Bantustan Tulkarem

Dialogo, negoziati, soluzioni concordate, legalità internazionale, rimangono un sogno: sul terreno i progetti unilaterali del governo israeliano, prima di Sharon e ora di Olmert, procedono senza intoppi. Ieri mattina l’esercito israeliano ha isolato Tulkarem, città a ridosso della «linea verde» che peraltro è già circondata interamente dal muro che Israele sta costruendo in Cisgiordania. Gli abitanti infatti hanno trovato chiuso anche il posto di blocco militare ad est della città dopo quello a ovest sigillato nelle scorse settimane. Studenti, lavoratori, uomini, donne, bambini per uscire dalla città hanno dovuto usare il transito settentrionale spendendo circa due ore sui trasporti pubblici per raggiungere Nablus che dista poche decine di chilometri. In serata l’esercito ha riaperto per qualche ora il posto di blocco ma se si tiene conto che ha isolato tutta la valle del Giordano e, qualche settimana fa, anche il nord della Cisgiordania, attuando per alcuni giorni una circolazione stradale separata tra palestinesi e coloni israeliani, è evidente che sono in corso i test per la verificare la operatività dei bantusta in gestazione. La vita dei civili palestinesi ormai passa in coda, in auto o a piedi, davanti ai posti di blocco di cui le forze di occupazione hanno anche aumentato del 25 il numero dalla scorsa estate Il dato emerge da un rapporto dell’Ufficio per il Coordinamento per gli Affari umanitari delle Nazioni unite, pubblicato ieri. Al momento 471 posti di blocco (erano 376 ad agosto) dividono la Cisgiordania in tre aree: nord, centro e sud. «Queste azioni sul terreno sono tutte a carattere difensivo e rispondono alla crescente minaccia terroristica», ha replicato il portavoce del ministero degli esteri Mark Regev. Nelle stesse ore un noto esperto Onu sui diritti umani, il sudafricano John Dugard, ha denunciato che i coloni israeliani «terrorizzano» i civili palestinesi, non mancando di compiere intimidazioni anche contro i bambini diretti a scuola, in particolare nella zona di Hebron. Itzhak Levanon, l’ambasciatore israeliano all’Onu, ha contestato il rapporto di Dugard definendolo «di parte e inaccurato».

E’ evidente che il partito Kadima del premier ad interim Ehud Olmert continua a portare avanti un piano unilaterale che boicotta Abu Mazen e l’Anp e crea bantustan arabi in Cisgiordania ma il presidente palestinese non sembra rendersene conto. Durante un incontro martedì sera con una delegazione guidata dal sindaco di Milano Albertini, Abu Mazen non ha nascosto di sperare che ad uscire vittorioso dalle elezioni israeliane del 28 marzo siano Olmert e Kadima. Parole che hanno fatto scuotere la testa ai palestinesi e scatenato polemiche in Israele. Il partito laburista di Amir Peretz ha reagito infastidito. «Abu Mazen ci ha ingannato», ha detto un portavoce laburista al sito internet dello Yediot Ahronoth ,«appena qualche giorno fa aveva detto altre cose durante l’incontro Peretz». Ha protestato anche il Likud di Netanyahu. Ma la cosa più grave è che dopo aver esternato la sua preferenza per Olmert, Abu Mazen è stato preso a schiaffi da Kadima. «Il presidente palestinese prima deve assicurarsi che il futuro governo di Hamas rinunci al terrorismo, cambi il suo statuto e riconosca il diritto di Israele ad esistere prima di qualsiasi altra cosa e poi parleremo», ha detto la portavoce Maya Jacobs. In serata un imbarazzato Nabil Shaath, vice premier uscente, ha detto che «le elezioni israeliane sono un fatto interno allo stato ebraico nel quale i palestinesi non intendono in alcun modo interferire. Noi palestinesi ci auguriamo soltanto di poter dialogare in futuro con una o più forze politiche israeliane al governo, interessate a raggiungere una soluzione di pace».

In questo clima Hamas e Al Fatah si accingono a riprendere a Gaza i negoziati sulla formazione di un governo di coalizione anche se il partito di Abu Mazen è sempre più deciso a rimanere fuori dall’esecutivo.