John Vorster affermò che avrebbe volentieri rinunciato a tutte le leggi d’emergenza del suo paese «per un solo articolo della legge sui poteri speciali del nord Irlanda». [1]
All’età di sette anni Bobby è costretto ad abbandonare insieme alla famiglia la propria abitazione, a causa delle violente intimidazioni degli orangisti contro la popolazione cattolica e nazionalista.
Si trasferisce dunque a Doonberg Drive, nel quartiere di Rathcoole.
Il 29 gennaio del 1967, a seguito delle violenze del Ulster Volunteer Force, gruppo paramilitare lealista che si era reso protagonista di numerosi omicidi di cattolici irlandesi a partire dal giugno del 1966, nacque il Movimento per i diritti Civili (Northern Ireland Civil Rights Associations, NICRA). Le sue richieste erano abbastanza semplici: diritto di voto per tutti, diritto alla casa, abolizione delle discriminazioni sul lavoro e delle leggi repressive. La scelta del Movimento che si ispirava a quello dei neri d’America era quello di manifestare per le strade in maniera non violenta per rivendicare il rispetto dei diritti della popolazione irlandese cattolica. A volte i militanti del NICRA si sedevano sull’asfalto e bloccavano il traffico. La reazione del governo unionista non si fece attendere: le marce organizzata dal NICRA a Dungannon e a Derry nella primavera del 1968 subirono feroci attacchi da parte dei gruppi unionisti appoggiati dalle forze di polizia, nota come Royal Ulster Constabulary (RUC). La televisione trasmise di frequente immagini di poliziotti che colpisvano duramente i manifestanti sulla testa con i loro manganelli. Nonostante ciò il Movimento per i diritti Civili non si diede per vinto ed il 4 gennaio del 1969 gli studenti dell’università organizzarono un’importante manifestazione che avrebbe attraversato tutto l’Ulster, da Belfast a Derry, a sostegno dei diritti civili. Quando la lunga marcia raggiunse i pressi di Derry, dei teppisti armati di spranghe, bastoni e pietre si scagliò violentemente contro la manifestazione. La polizia al posto di intervenire per fermare il massacro, aiutò il gruppo ad attaccare i manifestanti. Tre giorni dopo un gruppo di estremisti orangisti con l’aiuto della polizia mise a ferro e fuoco il quartiere cattolico di Bogside a Derry. La spirale di violenza raggiunse il suo culmine con i famigerati pogromdell’agosto del 1969 quando interi quartieri cattolici a Belfast furono presi d’assalto. Il bilancio fu di 500 case incendiate e oltre 1.500 persone costrette a lasciare le loro abitazioni. Quei tragici eventi e l’arrivo dei soldati britannici in Irlanda del Nord sconvolsero per sempre la vita del giovane Sands.
All’inizio molti cattolici, fra cui la famiglia di Bobby, si sentirono sollevati dalla notizia dell’arrivo dei soldati britannici, poiché si illudevano che li avrebbero protetti dagli attacchi dei gruppi violenti e dalla polizia. Ma scoprirono a loro spese che mentre le bande di protestanti picchiavano la popolazione innocenti l’esercito inglese se ne stava a guardare.
A causa di nuove minacce ed intimidazioni nel giugno del 1972 i Sands furono costretti a lasciare Rathcoole.
Il 30 gennaio di quello stesso anno circa trentamila persone si riunirono a Derry per partecipare alla più imponente manifestazione di massa mai svoltasi nell’Irlanda del Nord. Alle quattro del pomeriggio un reggimento speciale di paracadutisti inglesi armato con mitragliatrici pesanti cominciò a sparare sulla folla che sfilava pacificamente per le vie della città. In quella tragica giornata, poi divenuta nota come la Domenica di Sangue (Bloody Sunday), persero la vita tredici civili mentre altri quattordici rimasero gravemente feriti. Il Bloody Sunday non solo rappresentò la fine del Movimento per i diritti civili, ma portò alla soppressione del Parlamento nord-irlandese di Stormfront da parte del Primo Ministro britannico Edward Heath e all’introduzione del governo diretto da parte di Londra. La maggior parte dei nazionalisti irlandesi perse ogni fiducia nella possibilità di poter cambiare il sistema anti-democratico e settario dell’Irlanda del Nord con mezzi pacifici. All’indomani della Domenica di Sanguemolti giovani decidono di entrare a far parte dell’IRA l’Esercito Repubblica Irlandese.
