Un’apparente notiziola, poco o punto commentata dai giornali: mercoledì 27 settembre il Governatore della Banca d’Italia, Draghi, ha stabilito di sottoporre la Cassa Depositi e Prestiti (cdp), una vera e propria “cassaforte pubblica”, alla riserva obbligatoria. Cosa vuol dire? Semplicemente che è stata data una svolta importante ai fini dell’assimilazione della cdp ad una banca come tutte le altre, con l’applauso e il consenso di tutti quelli che (soprattutto nel centro-sinistra) odiano visceralmente e/o ideologicamente qualunque intervento pubblico sull’economia.
Erano d’altronde mesi che si dibatteva in alcuni ambienti economici, sulla base degli input iperliberisti della BCE, su quanto lasciare di libertà di manovra alla cdp, che con un patrimonio netto di 6 miliardi di €, già non potrebbe avere (in base a banali ed algebriche contabilità di ratio patrimoniali, discendenti dalla nuova disposizione di Bankitalia) il portafoglio attuale di partecipazione nei pacchetti azionari di Terna, Enel, Poste ed Eni. Se ci sono già ora difficoltà, figurarsi se si potranno attuare, stando così le cose, nel futuro acquisizioni di pacchetti azionari di TELECOM o di altre reti infrastrutturali da parte di cdp.
Ci si deve rassegnare così al predominio iperliberista delle banche centrali sull’economia che vogliono ridurre, per azzerarlo, ogni controllo statale e governativo sull’economia stessa? Non è opportuno una forte azione della politica e della sinistra in Italia e in Europa, prima che l’intervento della partecipazione pubblica non sarà più possibile in quanto “tecnicamente” inibito dalla BCE e dalle Banche Centrali?