«Bastardo, ti spacco la faccia»: così parlò (e parla) Sarkozy

Megalomane, paranoico, spietato, vendicativo come un piccolo re in una corte shakespeariana. Ma anche anche volgare e opportunista, esaltato come un moderno padrino. E’ il «Vero Sarkozy», o meglio è il ritratto che ne fa il settimanale Marianne da ieri in bella vista nelle edicole francesi. Dodici pagine ricche di aneddoti raggelanti, vere e proprie scene di malavita, spesso mai smentite dal candidato all’Eliseo. Minacce, vendette trasversali, insulti accompagnati da attacchi improvvisi di collera, deliri di onnipotenza e sprezzo machista. Come con la compagna di partito e ministra della Difesa Michelle Alliot Marie, che in privato chiama senza fronzoli «la puttana». O con una malcapitata reporter di una radio, accusata di simpatizzare per il centrista François Bayrou: «Se la sarà scopata». Sono le “buone maniere” della destra dell’Alta Senna, la provincia più ricca di Francia, un clan economico-politico fatto di costruttori, finanzieri, avvocati di grido e faccendieri. E’ soprattutto l’ambiente in cui è nato e cresciuto il “presidenziabile”, una destra assai diversa dal gollismo d’antan e postromantico del presidente Chirac o del premier de Villepin. Sarkozy ne rappresenta un’evoluzione successiva, una specie di mutazione genetica.
Il bilancio di Marianne appare in tal senso impietoso e descrive un rapporto ai limiti del patologico con il potere, con la politica, con le persone. Una volontà di disintegrare gli avversari («li fotterò tutti, li fotterò tutti, vedrete») e una diffidenza maniacale verso gli alleati, tutti gli alleati. Ne sa qualcosa il povero Azuz Begag, ministro senza portafoglio di origini maghrebine entrato in rotta di collisione con un Sarko particolarmente livido. Dopo la rivolta delle banlieues del novembre 2005, quando il ministro dell’Interno Sarkozy provocò i giovani dei ghetti metropolitani, definendoli «feccia da spazzare via con l’idrante» , Begag si difese dalle critiche rivolte al governo con un anodino: «Non mi chiamo mica Azuz Sarkozy». Apriti cielo: come in un film di Coppola Sarko semiditrugge l’ufficio, urlando tra gli austeri corridoi di Place Beavau: «E’ uno sporco bastardo, gli spaccherò la faccia». Anche con il Medef (la confindustria francese), lo stile è dispotico e padronale. Un industriale che ha garbatamente rettificato alcune sue considerazioni economiche il giorno successivo a ricevuto una lapidaria e-mail proveniente dal ministero dell’Interno: «Ce ne ricorderemo» «Non ho mai visto un entourage cosi’ aggressivo e bellicoso, sono dei killer della politica, fanno paura» si lamenta un’industriale, anche lui in forma rigorosamente anonima
Ma è contro i giornalisti che esibisce il meglio del suo repertorio. Se Marianne sottotitola la sua inchiesta «Quello che i grandi media non osano o non vogliono svelare» non fa demagogia o giornalismo scandalistico. Uno dei pilastri del sistema Sarkozy è infati il controllo, diretto o indiretto dell’informazione, dai grandi quotidiani alle tv nazionali. Dire che le critiche (ben poche) siano sgradite è un eufemismo, Sarko diventa idrofobo e irragionevole se pensa di essere vittima di una trappola mediatica, di uno sgarbo personale. E mette mano febbrile all’agendina.
Tra gli amici ilustri svettano i nomi di Serge Dassaut, editore del Figaro , Alain Minc presidente del Consiglio di sorveglianza del Monde , del potentissimo Martin Bouygues propietario di Tf1 (la rete più seguita in Francia) e altri magnati dei media transalpini. E quando gli amici non lo proteggono a dovere interviene lui, in prima persona, incazzato come un furetto: «Quando prendo la pistola non lo faccio per ferire, ma per uccidere», la prodezza figura nella bacheca delle frasi storiche pronunciate da Sarko e non si discosta poi tanto dalla realtà. E’ infatti con intenti omicidi che la scorsa settimana ha chiamato la direzione di Libé colpevole di aver pubblicato articoli poco lusinghieri sul suo conto: «Siete un giornale dei merda con dei giornalisti di merda». Risultato: niente forum con la redazione, previsto da settimane: «Se volete intervistarmi spostatevi voi da me». La folgore si abbatte però anche su testate compiacenti, come è accaduto a Paris Match : il settimanale di gossip politico della borghesia di destra aveva pubblicato un ampio reportage sugli amori newyorkesi della moglie Cécilia. Un altro terremoto: Sarko telefona a un altro intimo amico, il primo editore del paese Arnaud Lagardère e gli impone il licenziamento del direttore Alain Genestar. Non immediato però, dopo qualche mese, per non dare troppo nell’occhio. Infatti, quando il sangue non gli annebbia la mente, Sarkozy sa essere furbo, un animale politico di rara scaltrezza. E’ questo l’aspetto che più inquieta. Una giornalista della Lci (il canale satellitare di Tf1 ) si confida, naturalmente in forma anonima, con Marianne : «Se vincesse le elezioni c’è il rischio di un controllo totalitario dei media, sono terrorizzata». Per ora ci si accontenta dell’autocensura: «Sono episodi e aneddoti che i giornalisti politici francesi conoscono tutti e da molto tempo, ma hanno paura, sono paralizzati dal timore delle vendette, delle rappresaglie di Sarko se diventerà Presidente dela Repubblica, è un paesaggio davvero desolante» s’indigna il direttore di Marianne Jean-Fraçois Kahn, citando la stampa estera che «almeno scrive la verità».