Fra questi vi era anche Bobby Sands che all’epoca aveva appena 18 anni.
Nell’ottobre del 1972 furono ritrovate quattro pistole all’interno della macchina nella quale si trovava Bobby ed egli venne arrestato per possesso illegale di armi da fuoco.
A causa del suo rifiuto di riconoscere la Corte venne condannato a tre anni e mezzo di detenzione nel carcere di Long Kesh.
Long Kesh era sorta di campo di concentramento pieno di soldati, con i cani che ne controllavano il perimetro. Alti muri e chilometri di filo spinato circondavano la prigione. All’interno era composto da un susseguirsi di aree recintate denominate compounds. Ogni compound ospitava circa cento prigionieri tutti ammassati l’uno sull’altro con appena due letti a disposizione.
All’interno del lager di Long Kesh Bobby incominciò a interessarsi di storia e di politica. Lesse dell’argentino Che Guevara morto a La Higuera in Bolivia per liberare il Sudamerica dal dominio yankee, di Camilo Torres il prete guerrigliero colombiano che con una mano brandiva il vangelo e l’altra il fucile, di George Jackson il rivoluzionario afro-americano membro delle Black Panthers ucciso a causa delle proprie idee e di Geronimo il coraggioso capo-tribù degli Apache che aveva condotto la lotta contro i colonizzatori bianchi che volevano sterminare il suo popolo.
Bobby capì di avere qualcosa in comune con questi straordinari personaggi. Infatti anche lui era in carcere a causa delle sue idee ed il suo popolo soffriva per via dell’oppressione imperialista.
Tuttavia fu la conoscenza di Gerry Adams, poi destinato a diventare il leader del Sinn Féin , il principale partito nazionalista irlandese, tra gli artefici dell’«Accordo del Venerdì Santo» (Good Friday Agreement) del 1998, a imprimere una svolta al percorso politico di Bobby.
Adams fece conoscere a Bobby personaggi come James Conolly, Costance Markiewicz e Liam Mellows che avevano combattuto per l’indipendenza dell’Irlanda. Quest’ultimo in particolare ebbe un ruolo fondamentale nella formazione del pensiero politico di Sands. Nei suoi scritti Liam Mellows aveva illustrato una strategia per fondare una società di tipo nuovo in Irlanda, fondata su i Comitati Popolari, simili ai soviet russi. Il principio che avrebbe dovuto caratterizzare i Comitati Popolari secondo Mellows era l’auto-organizzazione della gente. Per migliorare le proprie condizioni vita una comunità doveva auto-organizzarsi, gestendo autonomamente il territorio in cui viveva e procurandosi da sé le cose di cui necessitava. L’idea dei Comitati Popolari affascinò molto Bobby. Secondo lui questi comitati potevano risolvere i problemi della gente molto meglio di quanto faceva il corrotto parlamento nordirlandese al servizio della Corona Britannica.
Sei mesi dopo il suo rilascio, avvenuto nell’aprile del 1976, Bobby venne arrestato di nuovo. A seguito dello scoppio di una bomba alla Balmoral Furniture Company a Dunmurry, una zona di West Belfast, seguì una sparatoria nella quale vennero uccisi due repubblicani, Seamus Martin e Gabriel Corbett. Nel momento dell’incidente Sands si trovava a bordo di una auto insieme Joe McDonnell, Seamus Finucane e Sean Lavery.
Vennero tutti arrestati in seguito al ritrovamento di una pistola nella loro macchina e poi condotti nel carcere di Castelreagh.
Il centro di interrogatorio di Castlereagh era noto per le violenze che gli agenti procuravano a coloro che avevano fermato. Molti di questi venivano costretti a firmare autoaccuse, già preparate dalla polizia, nelle quali affermavano la loro colpevolezza ancor prima di aver subito l’interrogatorio.
