“Bertinotti ha sbagliato ma non è un traditore”

«Cercare di capire il terrorismo non significa essere filoterroristi. Chi parla di ambiguità della sinistra radicale dice una grande stupidaggine. È un pretestaccio per attaccarci, una forma di nervosismo di chi non sa cosa fare». Rossana Rossanda, fondatrice del manifesto, nella sua piccola stanza al giornale, sta finendo di scrivere il fondo che esce oggi. L´articolo parla del tema di questi giorni, di questi mesi: terrorismo, rapimenti, Iraq, guerra. E del dibattito che divide la sinistra. Difende Bertinotti: «Non ha rinunciato alla richiesta di ritiro dei soldati. Io non sarei andata all´incontro con il governo, ma non ci trovo niente di scandaloso». Però confessa: «Mi vergogno, ma io non sono una non violenta. Non capisco come si possano colpire gli attuali poteri del mondo, che sono poteri violenti, porgendo l´altra guancia». Il segretario di Rifondazione è pronto addirittura a un patto con il diavolo per salvare le vite delle due Simone. Lei è d´accordo?«Capisco Bertinotti. Anch´io dico che bisogna prima di tutto salvare gli ostaggi. Ma il governo italiano non sta facendo nulla. Leggo le frasi assurde di Gianni Letta che parla di detenute recluse ingiustamente, vedo che la Boniver non va a Bagdad altrimenti, spiega, dicono che sta trattando. Invece bisogna individuare i rapitori e avviare la trattativa. Io per esempio non avrei ricevuto il presidente del governo iracheno che è un Quisling. A meno che non mi avesse riportato a casa le due volontarie». Avrebbe partecipato all´incontro di Palazzo Chigi?«No. Non si fa un´apertura di credito a un governo che tiene lì il contingente militare in un´operazione senza sbocchi, sotto il comando americano. La guerra è all´origine di queste manifestazioni orrende, crudeli. Ma se l´opposizione ha voluto andare a parlare con l´esecutivo avendo in mente come priorità la liberazione delle due ragazze, si può condividere o meno, ma non è scandaloso». La sinistra ha crocifisso Bertinotti, accusato di volere un posto al governo, di essere un traditore. «Questa sinistra non ha il mio sostegno. Ma allo stesso tempo rifiuto l´accusa di ambiguità rivolta alla sinistra radicale. Cercare di capire le cause del terrorismo, non fare di ogni erba un mazzo non significa affatto essere ambigui. Dobbiamo capire tutto e questo non vuol dire giustificare tutto, può voler dire non giustificare niente. Ma uno sforzo di comprensione va fatto e invece è ridotto a zero». Perché prima bisogna difendersi. «Per difendersi e combattere un nemico è necessario capire chi è. Bush ha usato un modo demenziale per attaccare il terrorismo, in Afghanistan e in Iraq. Lo vediamo tutti, è sotto i nostri occhi. Ha alimentato una brace e l´ha trasformata in fiammata. La verità è che c´è una crisi generale dell´iniziativa politica verso il Medioriente, verso il mondo arabo». Non ha l´impressione che l´Europa, nonostante Madrid, si senta lontana dal pericolo terrorista?«La reazione di Zapatero all´attentato di Madrid è stata saggia. Con il ritiro ha difeso il suo Paese da altri attacchi che sono purtroppo terribilmente semplici. Mettere una bomba sul treno è un gioco da ragazzi. Zapatero ha fatto la cosa giusta: la prima guerra al terrorismo è evitare che faccia disastri. Limitare il danno è un dovere per il governo di un Paese. Un tempo il terrorismo era definito l´arma dei poveri. Non so se sia così, adesso. Il fatto è che è facile e per questo ancora più codardo, vile. Che impresa è sparare a Marco Biagi e Massimo D´Antona? Non esiste alcuna difesa possibile. Quindi, occorre tagliare alla radice questo fenomeno, che non è diabolico, ma umano, terrestre, sociale. Buttare benzina sul fuoco è la strada sbagliata. Cercare di capire cosa succede nell´Islam invece è importante. Quando provai a indagare sulle Brigate rosse dissero che ero entrata in un cono d´ombra, che ero contigua. Nessuna contiguità, me ne sono occupata perché era un problema politico». Fassino dice che la sinistra deve liberarsi dell´antiamericanismo. Lei è antiamericana?«Sì, nel senso che non mi piace l´american way of life. Poi ci sono gli intellettuali americani che attaccano Bush con una ferocia inimmaginabile per noi. Ho visto “The Terminal” di Spielberg. Non è un bel film, però è malinconico, lascia qualcosa dentro. C´è una riflessione su di sé, sull´America: l´isolamento, l´incapacità di capire. C´è una sensibilità americana». Racconta gli Usa meglio di Moore? «Ho paura di dirlo, ma è così. “Fahrenheit” mi fa vedere cose che già sapevo». A sinistra è ancora valido lo slogan Bush uguale Saddam?«È uno slogan che non ho sentito tanto. Lo usa Gino Strada ma lui non è un politico. Sta tutto il giorno con le mani nel sangue, va apprezzato per quello che fa tutti i giorni in zone disastrate». Lo hanno usato anche i no global. «Sono battaglie simboliche di qualche giovanotto, battaglie che non mi fanno né caldo né freddo. Io vorrei che si cambiasse veramente l´equilibrio dei poteri, che si difendessero i diritti di tutti. I simboli contano, ma non sono la realtà». La non violenza è un valore assoluto?«Mi vergogno ma non sono una non violenta. Capisco il valore morale della non violenza, ma non capisco bene come si potrebbero colpire, con uno stato d´animo simile a quello cristiano – il discorso della montagna, l´altra guancia – i poteri attuali del mondo che sono, in alcuni casi, violenti. Io sono ferma nell´idea che togliere l´acqua a un miliardo di persone è violenza e se fossi simile a quelli che mi attaccano direi che è terrorismo. Viviamo in un mondo violento e questo mondo non sarà sconfitto con le buone intenzioni. È difficile modificare il sistema di redistribuzione del reddito attraverso un accordo di chi è protagonista di quel sistema. Quando Bertinotti e Ingrao parlano di non violenza dicono, credo, che la presa armata del Palazzo d´Inverno è fuori tempo massimo. Loro aggiungono: laddove è avvenuta, ha inquinato il potere. Ed è la verità. Ridurre però tutto l´elemento comunista alla storia dello stalinismo e dei campi di concentramento, no, non ci sto». In Iraq esiste una resistenza?«Qualcuno pensa che chi parla di resistenza mette nello stesso sacco le due italiane rapite, gli sgozzamenti e gli attacchi ai carri armati Usa. Che ci siano dei resistenti iracheni mi pare assolutamente evidente, altrimenti Bush non avrebbe detto che ha perso il controllo dell´Iraq. E l´Iraq non è tutto in mano ai terroristi. È una vera resistenza nazionalista e religiosa che per me ha dei limiti. Ma c´è».