Baghdad muore un altro giorno

Centottanta iracheni e trentuno soldati americani hanno perso la vita in Iraq tra sabato e lunedì, mentre continuano i rastrellamenti Usa nei quartieri sunniti di Baghdad e si intensifica l’arrivo e il dispiegamento dei primi 3200 soldati inviati da Bush per schiacciare la resistenza irachena e «blindare» la capitale. La strage più grave della giornata è stata quella avvenuta ieri mattina nel centro di Baghdad, nel povero mercato all’aperto di Haraji, a Bab Shorja, noto soprattutto per la compravendita di vestiti usati: due potenti autobomba fatte esplodere a pochi secondi l’una dall’altra, hanno fatto strage tra i passanti nella zona centrale della città sulla riva orientale del Tigri. Un primo tragico bilancio parla di almeno 100 morti e 200 feriti. Nel generale collasso del paese i feriti sono stati soccorsi dai sopravvissuti e dagli abitanti della zona mentre le ambulanze hanno impiegato almeno 30 minuti a giungere sul posto. I feriti sono stati portati nel vicino ospedale al Kindi su minibus, autobus, camion, auto e carretti tirati dai muli. L’esplosione ha devastato completamente la strada e semidistrutto le facciate dei palazzi vicini. Nessuno, come sempre in questi casi, ha rivendicato la mattanza terroristica.
Mentre le autobomba seminavano la morte al mercato di Shorja, l’esercito americano stringeva d’assedio e rastrellava il quartiere di Adamiya, a maggioranza sunnita, noto per essere una delle roccaforti della resistenza irachena. L’ultimo posto dove Saddam Hussein comparve improvvisamente salutando i suoi sostenitori mentre le truppe americane stavano già entrando in città. Tutte le strade di accesso sono state chiuse con posti di blocco mentre i soldati entravano a perquisire le case alla ricerca di armi e munizioni arrestando molti giovani sospettati di far parte della resistenza. Il rastrellamento è stato condannato duramente dall’Associazione degli ulema musulmani, la massima rappresentanza politico-religiosa sunnita, secondo la quale le operazioni americane del nuovo piano per la sicurezza varato dal presidente Bush in realtà avrebbero come obiettivo quello di disarmare i quartieri sunniti in modo da lasciar campo libero alle milizie sciite governative che si propongono di dividere in due la città e di alterarne gli equilibri demografici a loro favore. Gli «squadroni della morte», forti del sostegno delle forze di sicurezza ufficiali stanno accelerando in questi giorni la pulizia etnica ai danni dei sunniti nei quartieri misti ma anche in quelli vicini ai quartieri sciiti. Chiunque abbia un nome sunnita, in particolare quello dell’odiato califfo Omar, oggi a Baghdad è un uomo morto. Ieri mattina sono stati ritrovati a Baghdad i corpi di altri 30 disgraziati fermati, torturati e uccisi. Particolarmente presi di mira dalle «squadre della morte» sono ancora una volta i profughi palestinesi. Come già era successo agli zingari, i primi ad essere massacrati all’indomani della caduta del regime di Saddam Hussein (che ne era particolarmente affascinato) i 40.000 profughi palestinesi ospitati in Iraq, sono stati prima cacciati dalle loro case e poi sottoposti a continui attacchi da parte delle milizie e truppe governative che ne avrebbero massacrati almeno seicento nel corso del solo 2006. La comunità palestinese si è così ridotta a circa 20.000 persone. Ancora troppi. Un vero e proprio ultimatum è stato rivolto loro dallo sheik Mahmoud el Hassani, vicino a Moqtada al Sadr, che ieri ha intimato loro di lasciare il paese entro un mese. Per dare maggior concretezza alla minaccia il quartiere palestinese di Baladiyat è stato di nuovo bombardato ieri dai mortai delle milizie del ministero degli interni: sei le vittime e una trentina di feriti.
La repressione sfrenata e la pulizia etnica non sembra stiano comunque schiacciando la resistenza. Sono 31 i soldati americani uccisi negli ultimi tre giorni: dodici dei quali in un elicottero abbattuto sabato pomeriggio da un missile a nord di Baghdad. A preoccupare i comandi Usa non c’è però solo l’evidente uso da parte della guerriglia di missili terra aria ma anche l’attacco di sabato al palazzo del «Kerbala Provincial Coordination Center» nell’omonima città santa sciita dove era in corso un incontro tra leader sciiti locali e i comandi americani. Un commando di sette Suv dai vetri oscurati, come quelli usati in Iraq dai servizi Usa, con una trentina di uomini armati vestiti con le divise dell’esercito americano e con tanto di targhette di identificazione della Us Army sono riusciti a passare tutti i posti di blocco e arrivati nella «zona blindata» hanno aperto il fuoco con mitra e lanciagranate uccidendo cinque soldati Usa. Nessuno di loro ha aperto il fuoco contro i soldati iracheni.