Anche Bobby e i suoi compagni vennero sottoposti a brutali interrogatori. A turno una coppia di agenti li interrogava, tra continui pestaggi e maltrattamenti e tra un interrogatorio e l’altro venivano riportati in cella. All’interno delle celle non vi erano finestre e l’accecante luce al neon veniva tenuta sempre accesa in modo da non riuscir a far più distinguere il giorno dalla notte. Nella cella di Bobby a Castelreagh c’era solamente un letto duro senza ne lenzuola ne coperte. Nulla da leggere. Nessuna possibilità di fare esercizio fisico e ovviamente nessuna possibilità di vedere un avvocato. Nonostante queste barbare torture per sei giorni Bobby rimase in silenzio e si rifiutò di rispondere alle domande dei suoi aguzzini.
Alla fine i poliziotti si arresero e ricondussero Bobby e i suoi compagni alla stazione di polizia di Dunmury dove formalizzarono le accuse contro di loro e li fecero rinchiudere nel carcere di Crumlin Road.
Passò circa un anno prima che Bobby potesse affrontare il suo processo. Fu giudicato da un Diplock Court, una specie di tribunale militare formato da un solo giudice e senza nessuna giuria. Nessuno aveva dubbi che Bobby e i suoi compagni sarebbero stati condannati anche perché si trattava di un vero e proprio processo farsa.
Infatti il giudice pur ammettendo che non vi erano prove del coinvolgimento di Sands e dei suoi compagni nell’attentato, li riconobbe colpevoli.
Vennero condannati a quattordici anni di carcere.
A causa del rifiuto di Bobby di seguire il regolamento indossando le uniformi del carcere, venne sbattuto in una cella di isolamento dove trascorse i suoi primi 22 giorni di carcere. Per 15 giorni fu lasciato completamente nudo al freddo e sottoposto per tre giorni ad una dieta da fame.
Dopo aver scontato il suo periodo di punizione nel carcere di Crumlin Road fu rinchiuso nei Blocchi H di Long Kesh dove si unì ai “blanket-men” ovvero gli “uomini della coperta” che si rifiutavano di indossare la divisa carceraria e si coprivano con una sola coperta per protestare contro i maltrattamenti quotidiani inflittidai secondini.
I sacrifici che i blanket men erano disposti ad accettare erano incredibili: alla fine del marzo del 1978, il lunedì successivo alla festa di San Patrizio, patrono d’Irlanda, i blanket men decisero che non si sarebbero più recati ai bagni né avrebbero pulito le loro celle. In tutta riposta i secondini iniziarono a svuotare i buglioli pieni d’urina e feci su materassi e sul pavimento delle celle. I detenuti furono costretti a convivere con l’urina gli escrementi e i rifiuti.
Convinto che fosse necessario sensibilizzare l’opinione pubblicare circa il trattamento dei detenuti politici irlandesi a Long Kesh, Sands decise a nome dei blanket men di scrivere per il giornale repubblicano «Republican News» e dal febbraio 1979, per «An Phoblacht/Republican News», firmandosi con lo pseudonimo di «Marcella», il nome di sua sorella.
Nell’ottobre 1980, a seguito del fallimento dei colloqui tra il cardinale Tomas O’Fiaich e il Segretario di Stato per l’Irlanda del Nord Humphreys Atkins, Bobby insieme ad altri carcerati si dichiarò disposto ad affrontare uno sciopero della fame. Tuttavia i prigionieri repubblicani preferirono almeno per il momento nominarlo Ceannfort, ovvero rappresentante dei detenuti politici a Long Kesh, sostituendo Brendan Hughes che in quel momento aveva iniziato lo sciopero della fame. Il primo dicembre del 1980 tre detenute del carcere di Armagh iniziano lo sciopero della fame. Il 15 e il 16 dicembre dello stesso anno si unirono ad esse altri trenta prigionieri politici di Long Kesh.
Gli scioperi della fame sortirono l’effetto di scuotere l’opinione pubblica e alla fine gli inglesi furono costretti a riconoscere a Bobby una qualche funzione politica.
Il primo di marzo del 1981 anche Bobby cominciò il suo sciopero della fame. Sperava che questo suo gesto estremo potesse portare il Governo britannico al riconoscimento delle cinque richieste dei prigionieri politici irlandesi. Esse consistevano nel diritto di indossare i propri vestiti e non l’uniforme carceraria, ad essere esentati dai lavori in carcere, di potersi incontrare liberamente con gli altri prigionieri politici durante le ore di svago, di ricevere una visita e una lettera o un pacco alla settimana e alla riduzione della pena così come stabilito per i delinquenti comuni.
