Balcani: i boia mollati e quelli che non mollano mai

La cattura del generale-criminale Ante Gotovina propone alcune riflessioni, di ordine sia balcanico che in relazione alla giustizia internazionale sui crimini di guerra. La faccia scura e le manette ci dicono che il generale-criminale non si è proprio consegnato ma che è stato arrestato dopo essere stato mollato, in parte, dalla Croazia. Anche se ora il premier Sanader incredibilmente annuncia che offrirà la difesa a Gotovina e agli altri generali incriminati, preoccupato delle reazioni diffuse dei nazionalisti estremisti. Ma non ci sarà sollevazione. Il nazionalismo croato al potere nelle istituzioni, dal presidente Stipe Mesic al premier Ivo Sanader, è pacificato con la propria storia: si considera infatti vittorioso, ha strappato l’indipendenza da quella che fu la Federazione Jugoslava con una autoproclamazione che, pur essendo fondata sulla base della etnia, la ´croaticità’ – ´la Croazia è la patria dei croati’ stava scritto al primo articolo della nuova costituzione -, venne riconosciuta subito dallíOccidente, Vaticano e Germania in primis la stessa vittoria etnica era stata ottenuta dalla Slovenia. Il grande Conducator dell’indipendenza fu il leader nazionalista Franjo Tudjman, razzista, antiserbo e antisemita, il cui partito Hdz venne lucrosamente foraggiato da ufficialissimi fondi del Senato Usa (quelli per le svolte democratiche dell’89) e in segreto dalle cancellerie europee. Quell’indipendenza ebbe il suo fulcro nella pulizia etnica dei serbi che vivevano in Croazia, a Zagabria e soprattutto nella Slavonia dell’est e nella Krajina dove a loro volta i serbi si erano per risposta autoproclamati indipendenti. Con l’aiuto della logistica della Nato e di consiglieri militari americana nel maggio del 1995 prima in Slavonia, con 600 vittime serbe, poi nell’agosto 1995 nella Krajina, con più di 3000 civili serbi uccivi, decine di miglia di case distrutte, 300.000 serbi in fuga. Fu, secondo l’Onu, la più grande operazione di pulizia etnica della guerra balcanica, anche perchè tutti quei profughi non sono mai più rientrati. Ante Gotovina, ipernazionalista, criminale e assassino già di suo, fu messo da Franjo Tudjman, sostenuto dalla Chiesa croata e dallo stesso papa Wojtyla, a guidare come generale l’´Operazione Tempesta’ che in due settimane schiacciò la resistenza serba in Krajina. Per questo è osannato in patria ancora come ´eroe’. Ora il governo di Zagabria risponde positivamente alla pressione del Tribunale dell’Aja, e lo molla. Ha infatti ottenuto la possibilità che la piccola patria croata, ripulita dei serbi, entri con tutti gli onori nell’Unione europea nellíillusione di stare a fianco degli stati giganti con la sua nuova specificità di ´coste e basi militari’.
Il capro Gotovina può essere scaricato perchè c’è un filo nero che lega la vecchia guardia della leadership di Tudjman alla nuova guardia croata, per altro sempre della stessa impronta nazionalista dell’Hdz. Il valore istituzionale che tiene infatti in piedi la leadership nazionalista al potere in Croazia Ë il documento parlamentare votato due anni fa all’unanimità che pone a fondamento del paese ´la guerra di liberazione patriottica’. Della quale la pulizia etnica dell’Operazione Tempesta fu il compimento. Si domanda: quali sono davvero criminali di guerra croati e non solo croati?
E qui entriamo nell’altro ordine di questioni. La prima riguarda la forte pressione ora della comunità internazionale su Belgrado. Da lì significativamente è venuto líannuncio del procuratore dell’Aja Carla Del Ponte che insiste per la consegna dei due ricercati serbobosniaci, il generale Ratko Mladic e l’ex presidente della Serbo-Bosnia Radovan Karadzic. Per i quali, se c’è un qualche marginale continuità con la leadership nazionalista nella Repubblica dei serbi di Bosnia, non ce ne è alcuna invece con quella nuova che governa a Belgrado e che guida le istituzioni serbe, lontana mille miglia anche dall’eredità di Milosevic alla sbarra all’Aja è uno dei tre signori della guerra che, con Tudjman, il musulmano Alja Izertbegovic e Bill Clinton ratificò gli accordi di pace di Dayton proprio dieci anni fa. Una leadership serba che peraltro non ha nulla da far festa dal punto di vista di qualsivoglia guerra di liberazione patriottica, perchè la sua guerra nazionalista è stata duramente sconfitta e ogni città serba vive in modo tragico la presenza di centinaia di miglia di profughi dalla Croazia, dalla Bosnia e dal Kosovo che hanno la consapevolezza che non torneranno mai più nelle loro case. Anzi ora la Serbia rischia di perdere, dopo aver subito una guerra internazionale, il Kosovo che giustamente considera culla della propria identità. E le contraddizioni non finiscono. Perchè a vincere le tre ultime tornate elettorali sono stati gli estremisti Radicali serbi; e solo due anni e mezzo fa, per una resa dei conti interna al fronte nazionalista che aveva defenestrato Milosevic nel 2000, venne assassinato il premier Zoran Djindjic. Per questo i governi e le istituzioni sono fragilissimi. Chi può dunque consegnare chi e in cambio di che cosa? Visto che l’accordo di pre-adesione è cosa ben più peregrina dell’accordo di adesione con la Croazia mostra la meta dell’Unione europea ancora lontanissima? Il rischio nell’insistenza del Tribunale dell’Aja è dunque grande.
