«Avanti così e ritiriamo i ministri»

ROMA — Una botta ai riformisti dell’Unione, un’altra alla sinistra: è trascorsa così la giornata di Prodi. Tanto il premier è sicuro che «non esiste una soluzione alternativa al mio governo, nessuno l’ha preparata: dopo di me c’è solo il voto e a molti non conviene…».
Perciò solo a sera fa sapere che non vuole mettere all’angolo la Cosa Rossa. Cioè, dopo averlo fatto sul welfare il Prc ingoia anche questa. «Ma a gennaio tra noi e il governo si apre una fase nuova e se non si cambia non faremo finta di niente, potremmo arrivare a rompere», avverte Franco Giordano. Traduzione del deputato rifondarolo Peppe De Cristofaro, fedelissimo del capogruppo Gennaro Migliore: «Possiamo anche aprire la crisi». Le solite minacce del Prc che cadono ritualmente nel vuoto? L’alleato Cesare Salvi, presidente dei senatori della Sinistra democratica, nega: «Faremo un verifica in cui
abbiamo deciso di non escludere neanche il ritiro dei ministri della sinistra dal governo. O Prodi cambia registro e programma, e fa un governo più snello, o qualcosa succederà».
E le frizioni tra governo e sinistra radicale potrebbero venire allo scoperto ancora prima di gennaio. Giovedì nell’aula di Palazzo Madama dovrebbe arrivare il provvedimento sulla sicurezza targato Amato. Un provvedimento senza rete, che la commissione di palazzo Madama ha licenziato senza averne terminato l’esame, dopo il pandemonio suscitato dal tentativo del relatore Smisi, del Pd, di fare degli accordi con An, stroncati dalla sinistra radicale. E chiaro che in queste condizioni Palazzo Chigi, dopo le arrabbiature serali di Giordano e Bertinotti, fa sapere che il premier non ha intenzione alcuna di giocare con pini contro il Prc Ma la verità è un’altra. Quella che il premier va ripetendo anche a chi lo mette sull’avviso rispetto al tentativo di Veltroni di trovare un accordo sulla legge elettorale: «Tanto l’accordo su cosa fare dopo la mia caduta non c’è, quindi io andrò avanti».
Con questa tranquillità d’animo e con questa certezza di rimanere in sella il premier penalizza il Prc e all’ora di pranzo riceve lo Sdì di Enrico Boselli, che gli aveva chiesto di introdurre la flex security (il cosiddetto reddito di esistenza per i precari) nel welfare. La sera prima il ministro Damiano, via fax, manda ai socialisti la bozza di un possibile testo, il martedì dopo il governo se lo rimangia «Non c’è copertura finanziaria», spiega Letta. «Ci sono i fondi europei», ribatte lo Sdì Roberto Barbieri autore della proposta. Prodi alza gli occhi al cielo, allarga le braccia e lascia intendere che non si può mettere contro i sindacati. Ma Boselli è stufo di quest’andazzo e lo dice senza peli sulla lingua: «Romano, ci avete preso per il c…, quando volevamo mettere questo emendamento in Finanziaria ci hai detto di aspettare che arrivasse il provvedimento sul welfare per inserirlo lì. Ora anche questa promessa non vale più. Sai che c’è? Noi responsabilmente voteremo la fiducia sul welfare ma dal giorno dopo agiremo com vogliamo: mani libere. Del resto non lo fa forse Dini con altri due senatori? Benissimo, non dimenticarti che anche lo Sdì a Palazzo Madama di parlamentari ne ha tre…». E su questa frase si chiude l’incontro. Gli uomini del premier sono un po’ preoccupati lui, serafico: «Tanto non hanno trovato una soluzione per sostituirmi…». E vero: la soluzione effettivamente non c’è. Ma in molti ritengono che dalla riforma elettorale al governo istituzionale il passo sia breve…