Bielorussia. Fallisce nuovamente la “rivoluzione colorata”

La Bielorussia di Lukashenko prosegue il cammino all’insegna della sovranità nazionale e redistribuizione del reddito. L’opposizione ricorre alla piazza per nascondere la propria sconfitta.

Come prevedibile il presidente Lukashenko ha trionfato per la quarta volta le elezioni presidenziali in Bielorussia, la sua vittoria ci dice molto, soprattutto nei numeri francamente umilianti per i candidati di opposizione. Lukashenko e alleati (fra cui si annovera il Partito Comunista Bielorusso) ottengono il 79,6% dei consensi mentre nessuno dei 9 candidati alternativi sfonda la soglia del 4%, la partecipazione al voto è stata superiore al 90%, la percentuale più alta di tutto il continente eurasiatico.

L’opposizione ha tentato però la carta della piazza e della delegittimazione del voto, manifestanti hanno tentato di assaltare la sede del governo, nella pretesa dell’annullamento del voto, secondo le autorità sono 600 i fermati a seguito degli scontri fra cui due candidati presidenziali; in serata il presidente confermato ha annunciato che nei prossimi giorni verranno resi pubblici documenti che comprovano gli appoggi internazionali di paesi europei ai disordini così come la loro premeditazione, un sito web che ironicamente si chiamerà wikileaks bielorussa offrirà tutti i documenti raccolti in questi mesi dai servizi segreti su appoggi e preparativi per la destabilizzazione del voto. Una nota di colore l’hanno data alcune agenzia stampa europee che in occasione dei disordini hanno iniziato a parlare di sollevazione popolare e di fuga da Minsk del presidente Lukashenko, questo per non lasciare dubbi sulla farsa e sui suoi mandanti… Del resto gli stessi osservatori internazionali hanno assunto posizioni opposte, quelli procedenti dai paesi extraeuropei hanno certificato la regolarità del voto e degli scrutini mentre quelli dell’OCSE hanno gettato benzina sul fuoco denunciando non tanto irregolarità quanto “metodi non conformi”.

Può apparire singolare che un presidente venga riconfermato con percentuale di voti così alta, che le opposizioni filo occidentali non siano riuscite a presentarsi unite e che il secondo candidato più votato di Lukashenko sia fermo a un ridicolo 2,6% dei consensi… ma il popolo bielorusso ha già avuto modo di assaggiare il frutto marcio del capitalismo col suo primo presidente Shushkevich che affossò l’economia nei suoi quattro anni di governo privatizzando e svendendo ai capitali occidentali le risorse del paese, il popolo bielorusso che subì la disgregazione dell’URSS ricorse ai ripari individuando in Lukashenko un leader che potesse ricostruire il paese su basi socialiste partendo dalla nazionalizzazione dei gioielli di famiglia precedentemente ceduti e strategici per la sovranità e il rilancio dell’economia. In questi sedici anni la guida politica della coalizione di sinistra che vede il partito comunista bielorusso in prima linea nelle scelte sociali ed economiche del paese ha prodotto una redistribuzione del reddito che fanno della Bielorussia la Repubblica ex sovietica con gli standard più alti e qualificati di vita.

Sul piano internazionale la Bielorussia si pone come partnet strategico di Mosca con la quale ha recentemente consolidato un’unione doganale assieme al Kazakistan, la partnership per quanto solida è soggetta a pressioni di varia natura da parte di Mosca che vorrebbe riconosciuto il proprio ruolo egemone e trattare con Minsk in equilibrio non paritetico; anche recentemente frizioni fra i due paesi sono state in merito al prezzo delle forniture di gas, rientrate a fronte di accordi strategici in campo militare e tecnologico.

La Bielorussia in questi anni ha svolto anche un ruolo importante a fianco dei paesi dell’Alleanza Bolivariana (Cuba, Venezuela, Bolivia, Nica.), rafforzando i legami politici e commerciali; recentemente Minsk ha avviato l’interlocuzione per entrare nell’Org. di Coop. di Shanghai, e già da qualche hanno svolge un ruolo strategico in seno al Trattato di Sicurezza Collettivo (TSC) assieme a molti altri paesi exURSS che stanno cercando di controbilanciare l’espansionismo della NATO a est. E’ ovvio che le agitazioni di piazza nascono in primis dagli interessi geopolitici che Minsk sta minacciando col suo ruolo di stato sovrano e percursore di un mondo multipolare che contrasta nettamente con quelli dell’imperialismo occidentale.