Biancaneve socialista e i sei nani di sinistra

Lo spettro del 21 aprile 2002 plana sul primo turno di domenica 22 aprile 2007. Cinque anni fa, la sinistra è stata esclusa dal ballottaggio. Sul banco degli imputati: la sinistra troppo frammentata. Ségolène Royal, che ancora alla vigilia del voto disputa al centrista François Bayrou l’appello al «voto utile», è riuscita ad evitare due candidature concorrenti al Ps (Christiane Taubira per il radicali di sinistra, Jean-Pierre Chevènement per il Movimento dei cittadini), ma non ha potuto impedire il ripetersi della frammentazione della sinistra radicale, che corre con cinque candidati, sei se si aggiungono i Verdi. L’ipotesi di una candidatura unica della sinistra anti-liberista, avanzata dopo la vittoria del «no» al trattato costituzionale del 2005, non è andata in porto. Ogni cappella ha preferito correre con i propri colori, nell’elezione che dà maggiore visibilità pubblica – comizi, presenza sui media – alle formazioni politiche. La sinistra della sinistra, che nel 2002 aveva sfiorato il 20%, oggi è data più che dimezzata dai sondaggi. Nessuno dei sei nani che seguono a sinistra la Biancaneve socialista dovrebbe superare il 5%, mentre la maggioranza è tra l’1 e il 2%. Un problema per Royal, che se sarà al ballottaggio non avrà riserve di voti a sinistra e sarà costretta a rivolgersi al centro.
L’abisso verde
«Se i Verdi scompaiono…». La candidata Verde, Dominique Voynet, è onesta con se stessa e con il suo partito : esiste un rischio concreto che i Verdi spariscano dalla scena politica francese domani. L’ex ministra dell’ambiente di Jospin è quasi patetica quando chiede agli elettori di «non abbandonarla». Nel 2002, l’allora candidato Noël Mamère aveva ottenuto il 5,3% dei voti. Oggi, i sondaggi danno Voynet tra all’1-1,5%. Cosa è successo? C’è chi dice che ad affossare i Verdi, oltre alle polemiche interne e alle lotte tra correnti, sia stato il «patto ecologico» proposto dal noto animatore tv, Nicolas Hulot, l’amico di Chirac che ha costretto i candidati a fare la coda in fila indiana per firmare il «patto». Tutto ecolo, quindi il partito Verde ha perso senso. La campagna di Voynet è stata troppo tecnica, troppo ragionevole, dicono i critici. I Verdi rischiano grosso per le legislative. «Chi può immaginare che il Ps, quando avrà constatato la scomparsa dei Verdi alle presidenziali, darà loro dei seggi alle legislative?» che seguiranno a giugno, si chiede Voynet. I Verdi potrebbero perdere il gruppo parlamentare nella prossima legislatura.
La fine del Pcf
La segretaria del Pcf, Marie-George Buffet, aveva sognato di essere la candidata unica della sinistra della sinistra. Ma le altre componenti non hanno voluto mettersi nelle mani di un partito in inesorabile declino. Così, sui manifesti di campagna la sigla Pcf è piccolissima, quasi invisbile: Buffet si presenta come la candidata «della sinistra popolare e antiliberista». Nel 2002, il Pcf era già sceso al 3,37% con Robert Hue. Domani, rischia di fare peggio. La sola forza del Pcf, un tempo il più grosso partito comunista d’occidente, sono i sindaci della (un po’ ex) cintura rossa parigina. Ma alcuni hanno voltato le spalle a Buffet e appoggiano l’altermondialista José Bové. Altri la sostengono a ritroso. Il Pcf vuole differenziarsi dalla costellazione anti-liberista della sinistra radicale : promette di essere «una sinistra di lotta e di responsabilità», dove per «responsabilità» va intesa la volontà di entrare in un governo con il Ps. «Abbiamo bisogno di una sinistra che vada al potere e che non rinunci» dice Buffet. Ma l’elettorato popolare risponde poco, deluso dalla sinistra plurale e da tutte le esperienze di governo dell’era Mitterrand. Il primo partito operaio è l’astensione, il secondo il Fronte nazionale. Il terzo, la Lcr.
Lcr, leader degli antiliberisti
L’unica formazione della sinistra radicale che ha la speranza di non fare solo della figurazione al primo turno è la Ligue communiste révolutionnaire, che fa parte della famiglia trotzkista. Aveva preso il 4,25% nel 2002 e domenica potrebbe ripetere l’exploit. La Lcr ha una base sindacale solida. Il giovane leader, il «postino» Olivier Besancenot (è laureato in storia, ma fa il postino nella chic Neully, la città dove era sindaco Sarkozy), ha compiuto 33 anni mercoledì. Presenta un programma che riannoda con gli slanci utopici che stanno alla base dei successi passati della sinistra radicale, afferma che «le nostre vite valgono più dei vostri profitti», chiede di proibire i licenziamenti. Ma il leader storico, Alain Krivine, che detta la linea, ha realizzato una svolta della concretezza : «abbiamo deciso una campagna concreta, positiva – dice – Non c’è il basta fare questo o quello utopista. Olivier mostra che essere anticapitalisti è credibile, con l’appoggio di cifre ed esempi». Ma questa concretezza non fa sognare : «uno, due trecento euro!» scandiscono i militanti, per chiedere 300 euro di aumento dello smic (il salario minimo), una promessa che anche Royal ha fatto sua.
L’Ufo Bové
Anche José Bové ha sognato di essere il candidato unico della sinistra anti-liberista. Ma ha rischiato di non riuscire nemmeno a presentare la candidatura, per la difficoltà di raccogliere le 500 firme di già eletti necessarie per legge. Fa una campagna difficile, senza mezzi, aiutato soprattutto da comunisti dissidenti. I sondaggi, al meglio, gli danno il 2%. L’idea di fondo, per Bové, «non è di creare un nuovo partito, ma di continuare a fare in modo che il movimento sociale si inscriva nella lotta elettorale». Il suo slogan di campagna è molto personalizzato : «Osez Bové», che fa rima, ma non dice nulla. Nei comizi, la lotta agli Ogm, che lo ha reso famoso, non sembra interessare troppo, mentre le domande fioccano sulle lotte sociali.
L’ultima volta di Arlette
Si presenta dal ’74 e la sesta sarà davvero l’ultima. Arlelle Laguiller, di Lutte ouvrière, è un’istituzione. Nel 2002 aveva preso il 5,7%, ma oggi nei sondaggi non supera il 2%. Il suo pubblico ha soprattutto i capelli grigi, ma è più popolare e meno meticcio di quello di Besancenot. Lo slogan dice : «la destra arrogante aiuta il padronato, e la sinistra molle lo rispetta». Votate Laguiller «per cacciare la destra e farvi obbedire dalla sinistra». Arlette non esclude di invitare a votare per Royal al secondo turno, «la meno peggio».
Chi conosce Schivardi ?
Non si sa per quale mistero il Pt (Partito dei lavoratori), trotzkista lambertista che sfiora la setta, abbia scelto Gérard Schivardi per candidato. Muratore di professione, è sindaco di un paesino (Mailhac), ex iscritto al Ps e afferma di non sapere tanto bene che cosa sia il «trosskismo» (lo pronuncia così). La sua principale proposta, che non sfigurerebbe all’estremo opposto delo scacchiere politico : «rompere con l’Unione europea».