Axis for Peace: la fondazione di un movimento internazionale contro la dominazione globale

I leaders della contestazione alla dominazione della Coalizione nel mondo si sono riuniti a Bruxelles il 17 e 18 novembre 2005 su invito di “Reseau Voltaire” per la prima conferenza Axis for Peace. Responsabili politici, diplomatici, militari e leaders d’opinione si sono espressi basandosi sulle proprie esperienze e sui fatti piuttosto che sulla rappresentazione che ne dà l’amministrazione Bush nei media. Da questo metodo e da questa libertà di parola è emerso un discorso nuovo e originale. La conferenza Axis for Peace 2005 appare come l’atto fondatore di un movimento di ridefinizione delle relazioni internazionali la cui posta in gioco è paragonabile a quella di Bandung nel 1955.

Prima nel suo genere, la conferenza internazionale Axis for Peace 2005 si è tenuta il 17 e 18 novembre 2005 a Bruxelles. Centocinquanta personalità venute da trentasette paesi si sono riunite, su invito di Réseau Voltaire, per elaborare un discorso efficace di difesa della pace.

Quasi una sorta di “Davos contestatrice”, Axis for Peace assomiglia agli incontri di Davos per il suo pubblico composto da responsabili politici, da diplomatici, da militari e da leaders di opinione, e si avvicina ai Forum sociali mondiali per il suo proposito contestatore dell’ordine mondiale stabilito. Nel corso di due giorni, i partecipanti si sono riuniti sotto la presidenza di Thierry Meyssan in tavole rotonde e in sedute plenarie per studiare le differenti forme di ingerenza ed oppressione all’opera nel mondo. Hanno tentato di mettere in evidenza le tecniche che vengono utilizzate ed hanno provato a concepire delle strategie comuni per opporvisi.

Il 18 novembre, essi hanno firmato una Dichiarazione finale (pubblicata nel numero 128 di “Nuove resistenti”, nota del traduttore) in cui denunciano la coalizione guidata dagli Stati Uniti e il pericolo che rappresenta per la pace mondiale. “Una coalizione militare si è lanciata nello sfruttamento sfrenato delle risorse d’energia e delle materie prime, vi si afferma con inquietudine. Su impulso dei neo-conservatori, essa ha accresciuto le sue depredazioni e ha rinnovato tutte le forme di ingerenza, dal cambiamento di regime all’espansionismo coloniale. Essa schernisce in continuazione i principi del diritto internazionale, elaborati dalle conferenze dell’Aja e enunciati dalla carta di San Francisco”.

“C’è atto di terrorismo dal momento in cui c’è violazione della sovranità di uno Stato”

Nel suo discorso di apertura, l’ex Primo ministro libanese Salim Al-Hoss ha ricordato che non si può avere pace se c’è ingiustizia ed oppressione. “I paesi colonizzati vedono i loro popoli presi in ostaggio, ha dichiarato. Noi, allora, non possiamo parlare di pace”. Gettando luce su un dibattito minato dalla retorica neo-conservatrice, Salim Al-Hoss ha precisato: “Ogni persona che prende le armi per la libertà del suo popolo si vede attribuire la qualifica di “terrorista”. Noi dobbiamo al contrario enunciare chiaramente che c’è atto di terrorismo dal momento in cui c’è violazione della sovranità di uno Stato”. Rifiutando di qualificare come “terroristi” le persone e i gruppi che resistono all’iperpotenza statunitense, l’ex capo di stato maggiore equadoriano, il generale René Vargas Pazzos ha anch’egli affermato: “Se affermano che sono “terroristi”, allora occorre dire che tutte le guerre sono “terroriste”. Organizzatore della conferenza di sostegno alla resistenza irachena, l’iracheno Subhi Toma ha reso un vibrante omaggio al suo popolo che resiste in questo momento all’oppressione. Al termine della conferenza, il diritto dei popoli a disporre di sé stessi è stato riaffermato. La Dichiarazione finale lancia un appello ai membri del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite. “Noi chiediamo loro di far rispettare la sovranità degli Stati, fondamento del diritto internazionale e condizione preliminare per la fioritura di una democrazia autentica”, chiedono solennemente i partecipanti ad Axis for Peace.

La Coalizione “crea e manipola gruppi terroristi”

Il terrorismo islamico internazionale è stato l’oggetto di una tavola rotonda nel corso della quale gli intervenuti si sono trovati d’accordo sul suo carattere fittizio e sul suo utilizzo da parte della propaganda della Coalizione. L’ex ministro tedesco Andreas von Bulow ha analizzato la messa in scena degli attentati dell’11settembre 2004, spiegando come siano stati realizzati dall’interno stesso degli Stati Uniti allo scopo di legittimare le operazioni militari attuali. Il giornalista statunitense Webster Tarpley ha spiegato che “non è possibile comprendere la politica attuale degli Stati Uniti se si sottovaluta la portata reale dell’11 settembre. Gli attentati dell’11 settembre sono stati un colpo di Stato. La guerra contro il terrorismo è basata su un mito ed è diventata una religione di Stato obbligatoria dopo quegli avvenimenti. Il solo modo di lottare contro i neo-conservatori è quello di distruggere questo mito”. L’ex procuratore generale aggiunto della Pennsylvania, Philip Berg, ha spiegato che negli stessi Stati Uniti ci sono cittadini che non credono alla versione ufficiale degli attentati dell’11 settembre. Berg rappresenta le famiglie delle vittime che “non hanno accettato gli indennizzi previsti per ottenere il loro silenzio” ed hanno sporto querela contro lo stato maggiore interarmi e la Casa Bianca per la loro responsabilità in queste azioni terroristiche.