Durante i suoi primi 17 giorni di sciopero della fame Bobby annotava tutto su piccoli pezzetti di carta igienica, che era sovente costretto ad tenere nascosti dentro il proprio corpo per non essere scoperto dai secondini.
Lunedì 23 marzo a causa dell’aggravamento della sue condizioni venne portato nell’ospedale del carcere. Il 30 marzo 1981 venne nominato alle elezioni politiche suppletive che si sarebbero svolte nella circoscrizione di Fermanagh/South Tyrone. Ormai il suo nome era noto in tutto il mondo. L’11 aprile 1981 Sands venne eletto deputato al Parlamento di Westminster, ma ormai i suoi giorni erano giunti al termine.
Alle 1:17 di notte di martedì 5 maggio 1981, all’inizio del suo sessantaseiesimo giorno di sciopero della fame, Bobby Sands morì nell’ospedale del carcere di Long Kesh, all’età di 27 anni.
In tutto il mondo si sollevarono voci di sdegno e condanna verso il Governo Britannico. Il sindacato dei portuali di New York annunciò un boicottaggio di 24 ore delle navi britanniche. L’Hindustan Times disse che Margaret Thatcher aveva permesso a un membro del parlamento di morire di inedia, un incidente che non era mai avvenuto “in una nazione civile”. A Milano, durante una manifestazione, 5.000 studenti bruciarono la Union Jack e urlarono “Libertà per l’Ulster”. In Unione Sovietica, la Pravda descrisse l’accaduto come “un’altra tragica pagina della triste storia di oppressione, discriminazione, terrore e violenza in Irlanda”. In Iran il governo islamico decise di cambiare il nome della via in cui si trovava l’ambasciata britannica da Winston Churchill Street a Bobby Sands Street. Nonostante gli sforzi del governo britannico per farlo cambiare il nome rimane tale tutt’oggi.
17 anni dopo la tragica morte di Bobby Sands, Gerry Adams leader dell’IRA, firmò lo storico «Accordo del Venerdì Santo»(Good Friday Agreement), che pose fine al trentennale conflitto nordirlandese, che è costato la vita a circa 3.700 persone.
Tuttavia l’Ulster oggi soffre ancora di gravi problemi sociali. Tutt’oggi è pericoloso per un cattolico attraversare un quartiere protestante di Belfast. I cattolici continuano a essere discriminati nel lavoro e nell’assistenza sociale, mentre il problema dell’alcolismo e del teppismo giovanile è molto diffuso.
Il merito di Bobby Sands e dei suoi compagni è quello di aver compreso che la lotta contro l’occupazione britannica non si doveva ridurre nella mera rivendicazione nazionalistica dell’unione con l’Éire, bensì nella lotta contro l’oppressione sociale e la liberazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il nazionalismo di Bobby e dei suoi compagni non aveva nulla a che fare con quello di certi gruppi di estrema destra che vedono la patria come un luogo da proteggere dall’”invasione” dei migranti provenienti dal Terzo Mondo. La lotta per la liberazione dell’Irlanda del Nord per Bobby doveva iscriversi nel più ampio contesto della lotta contro l’imperialismo mondiale ed il capitalismo. Per questa ragione appoggiò la causa del popolo libanese e palestinese contro il sionismo e la lotta dei sandinisti in Nicaragua e dei guerriglieri salvadoregni contro l’imperialismo yankee. L’internazionalismo infatti non significa affatto negazione delle nazioni, bensì la fratellanza di esse, la loro coesistenza pacifica all’interno di un ordinamento sociale diverso dal capitalismo. Ed oggi la difesa della sovranità nazionale, in particolare dopo la caduta del blocco socialista e l’ergersi dell’imperialismo americano come unica superpotenza mondiale, è diventato un compito di primaria importanza per i comunisti. Ed è per questo che la lotta di Bobby Sands per la liberazione dell’Irlanda rimane un ruolo quanto mai attuale.

[1] Riccardo Michelucci, Storia del conflitto anglo-irlandese, Otto secoli di persecuzione inglese, Odoya 2009, pg.191