Blair dà la caccia ai «traditori»

Londra pensa di rispolverare un vecchio reato e utilizzarlo per i predicatori più radicali
Prima volta davanti al magistrato Tre dei quattro sospettati per i falliti attentati del 21 luglio compaiono in aula: saranno giudicati il 14 novembre. Oggi Issac, il quarto presunto terrorista catturato a Roma, sarà interrogato a Regina Coeli. Riyadh avvertì l’MI6 degli attacchi in Gran Bretagna?

Avolte le vecchie armi possono tornare utili per sconfiggere i nemici più recenti. Così i magistrati britannici ieri hanno ipotizzato di rispolverare un reato inutilizzato da quasi cinquant’anni, accusando i predicatori islamici più eversivi di «tradimento». In attesa che i nuovi reati di apologia del terrorismo proposti la settimana scorsa da Blair vengano trasformati in legge, Scotland Yard e il Crown prosecution service pensano di riutilizzare una fattispecie caduta in disuso dai tempi della seconda guerra mondiale. Il reato, normalmente riservato alle situazioni di conflitto fra Stati, è considerato essere tra i più gravi del codice penale britannico e fino al 1998 poteva portare ad una condanna a morte. Oggi, invece, la pena può arrivare fino all’ergastolo. I primi a poter essere incriminati di tradimento sono tre fra i più discussi predicatori residenti in Gran Bretagna: Omar Bakri Mohammed, fondatore del gruppo al-Muhajiroun; Abu Izzadeen, portavoce di al-Ghurabaa; e Abu Uzair, della Setta dei Salvatori. Tutti e tre i predicatori potrebbero essere accusati di tradimento nei confronti di Sua Maestà per i loro commenti al vetriolo sugli attentati alla metropolitana londinese e sulla jihad in generale. Ieri, un portavoce del ministero della giustizia inglese ha precisato che nessuna decisione finale è stata ancora presa, ma le critiche già fioccavano. Lord Carlile, un avvocato membro della commissione per la revisione delle leggi anti terrorismo, ha dichiarato di ritenere inappropriato l’uso del reato di tradimento in questi casi, indicando che l’incitamento all’omicidio sarebbe una fattispecie più opportuna. Intanto ieri, davanti ai giudici di Sua Maestà sono comparsi tre dei quattro uomini sospettati di aver cercato di far esplodere la metropolitana londinese il 21 luglio. Ibrahim Muktar Said, 27, Yassin Hassan Omar, 24, and Ramzi Mohamed, 23, sono stati accusati di tentato omicidio e possesso di esplosivi. Subito dopo la breve udienza preliminare, i prigionieri sono stati rispediti in carcere dove attenderanno l’inizio del processo, fissato per il 14 novembre.

Oggi a Roma toccherà a Hamdi Issac – il presunto quarto attentatore del 21 luglio – che sarà interrogato dalle autorità britanniche, attraverso la procedura di rogatoria internazionale. Nuove catture nel fine settimana in Gran Bretagna: è giunta la conferma dell’arresto e dell’incriminazione di Manfo Kwaku Asiedu, accusato di essere il quinto attentatore che ha abbandonato la bomba trovata inesplosa in un cespuglio di un giardino a nord ovest di Londra. E quella dell’arresto di Haroon Rashid Aswat, un cittadino britannico deportato domenica dallo Zambia. Inizialmente Scotlad Yard aveva ipotizzato che Aswat potesse essere la mente dietro gli attacchi del 7 luglio. La polizia inglese si era battuta perché il ricercato, accusato anche dall’Fbi di aver cercato di impiantare un campo di addestramento per terroristi in Oregon, fosse deportato in Gran Bretagna e non negli Stati Uniti. Ora che ce l’hanno, però, gli inquirenti dicono che l’uomo sia di importanza marginale alle loro indagini e che presto sarà trasferito in America. L’augurio è che le autorità britanniche non sottovalutino il ruolo di Aswat come hanno fatto con gli avvertimenti arrivati dai servizi segreti sauditi. Secondo quando apparso sulla stampa britannica, infatti, nei primi mesi del 2005, gli 007 di Ryad avrebbero avvertito i colleghi dell’Mi6 del pericolo concreto di attacchi su Londra, basandosi sull’intercettazione di una conversazione telefonica di Kareem al-Majati, uno dei presunti capi di Al Qaeda nella penisola araba. Per il momento non ha invece trovato conferma la notizia, apparsa su alcuni domenicali, secondo cui i capi dell’intelligence britannica avrebbero avvertito Downing Street che il paese rischia di doversi preparare ad una «insorgenza» musulmana in stile iracheno, piuttosto che a episodi di terrorismo isolato.