“Bene il neoprotagonismo dell’Onu. Ma per la Palestina?”

Il senatore Fosco Giannini, eletto nelle fila del Partito della Rifondazione Comunista, in questi giorni, è in giro per la Calabria, la regione che ha contribuito al suo insediamento a Palazzo Madama. Approfittando della sua presenza, Calabria Ora ha deciso di contattarlo per rivolgergli alcune domande.

Senatore Giannini, come mai, in questo periodo, si trova in Calabria?

«Sono qui per le varie feste di Liberazione, che in questo periodo si celebrano un po’ su tutto il territorio. Esattamente sono stato a Gioiosa, a Santa Sofia e al carcere di Palmi. In quest’ultimo posto c’ero già stato, trovando una seria mancanza dei diritti più elementari, che vanno dal lavoro, che si dovrebbe svolgere all’interno, all’ora d’aria, fino al punto di essere stato colpito dalle dichiarazioni di un detenuto: “Qui – mi ha detto – viviamo come dei vegetali”. Tutto ciò è contro i nostri principi di rieducazione. È giusto che si sconti la pena, ma nel rispetto dell’individuo. Per questo ho deciso che a settembre farò un’interrogazione parlamentare in proposito. Basti pensare che ora non esce, da quel carcere, più la posta. Le mie visite, comunque, continueranno: prossimamente sarò a Vibo Valentia e a Melito di Porto Salvo».

Uno dei suoi prossimi appuntamenti sarà, il 16 settembre, la Festa di Liberazione di Vibo, nel corso della quale lei parteciperà al dibattito sulla questione internazionale. Il suo è un interesse particolare, se si pensa che era fra gli otto dissidenti a non voler votare la proroga per la missione in Afghanistan. Che esperinza è stata?

«Posso dire che è stata un esperienza difficile, quella di non essere d’accordo con il Partito. Ma ho la coscienza pulita. Mi appare chiaro che pochissimi ricordano il perché di quella guerra. Il motivo ufficiale, dichiarato, era prendere Bin Laden: mi chiedo se, dopo cinque anni di guerra e migliaia di morti, ci crede ancora qualcuno. Circa un mese fa, il Pentagono ha rilasciato un documento nel quale si asseriva che il ricercato numero uno al mondo era andato via dall’Afghanistan subito prima, o subito dopo, l’attacco alle Torri. Ma, noi, ci siamo andati comunque. Non si distrugge un paese per cercare un uomo. Chiaramente, l’obiettivo era, ed è, un altro. In quel luogo si consumano altri interessi, quali i gasdotti ed il petrolio. Oltre la riconquista del petrolio, però, va considerato, come fatto altrettanto importante, il tentativo di spostamento delle basi Nato nel cuore dell’Asia. Per tutti questi motivi sono stato contro. Questi sono interessi americani. Noi continueremo la battaglia, sperando che la sinistra radicale e critica del Paese sia unita, secondo la loro tradizione».

Di questa nuova missione Unifil in Libano, cosa ne pensa?

«E’ una situazione difficile. Mi domando: perché Israele ha attaccato? Perché 33 giorni di bombardamenti? Israele ha distrutto un paese, ha fatto migliaia di vittime, soprattutto civili, ma non ha colto l’obiettivo di annichilire Hezbollah, la resistenza libanese. E’ dal ’50 che tenta di annettersi il sud del Libano, per chiari interessi geopolitici. Se questo è così, dobbiamo capire la risoluzione Onu. Cogliamo, innanzitutto, due elementi positivi: il cessate il fuoco e il riguadagnato protagonismo dell’Onu. Alcuni punti, però, sono alquanto critici: non si capisce se Israele si ritirerà dai territori occupati; poi, la questione inerente ai prigionieri. Israele otterrà la liberazione dei suoi, ma le altre parti? So che i Servizi italiani si stanno adoperando per la liberazione dei palestinesi. Di grande importanza, ancora, è l’evidente mancanza di almeno due righe di stigmatizzazione dell’attacco unilaterale, e feroce, di Israele, cosa che ha colpito anche Andreotti. Infine, le regole di ingaggio: rimane una nebulosa su chi dovrà disarmare Hezbollah. E poi, perché disarmarli? Insomma, partiremo in un contesto alquanto incerto. Andremo lì, costretti dagli eventi, per fare la guerra. La missione ha un costo immenso e l’unica a voler andare veramente è l’’Italia. Usa sono assenti, mentre l’Europa e la protagonista trascinata dall’Italia: questo a dimostrare che il contrasto tra Unione Europea e Usa è forte anche per l’egemonia di quel crocevia del petrolio. Dobbiamo riconoscerlo, siamo un polo imperialista europeo».

Senatore, in un’intervista apparsa sul Corsera si apprende che lei è stato sostituito dalla commissione Difesa, proprio mentre si discute per la missione in Libano. E’ un’evidente mancanza di fiducia nei suoi confronti?

«La sostituzione è temporanea. Non intendono farmi dimettere. Per ora obbedisco. Diciamo che la mia posizione, per il momento, non collima con quella che attualmente ha preso il Partito».

E’ stato presente sin dal giorno successivo alla tragedia sui luoghi dell’alluvione, e in costante contatto con il segretario del circolo vibonese “Spartacus”. Cosa si può fare per le popolazioni colpite?

«Approfitterò della mia visita per vedere il post alluvione a Bivona, Vibo Marina, Portosalvo e Longobardi. Ho contattato il leader del gruppo musicale la Gang, Marino Severini, il quale si è reso disponibile a fare un concerto di beneficenza per la popolazione colpita da questo grave evento. Sia chiaro, però, che non basta la sola beneficenza. Occorre spostare seriamente le risorse del paese in questa regione, che ha bisogno di strade, di strutture, di sanità, di scuole e di messa in sicurezza dei propri territori. Meno spese militari, dunque, e più aiuti concreti».