Se buona parte delle presidenziali si gioca sulle banlieues in quanto residenza delle classi popolari, ieri Jean-Marie Le Pen ha dato dei punti a Nicolas Sarkozy. Il candidato frontista non ha avuto problemi ad andare ad Argenteuil, nel quartiere del Val d’argent, che nell’ottobre 2005 l’allora ministro degli interni aveva promesso di liberare dalla «feccia» al «kärcher» (è la marca di un aspirapolvere). Sarkozy ha ormai rinunciato del tutto ad andare in banlieue, per paura della contestazione. Le Pen ha scelto di recarsi «nei territori abbandonati dai politici francesi», a dire il vero in un orario di mezza mattina in cui non c’era nessuno in giro, per esprimersi «dove il nostro ministro degli interni non osa andare». E ha affermato che «se alcuni vogliono karcherizzarvi per escludervi, noi vogliamo aiutarvi ad uscire dal ghetto dove i politici vi hanno parcheggiato».
La visita di Le Pen in banlieue ha avuto luogo il giorno dopo lo scacco di Sarkozy a Lione, nel quartiere centralissimo della Croix Rousse, la zona storica dei canut (gli operai tessili) oggi ristrutturata e in gran parte abitata dai bobo (bourgeois-bohème): Sarkozy aveva dovuto rinunciare a visitare, come previsto, un negozio di cioccolato, perché un centinaio di manifestanti lo aspettava con lo slogan «Sarko fuori». Ha trovato una scusa pietosa (un falso ritardo dell’areo), ma in realtà ha rinunciato per evitare le immagini della contestazione ai tg delle ore 20. In serata, sempre a Lione, Sarkozy si è rifatto, grazie all’appoggio di Bernadette Chirac, la moglie del presidente (che lo sostiene appena), secondo la quale «è il migliore per le sfide della Francia di domani». Ieri, Sarkozy ha anche ricucito lo strappo con Simone Viel, la centrista che lo appoggia ma che si era indignata dell’idea del ministero dell’immigrazione e dell’identità nazionale: in un incontro a Parigi sulle pari opportunità per le donne, Simone Veil ha ribadito la sua «amicizia» per il candidato Ump.
Ma Sarkozy inquieta. Dall’estero – dal Belgio – sono piovute nelle e-mail della stampa parigina prese di posizione indignate su un’affermazione di Sarkozy di qualche giorno fa in Costa Azzurra: «Io sono di coloro che pensano che la Francia non debba arrossire della propria storia – ha detto – non ha commesso genocidi. Non ha inventato la soluzione finale. Ha inventato i diritti dell’uomo ed è il paese al mondo che più si è battuto per la libertà». Nel dominio riservato del presidente della V Repubblica francese ci sono difesa e politica estera: l’attacco alla Germania promette male.
La dirittura di arrivo, a due settimane dal primo turno, sta diventando verbalmente violenta. Ségolène Royal ha scelto di non rispondere più direttamente agli insulti del suo principale avversario, che l’ha accusata di essere dalla parte «di chi froda» dopo i fatti della gare du Nord. Royal lascia rispondere il suo direttore di campagna, François Rebsamen : «Il candidato dell’Ump raccoglie quel che ha seminato. La sua violenza verbale è sentita come una mancanza di rispetto». Il centrista Bayrou ha sottolineato l’inadeguatezza di un candidato alla presidenza che non può mettere piede in parti del territorio: «è una questione che peserà in seguito – ha detto – avremo un presidente che unisce o una presidenza che mette in antagonismo i francesi? Costantemente, in Sarkozy, c’è questo modo di opporre due France». E polemica contro Sarkozy del dimissionario Azouz Begag, che ha lasciato la carica di ministro delle pari opportunità: in un libro che esce oggi, accusa Sarkozy di averlo minacciato di «spaccargli la faccia».