Il coinvolgimento dei servizi segreti anglosassoni nella creazione e nella strumentalizzazione del terrorismo islamico è stato illustrato dall’ex agente David Shayler. “Ho lasciato i servizi segreti britannici quando l’ M16 ha deciso di finanziare gli associati di Oussama Ben Laden”, ha dichiarato nel suo intervento. “Ho provato a lanciare l’allarme, ma hanno messo in prigione me”, si è rammaricato Shayler che ha spiegato che “tale terrorismo è coordinato dall’M16 e dalla CIA”. La dichiarazione finale siglata dai partecipanti denuncia la messa in scena del terrorismo islamico da parte della Coalizione: “Per giustificare le sue conquiste, essa crea e manipola gruppi terroristi, fabbrica pretesti, propaga la teoria del complotto islamico mondiale e fomenta uno scontro di civiltà”. La Coalizione “maschera le sue ambizioni intossicando i media e ingannando le istituzioni internazionali”, vi si afferma.

“I media partecipano all’intimidazione”

La conferenza ha affrontato la questione delle numerose forme di ingerenza, non solamente militari, ma anche politiche e culturali. Il generale Leonid Ivashov, ex capo di stato maggiore delle armate russe, ha denunciato la corruzione delle elites politiche: “Dappertutto, governi e leader di opinione sono comprati. I media partecipano all’intimidazione delle personalità che potrebbero emergere. La Russia così affronta la corruzione in seno alle sue istituzioni e noi siamo costretti a fare ogni sforzo per far allontanare le persone corrotte dal nostro governo”. L’intimidazione operata attraverso i media è stata l’oggetto di numerosi interventi. Dappertutto nel mondo, ad intellettuali, giornalisti o artisti viene intimato di non affrontare certi argomenti, in particolare la politica israeliana, con la minaccia di essere qualificati come “antisemiti” e ostracizzati. L’umorista francese Dieudonné Mbala Mbala ha testimoniato sulla campagna di cui è stato oggetto è si è inquietato per la banalizzazione del razzismo che l’ha accompagnata: “Oggi esiste un razzismo generalizzato, una parola razzista liberata che va ben oltre quanto osi dire l’estrema destra da qualche anno. Il colonialismo che tocca il popolo palestinese è sfociato negli ambienti sionisti in un discorso razzista senza complessi che si ritrova nel modo comunitarista con cui si tratta l’attualità”. La direttrice di Brecha, la grande rivista della sinistra uruguayana, Yvonne Trias, si è anch’essa indignata per le accuse di antisemitismo di cui sono oggetto gli intellettuali che si oppongono alla politica di Israele. “Sono stata messa in una lista nera di persone qualificate come “antisemite” da un intellettuale ebreo”, si è rammaricata. “Il mio giornale è stato accusato di antisemitismo perché critica la politica israeliana. E’ stato fatto oggetto di un’intensa campagna di denigrazione. Siamo stati trattati come “antisemiti” e addirittura come “negazionisti”! Quando è stata scatenata questa campagna, abbiamo ricevuto pressioni da tutte le parti. Ci è arrivata una valanga di lettere. Dei lettori hanno annunciato che avrebbero disdettato l’abbonamento. Membri della sinistra sono venuti da noi per convincerci a rinunciare alle nostre posizioni critiche”. La riunione delle personalità venute da differenti continenti ha così permesso di osservare che gli stessi metodi di intimidazione mediatici sono all’opera in diverse parti del mondo.

“Siamo ancora in tempo per unirci per la Pace”

Nel corso della tavola rotonda sulla Siria, gli intervenuti hanno paragonato le accuse profferite contro questo paese in merito all’assassinio di Rafik Hariri alle “prove” sulle armi di distruzione di massa presentate da Colin Powell al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Nella Dichiarazione finale, i partecipanti deplorano che “la Francia, che si era opposta all’occupazione dell’Iraq, si associ alle minacce avanzate nei confronti di nuove prede” e salutano, al contrario, “la mediazione della Russia che difende l’applicazione del trattato di non proliferazione nucleare e la presunzione di innocenza nelle relazioni internazionali”.
“Da parte nostra, proseguono, prendiamo l’impegno di mobilitare le opinioni pubbliche, sull’esempio di quanto già fanno i Latinoamericani, per opporci alla propaganda e all’odio e per respingere il progetto globale di dominio e di sfruttamento”.
Al termine della conferenza Axis for Peace, le persone venute dagli Stati Uniti e dalla Siria hanno spontaneamente deciso di organizzare una riunione comune. “Come impedire la guerra tra i nostri due paesi?” si sono domandate.
Nel corso di questa riunione di lavoro che si è prolungata fino a tarda notte, i partecipanti hanno analizzato come la questione sia percepita nei loro rispettivi paesi, tanto dal punto di vista dei leaders politici che dell’opinione pubblica. Le personalità statunitensi e siriane hanno cercato insieme gli strumenti da mettere in pratica per stabilire dei ponti tra i loro due paesi.

“Siamo ancora in tempo per unirci per la Pace”, si afferma nella Dichiarazione finale di Axis for Peace, siglata qualche ora più tardi.