Bertinotti non sfonda, malumore nel Prc

Non è arrivato al 20% auspicato. Ma Fausto Bertinotti è molto soddisfatto del risultato ottenuto alle primarie di domenica. Perché, è la linea del segretario di Rifondazione, il 14.7 di quasi 4,3 milioni di elettori rappresenta sono comunque «un successo molto rilevante»: oltre 630 mila voti che «francamente non pensavo di poter prendere; un risultato nettamente al di sopra dell’area di partenza e di influenza del Prc». Certo, le leggi della matematica sono ferree, due più due fa quattro e una percentuale è una percentuale. Ma in politica tutto può succedere. Anche che Piero Fassino dica che in realtà quel 14,7 «equivale realmente, su un 50% elettorale, al 7»; e che il rivale storico Armando Cossutta gli cuce addosso l’etichetta di «deluso: una grande campagna, e poi è rimasto lì».

«DA SOLI» – E’ con quei numeri, comunque, che Bertinotti si tiene fuori dalle beghe unioniste (listone? lista Prodi?) e rafforza l’idea di correre da solo sia per la Camera che per il Senato: «Noi camminiamo su due gambe: una presente nella coalizione e una di partito, con la propria autonomia. Va bene un’aggregazione di forze diverse, ma non una di forze che si suicidano per crearne una sola». Allora un’eventuale lista unica dell’Ulivo «non ci riguarda, ci presenteremo con la nostra dentro la coalizione. E’ più che mai evidente che l’Unione è insieme forte della sua unità ma anche del suo pluralismo. Se non ci fosse stata una pluralità di candidature non ci sarebbe stato questo livello di partecipazione». E ora «sarebbe davvero gravissimo disperdere questa esperienza straordinaria»: perciò, visto che il sistema funziona, avanti con le primarie anche per le amministrative e soprattutto per il programma.

NIENTE AUTOCRAZIA – Già, i programmi. Bertinotti promette di tenere il timone a sinistra. Ma il 74 e passa per cento di Prodi sommato al 4,6 di Mastella e al 3,3 di Di Pietro fanno un 82% difficile da scalfire. «Sì – replica – , ma se uno dice “faccio il programma da solo”, l’altro a quel punto può anche rispondere “fattelo e veditela tu”. Il programma non è una cosa autocratica. Sarebbe curioso che una coalizione che oggi festeggia i voti delle primarie mettesse in frigo quelli che hanno votato, per poi ritirarli fuori alle elezioni…» Ci sarà coralità, insiste il leader comunista, annunciando che i tavoli tecnici per la stesura delle linee si riuniranno già martedì e poi il 5 e 6 dicembre.

CONTESTAZIONI – Tutto questo però non convince la minoranza del partito, che è sempre stata contraria tanto a una vicinanza “eccessiva” con il centrosinistra quanto alle primarie, e che ora attribuisce «lo scarso risultato» al fatto che «Prodi è identificato come il vero antagonista di Berlusconi». Claudio Grassi, coordinatore dell’area dell’Ernesto, ritiene anzi che il risultato di domenica non sia affatto soddisfacente: «Ne usciamo marginalizzati, gli assi programmatici dell’Unione verranno definiti in chiave moderata. Uniamoci alle altre forze di sinistra, da Pdci ai Verdi alla sinistra Ds, per pesare di più». Marco Ferrando (trotzkisti) condivide e alza i tiro: «L’incoronazione di Prodi rafforzerà il suo futuro premierato contro i lavoratori. Serve una svolta: cacciamo Berlusconi, ma stando dalla parte dei lavoratori, non degli industriali e dei banchieri prodiani».

E GLI OUTSIDER? – Ai contestatori replica il capogruppo alla Camera, Franco Giordano: «Farebbero bene a fare autocritica o a stare zitti. Se avessimo dato retta alla sinistra fortemente ideologizzata o a quella salottiera, e non avessimo partecipato alle primarie, oggi saremmo cancellati». «Ottimo», per Giordano, anche il risultato; che non è stato penalizzato dalla presenza degli outsider Panzino e Scalfarotto: «Tutti quelli senza radici nel territorio e senza un’ipotesi di prospettiva per la società italiana sono stati spazzati via». E su questo anche Ferrando è d’accordo: «Si sono inscritti in un gioco a guida Prodi: non potevano che uscirne massacrati dalla loro stessa base. E i disobbedienti? Con quell’imitazione casereccia di Marcos, dei suoi vestimenti… Puro folklore di estrema sinistra».