Bayrou, l’«estremista di centro» che spariglia

E’ il «terzo uomo», il candidato che puo’ sparigliare questa volta la tradizione dello scontro destra-sinistra. Ha sostituito Le Pen nel ruolo di «accusatore del sistema». Potrebbe arrivare al secondo turno, mentre nel 2002 aveva ottenuto solo il 6,8% dei voti. Ha approfittato della confusione che regna nelle teste degli elettori, alla fine di una campagna che non è riuscita a eliminare i dubbi e i ripensamenti. Ha 55 anni, è stato ministro, è in politica da anni, ma è riuscito nell’exploit di presentarsi come un «uomo nuovo». La novità sta tutta nell’incertezza che ha lasciato planare sul suo orientamento. Sogna un secondo turno contro Sarkozy, perché gli faciliterebbe il compito di confermarsi come l’uomo nuovo dell’ «estremo centro », che ormai guarda a sinistra per le alleanze. In questo, è stato aiutato dai socialisti della «seconda sinistra», da Michel Rocard e dall’ala social-democratica del Ps, che propugnano un’alleanza all’italiana con il centro. Ma nel caso di un secondo turno di fronte a Royal tutto questo programma andrebbe in crisi. Bayrou sarebbe rigettato a destra, nella posizione che da sempre ha occupato il suo partito, l’Udf (che a livello locale non ha rotto nessuna alleanza con l’Ump).
François Bayrou rischia grosso: l’Ump farà certo pagare cara alle legislative la sua presa di distanza dalla destra (tutti i deputati Udf sono eletti finora con accordi di desistenza con l’Ump). Se non arriverà al secondo turno, dovrà fare i conti con i suoi: molti lo hanno già abbandonato, per sostenere Sarkozy (anche l’ex presidente Valéry Giscard d’Estaing, e la figura più carismatica del centro francese, Simone Veil).
Bayrou attira elettori di sinistra, delusi dalla campagna di Royal (o inconsciamente machisti). Attira anche una parte dell’elettorato di destra, spaventato da Sarkozy. Per questo, il suo porgramma è vago, è un «né-né», né a destra né a sinistra. Si dice « ragionevole », ma attacca il «sistema», dalle grandi scuole come l’Ena, la fabbrica dell’élite, che vuole abolire, fino alla struttura dei vecchi partiti. Esalta la «ruralità» a partire dalle sue radici contadine (è figlio di un agricoltore, alleva cavalli ed è laureato in lettere). Ha spinto Sarkozy a far riferimento alle «radici cristiane» per tagliargli l’erba sotto i piedi : difatti, Bayrou, che ha difeso l’inserimento delle «radici cristiane» nel trattato costituzionale europeo e che non vuole la Turchia nella Ue, si dichiara «credente» (da ministro della pubblica istruzione aveva tentato di riformare una legge che impedisce agli enti locali di finanziare le scuole confessionali, ma aveva dovuto fare marcia indietro di fronte a una mega-manifestazione di protesta).
Nel suo futuro governo, se sarà eletto, afferma di voler mettere «i migliori», di ogni parte politica. In economia, è un liberista. «Il centro è la grande novità», afferma, e propone un governo « di unità nazionale » per far uscire la Francia dalla crisi. Contro Sarkozy, vuole «rassicurare», presenta la sua proposta come qualcosa « nell’ordine della determinazione trnquilla di un popolo ». Secondo lui, è finita l’era della contrapposizione, « i muri di Berlino che esistevano da decenni stanno incrinandosi ». Per Bayrou « una nuova maggioranza è a portata di mano ».
Il suo programma è rimasto vago, perché Bayrou vuole continuare ad intrattenere l’illusione che destra e sinistra, nel XXI secolo, non siano più portatrici di due differenti modelli di società.