Ma certo il procuratore Carla Del Ponte fa bene ad insistere. Perchè ha dovuto insistere con tutti, dopo essersi accorta che i processi istruiti contro i soli serbi aprivano voragini di verità tutte da colmare che coinvolgevano i responsabili delle altre etnie protagoniste dell’ultima guerra balcanica. La Del Ponte ha tentato, solo timidamente tentato, di fare più giustizia, trovandosi in mano un’arma di parte, il Tribunale dell’Aja, promosso dai vincitori occidentali e americani del disastro balcanico. Così all’Aja ora non c’è solo Milosevic. Nel silenzio dei media che ricordano giustamente la strage delle migliaia di musulmani a Srbrenica, la Del Ponte ha ottenuto líarresto di Naser Oric, il comandante musulmano di Srbrenica, accusandolo di massacri contro i civili serbi; di fronte ai generali serbi incarcerati perchè responsabili dell’assedio di Sarajevo, è stata costretta a riconoscere che dentro quella città c’era un altro doppio assedio, contro i civili di tutte le etnie, a partire da quelli serbi. Così ha incriminato e arrestato il generale Rasim Delic responsabile della difesa di Sarajevo e comandante delle milizie mujaheddin che in migliaia arrivarono dal 1992-1993 a sostenere i correligionari musulmani di Bosnia, dov’erano entrati grazie ad accordi tra Arabia saudita e Iran, arrivando dal fronte afghano, algerino e pakistano con il consenso dell’Aministrazione Usa guidata da Bill Clinton, come dimostrò nel 1996 la commissione díindagine del Senato Usa su quello che la stampa chiamò ´Bosniagate’. E, di fronte alla strenua autodifesa di Milosevic per quello che riguarda il Kosovo, di fronte alla ´scarsità’ di efferati crimini lì commessi e sui quali invece si era enfatizzato da parte dei media internazionali, è stata costretta a prendere in considerazione l’amara verità che le stragi le avessero commesse anche i miliziani kosovaro albanesi, come del resto nel 1998 la missione Osce in Kosovo già denunciava. Così ha incriminato all’Aja Ramush Haradinaj, comandante militare dell’Uck nel fronte della Drenica permassacri contro civili rom, serbi e albanesi moderati, quel Ramush Haradinaj che il ´pacifista’ Ibrahim Rugova aveva voluto nominare all’inizio del 2005 come premier del Kosovo monoetnico per garantirgli l’immunità. Quell’Haradinaj del quale la Del Ponte ha in questi giorni ottenuto che non venga rimesso in libertà vigilata come chiedeva Washington. Senza che finora sia mai stato messo sotto accusa un solo leader occidentale, prima responsabile del sostegno al nazionalismo che distrusse la Federazione jugoslava e poi dei bombardamenti aerei della Nato come soluzione ´umanitaria’ per la crisi del Kosovo. Per le vittime civili di quei raid non ha pagato nessuno, ma è sbagliato pensare che quei leader dell’Alleanza atlantica sianomeno criminali di guerra di quelli balcanici. La Del Ponte non lo ha mai escluso. Ha solo ribadito – Ponzio Pilato? – che la legislazione del Tribunale dellíAja è su questo ´insufficiente’. I crimini restano. Come chiamare diversamente i bombardamenti alle cluster bomb e i bambini dilaniati nelle città serbe colpite per 78 giorni?

Quali sono i boia che, nonmollando certo di loro volontà, vengono mollati e quanti sono quelli che, per ´insufficienza’ di strumenti, non molleranno mai? Esiste la giustizia internazionale se la condizione per cui venga esercitata è solo quella della guerra persa, visto che gli Usa comprano líimpunità per i loro crimini cancellando il ruolo di ogni Corte o diritto?