Domenica prossima decolla il meeting ciellino di Rimini. Cosa ci va a fare Bersani a parlare di don Giussani?, si è chiesto un offeso Antonio Socci. Nessuno l’ha filato più di tanto. Il ministro diessino al meeting parlerà anche di un libro sulla figura del fondatore. Ma di certo non è solo per quello che l’hanno invitato. Pierluigi Bersani, tanto al governo che all’opposzione, è un abbonato fisso a Rimini. Da un pezzo intrattiene ottimi rapporti con la Compagnia delle Opere. C’è certamente lo zampino di Bersani nello smarcamento della Cdo dal centrodestra, testato in alcune elezioni amministrative al Nord prima delle ultime politiche nazionali. Bersani, inoltre, si occupa di imprese e di economia. Per la destra becera, è lo sponsor delle Coop rosse. Per la Cdo, invece, è un campione della «sussidiarietà».
Si intuisce il profilo di Bersani (oltre che di Enrico Letta) dietro l’operazione varata a fine luglio in Lombardia: Formigoni ha rilanciato il federalismo a doppia velocità e Ds e Margherita ben volentieri si sono accodati, spaccando l’Unione (i particolari li trovate riassunti nell’intervento di Pino Vanacore). Il federalismo «a richiesta» e «asimmetrico», che necessita di un accordo bipartisan, e i lavori in corso per scomporre e ricomporre i poli saranno i protagonisti al meeting di Rimini. L’intenzione dichiarata di Formigoni, che resta il politico di punta per i ciellini, è di raccogliere a Rimini ok ulivisti di rango nazionale al suo progetto. Che smentiscano lo stop venuto da Linda Lanzillotta, ministro degli affari regionali, all’accelerazione lombarda.
Sia Bersani che Letta nei giorni scorsi sono rimasti zitti. Scommettiamo che del federalismo alla lombarda parleranno a Rimini e non per bocciarlo. Non sarà «un inciucio», come lo definisce Rifondazione, ma qualcosa di grosso bolle in pentola.
Il governatore lombardo ha quasi snobbato lo stop della Lanzillotta, lasciando intuire d’avere in tasta il sì di qualche pezzo da novanta nel centro sinistra. «La nostra iniziativa ha spiazzato molti. Ma i tempi della pura conservazione sono finiti. E’ ora di uscire dalle proprie tane comode e calde. E di lasciarsi alle spalle il bipolarismo da guerra», ha dichiarato signorilmente Formigoni.
Più inviperite e scomposte le reazioni di Ds e Dl lombardi allo stop della Lanzillotta. «E’ stata eletta in Lombardia, ma non capisce niente del Nord», ha detto Luciano Pizzetti, capogruppo della Quercia al Pirellone. «Sul federalismo vogliamo andare avanti, non accetteramo dilazioni da Roma», ha aggiunto, «per noi non esistono governi amici, ma solo quelli che fanno o non fanno le cose». Tanto i Ds che la Margherita hanno chiesto, dalle pagine locali di Repubblica, la dimissioni di Riccardo Sarfatti, portavoce dell’Unione al Pirellone. «Prende ordini da Roma e vota sempre contro». La seconda cosa è vera. Ma che altro dovrebbe fare il capo dell’opposizione se non votare contro Formigoni?