Autonomie locali e battaglia d’autunno

L’intervento recente dell’ANCI nei confronti del governo e gli stessi interventi dei presidenti delle regioni sulle questioni relative alla prossima finanziaria costituiscono i segnali di un profondo malessere che attraversa il mondo delle autonomie locali. Questo malessere, non privo di ambiguità, muove da un problema di prima grandezza e cioè la condizione d’insostenibilità in cui versano regioni ed enti locali stretti fra l’esigenza di far fronte ai nuovi compiti istituzionali e alla crescita della domanda sociale, da un lato, e la continua restrizione di risorse e le limitazioni (o il condizionamento) che subiscono per quanto riguarda l’esercizio dei loro poteri, dall’altro. E’ evidente che sotto questo profilo le scelte compiute in questi anni dai governi di centro-sinistra sono state negative e hanno tirato la volata alla politica di demolizione delle funzioni sociali degli enti locali sostenuta dalla destra e ben evidenziata dalla scorsa finanziaria.
Con quel provvedimento, infatti, si sono ridotti ulteriormente i trasferimenti, si sono bloccate le assunzioni, si sono posti inaccettabili vincoli di spesa e, soprattutto, si è scelta la strada della privatizzazione e della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, in particolare di quelli a valenza imprenditoriale. In quella circostanza, va rilevato, che l’opposizione del centro sinistra a questi provvedimenti fu insoddisfacente. Si concentrò giustamente sulle limitazioni di risorse e competenze delle autonomie locali, ma sostanzialmente condivise l’operazione della privatizzazione dei servizi. Non solo, le stesse associazioni degli enti locali dimostrarono una capacità di iniziativa debolissima, del tutto insufficiente rispetto alla portata dello scontro, subendo alla fine le scelte del governo e mantenendo non poche ambiguità, in virtù delle convergenze sostanziali con la sinistra moderata, sulla questione dei servizi locali.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma sono stati anche documentati in alcuni casi con dovizia di particolari su pubblicazioni e periodici. Per esempio, un effetto immediato è stato l’incremento delle imposte locali, in particolare dell’ICI e dell’addizionale IRPEF. Inoltre, sono lievitate le tariffe dei servizi a domanda individuale. Sono state introdotte in alcune regioni i famigerati tichets sanitari. E ancora, si è ristretta l’offerta di servizi e si è accentuata la logica privatizzatrice, dato, fra l’altro, che la finanziaria prevedeva entro la fine di quest’anno la definitiva trasformazione delle aziende speciali in SPA. In buona sostanza, ciò che si è prodotto è stato un attacco sostanziale al salario reale, una limitazione dei diritti sociali e l’ulteriore smantellamento delle funzioni pubbliche.
La nuova finanziaria, a tale riguardo, non promette nulla di buono. Pur nell’incertezza di una situazione nella quale il governo avanza proposte che poi regolarmente smentisce, in un quadro finanziario generale che peraltro si scopre di volta in volta più negativo, alcune linee di tendenza sono abbastanza evidenti. Un fronte di attacco fondamentale riguarderà i servizi locali a partire dalla spesa sanitaria regionale. Spinge in questa direzione l’aumento del deficit, ma anche, mi si consenta, una modalità di opposizione agli annunciati provvedimenti discutibile. Penso ad alcune dichiarazioni di esponenti del centrosinistra in alcune regioni in tema di sanità nelle quali si contesta l’iniziativa del governo sottolineando l’inefficacia del centro destra nella “razionalizzazione” dei servizi. Su questa partita della sanità i compagni del dipartimento Stato sociale hanno offerto una documentazione ricca e un quadro di proposte di iniziativa esaurienti.
Ma al di là di questo tema, ritengo essenziale considerare altre due questioni. La prima riguarda il superamento delle limitazioni introdotte dalla scorsa legge finanziaria per quanto riguarda la finanza locale. L’insostenibile condizione in cui versano comuni e province richiede un intervento correttivo ma non sarà una battaglia facile viste le chiusure preventive espresse dal governo. In tema di comuni la piattaforma avanzata dall’ANCI costituisce una prima base di iniziativa. E, tuttavia, credo sia necessario cominciare ad affrontare il tema del sistema fiscale locale. Da un lato, l’impostazione oggi egemone, e cioè quella del federalismo fiscale, che non a caso è riproposta da ANCI, UPI e altre associazioni, va rimessa in discussione. Inevitabilmente una tendenza all’estensione della compartecipazione degli enti locali ai tributi erariali (a partire dall’IRPEF) tende ad accentuare le differenze territoriali e sarebbe quindi preferibile agire sul piano di una crescita dei trasferimenti diretti, vincolandoli a parametri oggettivi. Inoltre, da subito occorre mettere mano all’addizionale IRPEF estendendo a tutto il sistema delle autonomie locali la possibilità di modulare le aliquote secondo criteri di forte progressività.
La seconda questione riguarda i servizi a rete. Come è noto, il famigerato articolo 35 fu approvato nella scorsa finanziaria. Si tratta ora di rimetterlo in discussione in occasione di quella che sarà presentata prossimamente. Si tratta di un tema decisivo, che va riproposto per alcune ragioni essenziali. La prima è che diverse regioni hanno impugnato il provvedimento di fronte alla corte costituzionale, ravvisandovi, giustamente, un vizio di incostituzionalità. La seconda è che i termini per la trasformazione delle società speciali in SPA è stato prorogato a giugno dell’anno prossimo e, quindi, vi sono i tempi per intervenire; infine, l’ultima ragione è che anche nella sinistra moderata si sta aprendo una riflessione su questi temi. La battaglia va condotta su due questioni fondamentali: la prima, di metodo, è sulla illegittimità di quell’articolo, che a rigore dovrebbe essere quindi soppresso, e il secondo, di merito, riguarda la restituzione agli enti locali della possibilità di una gestione diretta dei servizi. Nell’immediato occorre resistere a livello locale contro la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi pubblici in SPA.

* Responsabile nazionale Prc
Dipartimento “Regioni ed autonomie locali”.